Al largo di Capo Passero la caccia ai neutrini spaziali

Al largo di Capo Passero la caccia ai neutrini spaziali PORTOPALO - Alfio Di Marco
Dagli abissi siderali «cartoline» che custodiscono i segreti sull'origine dell'universo. Sono questi i neutrini cosmici, «fuoriserie» di quelle particelle subatomiche che, secondo un gruppo di scienziati del Cern di Ginevra, sarebbero più veloci della luce. Si tratta di una tessera fondamentale nel mega puzzle dell'astrofisica moderna, tanto che i più importanti laboratori del mondo da tempo hanno avviato una sorta di competizione per cercare di catturarli e «leggerli».
Di uno di questi telescopi, il più grande finora progettato, sono state realizzate le principali infrastrutture al largo delle coste siciliane: è Km3Net, un progetto europeo coordinato dal fisico catanese prof. Emilio Migneco e nel quale sono confluite le esperienze e i risultati del progetto Nemo, Neutrino Mediterranean Observatory. Dopo una prima fase che ha visto l'installazione a una profondità di due chilometri, al largo di Catania, di sensori per rilevare i suoni sottomarini, si è passati alla seconda tappa del programma con l'installazione, a 3,5 chilometri di profondità, al largo di Portopalo di Capo Passero, di una griglia di rilevatori per catturare i neutrini cosmici veri e propri.
«Il nostro telescopio - spiega Migneco - è una struttura di rilevazione delle tracce luminose emesse per effetto Cherenkov dalle particelle che attraversano il mare: una griglia delle dimensioni di un chilometro cubo, con sensori ottici che consente di ricostruire il passaggio di particelle che si chiamano muoni. Il neutrino arriva dal cosmo, attraversa la Terra, emerge dai fondali marini e si trasforma in muone grazie all'interazione con l'acqua. Nella sua corsa, il muone lascia una scia luminosa, come se fosse una lampadina che si muove. Via via che questa scia luminosa intercetta i sensori ottici, l'elaborazione dei segnali consente la ricostruzione della traccia del neutrino».
Quali ricadute verranno nella vita di tutti i giorni?
«Innanzi tutto, i neutrini cosmici non sono stati mai trovati. E il neutrino è l'unica particella che può attraversare gli spazi intergalattici senza essere perturbato. Di conseguenza, trasporta informazioni che vengono dall'universo senza subire trasformazioni. Infatti è una particella neutra e di conseguenza non risente l'influenza dei campi magnetici, sia galattici sia extragalattici. E' solo soggetto all'interazione "debole" e quindi può attraversare la materia senza essere perturbato. E non mutare energia. Può oscillare, ma l'energia che perde è relativa. I neutrini cosmici possono avere energie di svariati milioni di volte maggiori di quelli prodotti al Cern».
Cosa c'è scritto su queste cartoline dallo spazio?
«Questo è tutto da scoprire - continua lo studioso -. Come per i neutrini individuati dai colleghi del Progetto Opera. In quel caso, se davvero il neutrino fosse più veloce della luce, dovremmo modificare tutte le linee teoriche della fisica moderna. Nel neutrino cosmico potremmo leggervi, per esempio, messaggi provenienti dai buchi neri, che per definizione non possono emettere informazioni perché le radiazioni elettromagnetiche rimangono imprigionate. I neutrini potrebbero fuoriuscire dai buchi neri, o dalle loro vicinanze, ed essere messaggeri di qualche messaggio chiave. Oppure neutrini provenienti dall'esplosione di supernovae che sono quelle che forniscono i "mattoni" che danno origine alla vita e alla materia di cui siamo fatti. E poi, i lampi di luce gamma, le emissioni più violente di cui si ha notizia nell'universo. Tutte teorie che potrebbero trovare conferma in queste 'cartoline'. La possibilità di misurare i neutrini che provengono dal cosmo, correlate con le esplosioni di supernovae e dei loro raggi gamma, potrebbero dunque dare la possibilità di verifiche sia la velocità della luce ma anche andare a cercare conferme sui meccanismi in azione nei più violenti fenomeni dell'universo».
Il punto sul progetto Km3Net.
«Attivata la stazione a Capo Passero che è collegata con fibra ottica con i Laboratori del Sud e sostanzialmente quindi con tutto il mondo. Si tratta del primo laboratorio in cui un cavo a fibra ottica collega il fondo del mare - a 3.500 metri di profondità - con la rete scientifica che si dirama nei laboratori sparsi in ogni angolo del pianeta. Se le apparecchiature colgono la luce emessa da un calamaro al largo di Capo Passero, questa stessa luce potrà essere distribuita in tutto il mondo e tutti ne potranno essere informati. Un altro elemento è stato realizzato nel porto di Catania, con un altro cavo che utilizziamo per le prove. Entro l'anno monteremo una struttura a torre sempre a Capo Passero per verificare il principio di base del rilevatore e un obiettivo chiave sul quale lavoriamo è quello di arrivare a una convergenza su scala europea per la soluzione tecnologica da utilizzare per il telescopio europeo».
«Fino ad oggi - continua Migneco - ognuno ha adottato una sua versione, ma entro i primi del 2012 si arriverà a un sistema comune. Per ora stanno funzionando prototipi più o meno grandi: il telescopio di riferimento è quello in funzione a Tolone, molto più piccolo rispetto a Km3Net».
Adesso attendete il finanziamento decisivo di 45 milioni di euro...
«Siamo al dunque: se arriva l'ok, l'80% dei soldi sarà erogato subito. E gli altri Paesi europei certamente concorreranno alla realizzazione del progetto. A quel punto, le gare per le forniture potrebbero partire a fine 2012. E poi potremo portare avanti la costruzione finale. Il tutto dovrebbe essere pronto entro il 2015. Il finanziamento è inquadrato nel Pon, Piano operativo nazionale: si tratta di fondi europei assegnati alle regioni meridionali. Il bando è del Miur cui fa capo la commissione che deve esprimere parere».
«Contiamo di mettere presto un prototipo in acqua. Finora in Italia sono stati spesi 20 milioni: fondi Infn e fondi europei. Anche i francesi e i greci che hanno in mente di costruire strutture analoghe e la gestione di questo schema distribuito dovrebbe essere gestito centralmente con una tecnologia in comune come comune sarà il sistema di analisi. Il personale impiegato in Sicilia è dell'Infn e dell'Università di Catania. Ma vi lavorano anche gli atenei di Roma, di Bari, di Bologna, Pisa e Genova. Nemo Italia impiega 60 tra tecnici e scienziati, di cui un terzo sono dei Laboratori del Sud. Mentre a livello europeo sono impiegati tra 200 e 300 ricercatori».
Ma perché un telescopio in fondo al mare?
«Per la stessa ragione per cui c'è il laboratorio del Gran Sasso: la necessità di schermarsi dalla radiazione cosmica che arriva di continuo. Su tavolo delle cucine di casa nostra arrivano circa 500-600 particelle al secondo. E queste costituiscono rumore di fondo che tende a nascondere gli eventi chiave che cerchiamo. Allora, per poter ridurre il rumore di fondo, ci si rifugia o nelle caverne come il Gran Sasso, o nelle miniere di sale profonde. Considerato, però, che il nostro rilevatore ha le dimensioni di un chilometro cubo, non c'è altro posto se non in fondo al mare. Mare che funziona anche da materia che supporta il rilevatore. E' l'acqua di mare a consentire la radiazione luminosa del neutrino: dunque, da un lato il mare fa da schermo nei confronti della radiazione cosmica, dall'altro da materiale rilevatore grazie all'effetto Cherenkov».
Ma come si fa a rivelare il neutrino cosmico?
«L'energia del neutrino è legata alla lunghezza della traccia del muone; quindi energie basse emettono muoni che possono percorrere piccoli intervalli di spazio. Il nostro sistema invece essendo molto grande può rilevare i neutrini di alta energia che producono muoni che hanno un percorso molto lungo. I sensori rilevano determinate sequenze temporali che riconoscono i muoni giusti, li selezionano e li catalogano. Il calcolatore effettua le verifiche e sugli elementi selezionati si procede con le analisi per la lettura dei messaggi. Un software molto impegnativo».
E veniamo alla recente notizia sulla misurazione della velocità dei neutrini...
«Nei giorni scorsi - spiega ancora lo studioso - ho partecipato a Perugia a una riunione dove si è discusso l'esperimento. Nel corso di un seminario, uno dei componenti del gruppo di Opera ha descritto un po' tutto ciò che è stato fatto. Si tratta di un esperimento molto complesso che utilizza un metodo di misura della velocità e dei tempi molto complicato... Però dalla descrizione che ne fanno non emergono punti di debolezza tali da inficiare l'esperimento stesso. Anzi... Tuttavia, vista la complessità della materia e l'importanza del risultato, è necessario che l'analisi dei dati sia ripetuta in modo indipendente».
«E' per questo all'interno di Opera si è deciso di procedere di nuovo alle analisi in modo totalmente indipendente. A questo seguiranno altri riscontri che si faranno in altri laboratori sparsi nel mondo anche con altre tecniche. Stiamo parlando di qualcosa che potrebbe incidere sull'impalcatura della fisica moderna».
«Secondo elemento da verificare. L'aspetto che attiene l'astrofisica che aveva confermato l'ipotesi della costanza della velocità massima dei neutrini. In particolare, l'unica osservazione di neutrini cosmici fin qui fatta è stata quella conseguente all'esplosione di una supernova, in concomitanza con il lampo di luce arrivato sulla superficie terrestre. I calcoli fatti ci dicevano che i neutrini avevano viaggiato a una velocità uguale a quella della luce. Ma allora, perché i colleghi del Cern e del Gran Sasso hanno riscontrato una velocità superiore?».
Una questione di energia?
«Anche qui il quadro è confuso - conclude il prof. Migneco -. Il neutrino può avere diverse energie, inferiori all'elettronvolt (l'unità di misura dell'energia) o energie dell'ordine di mille miliardi di elettronvolt (un Tev): parliamo di neutrini prodotti nelle grandi esplosioni come i buchi neri o altre esplosioni cosmiche, o di quelli prodotti da decadimenti radioattivi. Ecco perché sarà interessante verificare se c'è una dipendenza della velocità dall'energia...».
Nella fisica, come in tutte le scienze, alla soluzione di un quesito segue subito una raffica di nuovi interrogativi. Ecco perché è di vitale importanza sostenere sempre la ricerca: in gioco c'è l'evoluzione dell'uomo e, dunque, della società in cui viviamo. Un esempio per tutti: i Laboratori realizzati nel cuore del Gran Sasso. L'intuizione è stata del prof. Nino Zichichi. E' stato lui a cogliere al volo l'occasione offerta dai lavori per il traforo condotti dall'Anas e a battersi per la costruzione della colossale struttura, la più vasta del suo genere nel mondo. Non solo: è stato sempre Zichichi a volere che le sale sperimentali collaterali alla galleria fossero orientare verso il Cern di Ginevra. E con la misurazione della velocità dei neutrini, abbiamo appena constatato cosa questo significhi.
Fonte: LaSicilia.it il 02-10-2011 - Categoria: Cronaca

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