Nuovo allarme di inquinamento alla foce del fiume Tellaro, nella riserva naturale di Vendicari. Le centinaia di pesci morti che ieri galleggiavano nel corso d'acqua, ne sono la costante conferma. A fare la scoperta, due siracusani in escursione nella riserva. I due, sub amatoriali e appassionati della natura, non appena arrivati, sono stati investiti da un'ondata maleodorante che si intensificava man mano che si addentravano.
Avvicinatisi al canneto, che cresce lungo le sponde del fiume, da dove sembrava provenire il cattivo odore, scostando le piante, si sono trovati di fronte lo spiacevole scenario. Un tappeto di pesci, alcuni già in stato di decomposizione, altri ancora boccheggianti. Proprio perchè amanti della natura, piuttosto che non curarsene, come forse avrebbero fatto in molti, i due sub si sono preoccupati ed hanno immediatamente avvertito i carabinieri della compagnia di Noto i quali hanno provveduto ad allertare il corpo forestale, che ha la gestione dell'area naturalistica.
La forestale era già al corrente del fenomeno, che a fasi alterne, durava già da una decina di giorni. La moria di pesci alla foce del fiume Tellaro, è in effetti, un problema che si ripropone annualmente, e sempre nello stesso periodo dell'anno. Questo perchè, spiegano gli addetti ai lavori, a partire dalla fine di settembre e fino al mese di novembre, il fiume è in secca. La scarsità delle acque comporta non solo una cattiva ossigenazione, ma anche un elevata concentrazione delle sostanze inquinanti che normalmente si trovano nel fiume, però in quantitativi tali da rientrare pienamente nei parametri stabiliti dalla normativa vigente.
E' invece più allarmistico e preoccupante il racconto fornito ai due siracusani, da un uomo che è sopraggiunto nella riserva poco dopo, e che si è fermato sulla sponda del fiume per prendere i pesci piccoli ancora vivi. Secondo la versione di quest'uomo, il problema si rinnova puntualmente non appena prende il via l'attività dei frantoi, dopo la raccolta delle olive. A suo dire, a monte del Tellaro, si verserebbero nelle acque, gli scarti risultanti dalla lavorazione dell'olio, contenenti addirittura cianuro.
L'uomo non ha ovviamente specificato se tali sostanze vengano buttate nel fiume da eventuali condotte delle aziende, o invece se vengono scaricate da camion. Certamente il racconto ha stupito i due che però gli hanno chiesto come mai, se la moria di pesci era da ricondurre alle sostanze inquinanti o al cianuro, lui catturasse i pesci ancora vivi. Il loro interlocutore ha spiegato che li avrebbe portati in una grande cisterna di sua proprietà, destinata a vivaio, dove con l'acqua pulita i pesci si possono rigenerare.
I due, essendo esperti di mare, sono stati in grado di dire che tipi di pesci fossero: in maggior parte carpe, quasi tutte notevolmente grosse, e poi anguille e cefali. Questi ultimi, per quanto pesci di mare, spesso entrano dalle foci dei fiumi e percorrono un breve tratto di acqua dolce. Secondo i due sub, non è da escludere che la causa scatenante del triste fenomeno possa essere proprio l'esiguità delle acque, tant'è che ciò che più li ha colpiti è stato vedere come una copiosa lingua di sabbia emergesse lungo il tratto finale del fiume ed invadesse quasi tutta la foce, riducendo due strette lingue, il percorso dell'acqua verso il mare.
Ma non scartano nemmeno la possibilità di un inquinamento del fiume, anche se questa ipotesi è quella che, ovviamente a loro, meno arride. Non è di certo loro competenza pronunciarsi sulle possibili cause, ma il rinnovarsi costante del fenomeno induce a pensare che i controlli che già sono stati effettuati nel corso degli anni, dovrebbero essere costantemente rinnovati, con la cura indispensabile non solo per annullare l'annuale moria di pesci, ma anche a tutela dell'ambiente, tanto più che in questo caso, lo scenario è quello di una riserva naturale.
Fonte:
LaSicilia.it il 22-10-2002 - Categoria:
Cronaca