Rischia di sollevare polemiche l'ipotesi, lanciata alla fine dello scorso mese dal sindaco di Comiso, Pippo Digiacomo, tesa a far rivivere i fasti di aree come la Costa Smeralda o la Costa Azzurra anche sul litorale ibleo attraverso l'identificazione della costa con un nome che possa diventare il simbolo di questa terra. Il primo cittadino del centro casmeneo, nei giorni scorsi, aveva replicato per le rime al presidente della commissione provinciale Turismo, Giovanni Occhipinti, che non aveva visto chiaro in questa operazione, soprattutto ai fini di un rilancio del comparto. In particolare, Digiacomo aveva parlato di «intenti avvelenati» riferendosi alla presa di posizione di Occhipinti che, tra l'altro, era stato individuato come esponente di «una retroguardia culturale che ha reso il territorio ibleo chiuso nel suo splendido isolamento». Affermazioni che Occhipinti respinge al mittente mentre sulla Costa Barocca precisa: «Evidentemente, il mio punto di vista non è stato compreso dal sindaco Digiacomo che, piuttosto che rispondere a tema, ha preferito, come dire, spostare l'asse dell'attenzione su altri argomenti. Intanto, la retroguardia culturale di cui parla il sindaco è forse incarnata dagli schieramenti politici cui appartiene che, piuttosto che ancorarsi a idee di sviluppo sempre più innovative, lancia delle "sparate", come questa della Costa Barocca, che nulla hanno a che vedere con le reali esigenze di un comparto turistico il quale ha bisogno di fatti concreti piuttosto che delle belle parole di questo o di quel politico di turno. Siamo d'accordo sull'idea di fare sistema, per carità. Nessuno vuole metterlo in dubbio. Ma mi pare che io ho proposto una variante sul tema nel momento in cui ho chiarito che se di Costa Barocca vogliamo parlare dobbiamo intendere tutti e settanta i chilometri del litorale che da Marina di Acate conducono a Marzamemi. Litorale che, per come ci risulta allo stato attuale, non può prescindere dalla presenza di un certo impatto ambientale alla luce della presenza di insediamenti serricoli che ne deturpano l'integrità.
Quindi, non si può parlare di Costa Barocca se prima non ci confrontiamo seriamente con questo problema. Cosa faremo con le serre? Le togliamo? E se sì chi si assume la responsabilità di porre un freno considerevole ad un comparto comunque economicamente pregnante come quello agricolo? Quelli che ho posto sono, ritengo, tutti interrogativi pertinenti rispetto ad una idea che, seppur lanciata in buona fede, non può non tenere conto dei limiti oggettivi con cui ci confrontiamo. Altro che retroguardia culturale. Cosa vorrebbe fare il sindaco di Comiso? Identificare tutta una costa con un nome che, magari, rievochi la Costa Smeralda o la Costa Azzurra senza che poi esistano i necessari requisiti? Mi pare che sia questa la politica di retroguardia culturale, fondata ancora una volta su grandi sogni senza, però, supporti concreti. Invito, piuttosto, il sindaco di Comiso a sviluppare, assieme ai rappresentanti istituzionali competenti, e quindi perché no, anche assieme alla nostra commissione provinciale, un ragionamento complessivo sull'eventuale percorso da attuare per potenziare la ricettività e per garantire la creazione di un sistema ad hoc lungo la costa. Allora sì che, concretamente, si potrà parlare di una iniziativa di cui tutto il territorio potrebbe andare fiero. I nostri operatori culturali, con i quali ci confrontiamo quotidianamente, hanno bisogno sempre di proposte innovative da poter spendere sui mercati nazionali ed internazionali».
Giorgio Liuzzo
Fonte:
LaSicilia.it il 10-08-2004 - Categoria:
Cronaca