Anche sulla verdura ora si fa la Risonanza

I primi risultati sui pomodori ciliegini di Pachino: il test rivela se la provenienza è giusta.

Avete presente la macchina per la Risonanza magnetica? Bene, da oggi un apparecchio molto simile, e dal funzionamento del tutto analogo, potrà essere usato su frutta e verdura per disegnarne una specie di carta d'identità e poterne verificare la provenienza. Il primo test è stato fatto su uno dei prodotti più amati e per il quale i coltivatori hanno da poco ricevuto la Igp: il pomodoro ciliegino di Pachino. Unico, grazie ad un mix di terreno, microclima, pratica agricola e cura particolare della lavorazione. Tanto unico - e diverso persino dai pomodori dello stesso tipo della non lontana Licata - che è stato scelto a "modello" del nuovo sistema, che nasce da un'intuizione di Paolo Sequi, direttore dell'Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante (Cra-Isnp).
"Grazie a questa tecnica, che permette di ottenere immagini ad altissima risoluzione di un qualsiasi prodotto agricolo", spiega Massimiliano Valentini, del Cra-Isnp, esperto del progetto finanziato dal Mipaf, "è possibile determinare la morfologia, dunque spessore e diametro, e stabilire alcuni parametri fisici del campione. Studiando pomodori di varietà diverse provenienti da Pachino, Licata e Sabaudia, abbiamo scoperto che, grazie a delle semplici formule, potevamo risalire al tipo di varietà nel 93 per cento dei casi e alla zona di provenienza nell'80 per cento. Un risultato molto buono. Adesso proseguiamo con kiwi, albicocche, pesche nettarine, mele annurche, per formare una banca dati alla quale far riferimento. L'unico limite è che la nostra apparecchiatura non può "scansionare" i vegetali a foglia e neppure i campioni di grandi dimensioni: per il melone infatti abbiamo usato la Risonanza di un ospedale. Il vantaggio di questo sistema, invece, è che non c'è bisogno di trattare prima i campioni e che, dopo il test, non vengono danneggiati tanto che noi i pomodori li abbiamo mangiati".
Un problema è però quello del costo. "Nel nostro laboratorio c'è una delle due uniche macchine italiane e costa 800 mila euro", continua Valentini, "ma sono allo studio strumenti più facili da utilizzare, pensati per un consumo routinario e con costi più bassi, circa centomila euro". Ma a che cosa serve identificare l'origine? "La certificazione sarà un valore aggiunto", conclude il ricercatore, "perché consentirà la rintracciabilità del prodotto, l'obiettivo è continuare anche con i prodotti comuni, non Igp".

di Elvira Naselli
Fonte: Repubblica.it il 21-04-2005 - Categoria: Cronaca

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