(di Andrea Lodato) Geniale idea dei paladini del consumo sicuro e della legalità garantita: il pomodorino di Pachino rende poco agli onesti produttori, ma costa troppo agli ignari consumatori perché dentro la filiera ci sarebbe la mano della mafia? Bene, boicottiamo il prodotto aspettando che, così, il prezzo crolli. L'idea è maturata nel corso di una puntata della resuscitata trasmissione di Maurizio Costanzo alla Rai, "Bontà loro". Si parla di consumi e consumatori, sino a quando non si apre il dibattito sul costo del pomodorino, sul fatto che rende al produttore appena 50 centesimi, poi prende la strada della filiera della commercializzazione, che lo porta quasi tutto nel grande mercato di Fondi, nel basso Lazio. E da lì, spiega in un'intervista registrata il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, il prodotto torna a Pachino. La Dna ha indagato, sono stati fatti arresti, c'è un'allerta costante, naturalmente. E ben venga. Solo che, ascoltato un esperto come il procuratore nazionale antimafia, bisognerebbe anche essere precisi, innanzitutto e, subito dopo, magari evitare di scivolare nella demagogia, nell'effetto spot deleterio e devastante, in qualche caso, soprattutto quando si parla dentro l'elettrodomestico chiamato tv. La soluzione al caro pomodorino? Idea geniale: boicottiamolo per qualche giorno, così crolla il prezzo e tutto torna al suo posto. L'incredibile leggerezza dell'essere... in televisione e del libero pontificare. Manco a dirlo da Pachino, dalla provincia di Siracusa, da tutta la Sicilia si alza un coro di repliche sdegnate, perché il problema c'è, ma andrebbe affrontato con altri mezzi. Spara subito il deputato regionale del Pd, siracusano, Roberto De Benedictis, che dice: «Nel corso di Bontà loro sono state fatte sul pomodorino di Pachino affermazioni irresponsabili, dannose ma soprattutto false. Dire che il pomodorino è in mano alla mafia è semplicemente privo di riscontro negli stessi atti giudiziari, ma invitare i consumatori a non comprare il nostro prodotto per due giorni è una inedita ed inaudita manomissione del mercato a danno di produttori onesti. Altre sono le ragioni della vergogna: ad esempio i prezzi stracciati a cui i produttori sono costretti a vendere i pomodorini rispetto ai prezzi di acquisto per i consumatori. E non sarebbe difficile, per giornalisti seri, conoscere e raccontarne le vere cause ed i veri responsabili di questa distorsione». Allora proviamo a ribadire, avendolo già fatto spesso con inchieste del nostro giornale, perché i produttori pachinesi (secondo gli ospiti di Bontà loro «costretti a produrre») guadagnano appena cinquanta centesimi da un chilo di pomodori e sul mercato arrivano anche a 11 euro.
Lo spiega il segretario siracusano della Cgil, Paolo Zappulla: «Accade perché anche nel campo dei pomodorini, purtroppo, i produttori subiscono i condizionamenti di una filiera lunga che li penalizza fortemente. Il prodotto raccolto vale 50 centesimi, arriva a 1 euro con la lavorazione e il confezionamento. E qui si ferma il guadagno e inizia l'opera degli intermediari». Che nel pomodorino, così come per le arance, per esempio, fa salire il prezzo sino a raggiungere, in questo caso, anche cifre impressionanti rispetto al valore iniziale. Ma la mafia che c'entra e come? Ed è vero che il pomodorino parte dalla Sicilia, va a Fondi, viene confezionato, torna in Sicilia e da qui si avvia la commercializzazione? Non esattamente. «La criminalità organizzata - spiega Zappulla - fa la sua parte come, purtroppo, in ogni altro settore produttivo, cercando spazi di guadagno illecito con il controllo dei trasporti della merce, del confezionamento, anche. Ma, ripeto, la questione legata al pomodorino non si può sintetizzare dicendo che si tratta di un mercato nelle mani della mafia. Perché non è certamente così». E allora che cosa accade, ancora, ed è vero che, come è stato detto, il pomodorino viene raccolto a Pachino, preconfezionato per il trasporto a Fondi, lì lavorato, confezionato e riportato in Sicilia per cominciare la commercializzazione? Non c'è qualcosa che non quadra? A Coldiretti-Sicilia spiegano meglio: «La ricostruzione è esatta sino ad un certo punto, nel senso che, effettivamente, ci sono quantità di pomodorini che da Fondi tornano in Sicilia. Ma si tratta non si un'azione voluta o favorita dalla criminalità, ma della scelta della Grande distribuzione organizzata che da sempre anziché acquistare il prodotto a livello locale, tratta nei grandi mercati l'acquisto di massa per tutto il territorio nazionale. Così capita, ma non solo con il pomodorino, purtroppo, che i prodotti facciano un doppio viaggio. Per questo ci stiamo battendo per cercare di avere venditori sempre più presenti sul territorio, in modo che i cittadini possano comprare i prodotti accorciando nettamente la filiera e garantendo maggiori e giusti guadagni ai produttori». Insomma questo è il problema, vecchio, e queste le soluzioni possibili da seguire. Poi ci sono le chiacchiere in libertà, ma quello è un altro discorso.
Fonte:
LaSicilia.it il 05-02-2011 - Categoria:
Cronaca