Ancora due tragedie dell'immigrazione

IL CAIRO – Due ennesime tragedie del mare e dell'immigrazione ma le notizie sono scarse e frammentarie come sempre: 12 morti annegati, i cui cadaveri sono stati ripescati, 56 dispersi e 52 salvati dalla guardacostiera libica intervenuta in soccorso di un peschereccio con 120 persone affondato durante una tempesta. Altri 32 corpi senza vita di migranti annegati nell'oceano Atlantico sono stati recuperati sulle coste del Sahara occidentale. Informazioni precise sulle nazionalità dei morti e dispersi, ma anche delle “carrette del mare” che li trasportavano, non sono disponibili e le agenzie di stampa si limitano a laconici dati di cronaca. Con sei righe la libica «Jana» liquida l'episodio dicendo che «120 africani a bordo di una barca da pesca erano diretti verso l'Europa» e probabilmente verso l'Italia, meta di gran parte dei clandestini provenienti da vari paesi africani, ma anche dallo Sri-Lanka.

Più estesa la notizia dell'agenzia francese alla quale autorità marocchine fanno sapere che 32 cadaveri sono stati ripescati sulla costa di Amgriwe, 40 chilometri a nord del capoluogo del Sahara occidentale, El Ayoun. I due episodi richiamano alla mente il numero infinito di tragedie accadute a migranti da paesi del terzo mondo che inseguono sogni di vita normale: nel 2000 ben 1.139 miliardi di lire sono stati inviati ai loro paesi d'origine da immigrati in Italia, secondo dati della Caritas di Roma e dell'Ufficio Internazionale del Lavoro, Ilo. Chi non ricorda la terribile vicenda dei 283 cingalesi e pachistani annegati a 19 miglia da Portopalo di Capo Passero la notte di Natale 1996 a bordo di un barcone maltese affondato mentre li trasbordava dalla nave-madre «Johan» verso la costa italiana? Anche la notte tra sabato e domenica deve essere stato un incubo per i clandestini non ancora identificati che erano sul peschereccio al largo della costa libica mentre fulmini e tuoni - lo testimoniano fonti italiane a Tripoli - si scatenavano nel cielo scuro ed i marosi raggiungevano forza 6-7, facendo soccombere in poco tempo il piccolo vascello sovraccarico.

«E' già un successo - considera un esperto di queste vicende - che 52 siano stati salvati». Sarà forse per i contatti intensi che si sono sviluppati negli ultimi tempi tra i governi dei paesi rivieraschi del Mediterraneo occidentale e che, dopo vari incontri hanno indotto maggiore attenzione e maggiore vigilanza anche da parte delle autorità marittime libiche. Un ultimo incontro si è tenuto in Libia il 9 luglio scorso sotto l'egida della «Cimo» (Conferenza dei ministri dell'interno dei paesi del Mediterraneo Occiadentale), con la partecipazione di Marocco, Algeria, Tunisia e Libia da un parte, Portogallo, Spagna, Francia, Italia e Malta dall'altra, mentre in Egitto nell'ultimo anno si sono succedute visite di due ministri ed un sottosegretario all'interno, del comandante generale della Guardia di Finanza e del direttore generale della polizia di frontiera.

Un altro successo di questi colloqui è il cambiamento dell'atteggiamento delle autorità egiziane, che hanno cominciato a fermare nel Canale di Suez le “carrette” con a bordo cingalesi diretti in Europa: 151 ne sono stati rimpatriati la settimana scorsa con un aereo italiano, altri 166 sono fermi su due navi alla fonda a Suez, in attesa di rimpatrio. Ma i successi diplomatici e burocratici sono attenuati di molto dai morti e dispersi della notte tra sabato e domenica in Mediterraneo ed in Atlantico e dal traffico di umani che continua a solcare mari e terre in direzione sud-nord. Un magistrato siciliano in occasione di una delle tragedie al largo delle coste siciliane valutò che una delle principali organizzazioni aveva la sua base in Egitto e ramificazioni in vari stati africani. Fino a questo momento nessuno ha fatto sapere se siano mai state svolte inchieste in Egitto per identificare i responsabili di quella organizzazione. «Per ogni carretta del mare che arriva sulle nostre coste, quante ne affondano?».

A chiederselo è il Ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, che aggiunge: «questo interrogativo pesa come un macigno sulla coscienza civile dell'Europa, esigendo dai singoli paesi e soprattutto dalle istituzioni europee risposte efficaci e non più rinviabili». Il naufragio a largo delle coste libiche, secondo il ministro, «è forse la conferma di una tragica realtà sulla quale ho richiamato ripetutamente l'attenzione e l'impegno concreto dei ministri dell'Interno europei. Se si considera che solo sulle vicine coste nordafricane si addensano centinaia di migliaia di clandestini in cerca di imbarco e se si pensa a quanti ne giungono sulle coste siciliane ed europee, è ragionevole desumere che molti restano in mare, senza lasciare alcun segno o testimonianza del loro naufragio in acque internazionali». «Nei giorni scorsi - ha concluso Pisanu - abbiamo visto arrivare a Lampedusa piccole carrette sovraccariche di disperati, mentre i traghetti di linea rimanevano in porto a causa delle proibitive condizioni del mare. Per ogni carretta che arriva sulle nostre coste, quante ne affondano?».
Fonte: La Gazzetta del Sud On Line il 02-12-2002 - Categoria: Cronaca

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