Si è aperta ufficialmente la battaglia per decidere chi, nei prossimi anni, controllerà Internet. Nascosto nelle pieghe di una compostissima conferenza dell’Onu appena conclusasi a Ginevra (anch’essa opportunamente accompagnata da una serie di eventi alternativi organizzati dalla galassia no global), si è infatti innescato un processo per la revisione dell’attuale modello organizzativo della rete mondiale e che potrebbe portare ad un suo maggior controllo da parte delle Nazioni Unite stesse. In discussione vi è in particolare il ruolo dell’organismo che oggi detta le regole di funzionamento di Internet, Icann (International Corporation for Assigned Names and Numbers), una società privata con sede in California che agisce da ente regolatore di tutte le questioni riguardanti la rete stessa.
Tre giorni di discussioni a Ginevra per mettere le basi di quella che sarà la società delle comunicazioni e dell’informazione del futuro. Questo voleva essere la prima sessione del World Summit on Information Society che si è chiuso venerdì sera. Dall’incontro non è uscita nessuna novità sostanziale. La conclusione del Summit è infatti prevista solo fra due anni, a novembre 2005 quando la seconda sessione si riunirà in Tunisia.
Una scelta, questa della Tunisia, già fortemente contestata da alcune delle organizzazioni non governative che hanno partecipato al Summit a causa delle continue e gravi violazioni da parte del governo di Tunisi della libertà di stampa e di espressione.
Sullo sfondo della conferenza, che è ospitata dall’Itu, l’International Telecommunications Union, un organismo delle Nazioni Unite che definisce le norme regolamentari per le telecomunicazioni mondiali e stabilisce gli standard tecnici di riferimento, due temi principali. Uno più genericamente politico, quello del digital divide, la frattura digitale, cioè la distanza crescente dal punto tra mondo sviluppato e paesi in via di sviluppo per quanto riguarda l’uso degli strumenti informatici. E uno solo apparentemente più tecnico, ma che sta diventando il vero punto di scontro tra i paesi ricchi e quelli poveri e che si può riassumere in tre parole: chi controlla Internet.
Se sul primo si sono spese molte parole e il documento finale della conferenza si dilunga sulla necessità di dare a tutti uguali possibilità di accedere alle tecnologie digitali, sia in termini di formazione che di infrastrutture (il vero nodo che determina la profondità e l’ampiezza di questa frattura digitale del mondo, del secondo non vi è quasi traccia, se scavando tra le righe dei documenti conclusivi. In un paragrafo della dichiarazione concernente le linee di azione da prevedere si dice ad un certo punto: «Chiediamo al segretario generale delle Nazioni Unite di nominare un gruppo di lavoro sul governo di Internet, con un processo aperto e non esclusivo che consenta la piena e attiva partecipazione dei governi, del settore privato e della società civile sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo».
In queste tre righe vi è tutta la sfida lanciata all’attuale assetto della rete Internet. Un assetto che ha, sì, garantito lo sviluppo del Web, ma con un processo troppo determinato e guidato da considerazioni economiche e commerciali. Contribuendo in parte all’allargamento di quella frattura digitale che tutti vorrebbero chiudere.
Il compito del gruppo di lavoro non sarà facile. Ma a chiedere con molta determinazione la sua costituzione sono soprattutto quei paesi che ormai vengono identificati come il G20. Stati come il Brasile, ad esempio, che non si sentono tutelati dall’Icann, dal suo essere un’azienda privata e come tale soggetta a troppi condizionamenti, soprattutto del governo statunitense.
WSIS?We Seize! è lo slogan con cui si sono organizzati i gruppi della contestazione al Summit. Una contestazione che contesta soprattutto la volontà dei grandi blocchi rappresentati da Stati Uniti ed Europa di imporre un controllo strettissimo sui diritti di autore, di copia e di riproduzione, e di imporre regole sulla proprietà intellettuale che cancellerebbero di fatto tutta la ricchezza creativa della rete, lasciando solo ai grandi gruppi (discografici, cinematografici, del software) il controllo e l’uso della rete.
Il processo è appena iniziato a Ginevra. Il tema sembra difficile e non troppo popolare. Ma aspettiamoci prima o dopo una Cancun digitale.
di Toni De Marchi
Fonte:
L'Unità On Line il 12-12-2003 - Categoria:
Attualità