Quasi in contemporanea con l’affissione sui muri di Pachino di un manifesto firmato A.P.A.C. che ricordava il decennale di un delitto mai risolto, ovvero l’assassinio di Serafino Corvo, ci colpisce la notizia di un gravissimo attentato ai danni del Presidente della Cooperativa Faro al quale sono stati distrutti migliaia di metri quadrati di coltivazione in serra.
In mezzo a questi due fatti (l’assassinio e l’attentato) dieci anni di storia pachinese che, sul piano del progresso civico e sociale, hanno segnato una inarrestabile marcia indietro fino al totale “sonno delle coscienze” di oggi. A parte isolati tentativi portati avanti in maniera slegata da singole realtà (fra le quali la citata A.P.A.C. costituisce forse il più dinamico e longevo esempio) registriamo ancora una volta un assordante silenzio del resto della cittadinanza.
C’è una parole chiave per descrivere tutto questo, ed è ASSUEFAZIONE.
Complice forse un fatalismo che sembra iscritto nel nostro stesso dna, riusciamo ad abituarci al peggio e, quando questo si è pienamente manifestato, al peggio ancora, che viene subito dopo.
Abbiamo tutti dato un tacito e colpevole consenso ad una classe politica che, con pochissime eccezioni, ha “disamministrato” (ovvero amministrato disastrosamente) l’Ente Comune, portandolo sull’orlo del dissesto finanziario.
Nessuno di noi, probabilmente, si sente colpevole di questo. Siamo tutti bravissimi ad assolverci dicendoci che “noi non ci immischiamo nella politica” quasi che “immischiarsi nella politica” sia sinonimo di qualcosa che sta in mezzo tra malcostume ed illegalità.
Così facendo lasciamo che a fare politica sia anche gente che ha mostrato sicuramente inclinazione al malcostume (come definire diversamente le lotte per la mera occupazione di posti, le spartizioni di incarichi ad amici e parenti, la scarsissima attenzione alla situazione finanziaria del comune ed alle esigenze della collettività).
Che una parte della classe politica abbia praticato anche illeciti lo può dire solo la magistratura, ma certamente tutto ciò che sentiamo in merito ad indagini, denunce e veleni vari non può consolarci.
E mentre qualunquisticamente condanniamo in blocco l’intera classe politica, all’occorrenza facciamo ricorso, e diamo una smisurata importanza, all’arrogante signorotto politico (locale e non) che millanta di poterci favorire in ogni tipo di bisogno personale.
Infine, soffriamo di amnesia. Perché diamo ancora credito a “uomini politici” che dopo aver clamorosamente sbagliato scelte e uomini, “disamministrato”, e, dopo l’ennesima sfiducia, proposta o subita, vengono a ri-chiederci il voto.
Chiediamo ai cittadini di Pachino di smetterla di darsi alibi e di auto-assolversi.
Tutto ciò che c’è di negativo, dalle strade piene di buche agli attentati delinquenziali, è figlio della indifferenza e della mancanza di partecipazione democratica alla vita sociale e politica di una collettività.
Gli spazi nei quali impegnarsi ci sono e sono i Partiti Politici (dai quali espellere i tornacontisti), le Associazioni Sindacali, le Associazioni di ogni tipo, le Parrocchie, le Scuole, i luoghi di lavoro. Occorre portare dentro questi luoghi la propria indignazione per uno stato di cose che nessuno vuole ma che solo pochissimi mostrano di volersi impegnare a cambiare.
Il Direttivo di Città Etica
Fonte:
Citta Etica - Salvatore Chiaramida il 07-02-2009 - Categoria:
Comunicati