Si continua a parlare di pacificazione e di rasserenamento degli animi ma qualcuno sembra voler continuare a gettare benzina sul fuoco delle polemiche. Pertanto non esito a dire la mia, visto lo spazio che mi concede questo sito-web. Intanto ricordo all’autore del libro che l’anno scorso, in questo periodo, a Portopalo fu organizzata una manifestazione in ricordo dei morti del Natale ’96 e di tutte le vittime del mare. A farlo furono la Parrocchia San Gaetano e il Comune. E il giorno dopo fu pubblicato su “La Sicilia” un mio pezzo su quella iniziativa, facilmente reperibile attraverso l’archivio del giornale catanese o dal sito-web
“Pachinoglobale.com”. Pertanto: pregasi informarsi prima di dire cose inesatte, se non palesemente infondate. Secondo punto: l’incontro organizzato dall’Arci-Iskra di Pachino (capirai che garanzia di equidistanza) l’11 dicembre scorso. Ho chiesto agli organizzatori di partecipare ad un confronto, da posizioni paritetiche, con l’autore del libro e con il reporter tedesco Hoffmann. Risultato: gli organizzatori hanno ignorato la mia richiesta (formulata quando ancora il programma non era stato chiuso, come mi fu riferito da Sebastiano Diamante), invitandomi semmai ad intervenire solo alla fine, come parte del pubblico, con una semplice osservazione alla quale l’autore avrebbe avuto facoltà di controbattere. Cosa che ovviamente ho rifiutato poiché non intendevo dare al giornalista di Repubblica il vantaggio di avere “l’ultima mossa”, come ha fatto con un cittadino di Portopalo, intervenuto “ingenuamente” in quella circostanza. Terzo punto: spese di viaggio per l’incontro del 26 dicembre. Il Comune di Portopalo sta coprendo tutto, come da richiesta formulata dalla Mondadori. Che poi si definisca questo come una formalità, poco male, ma contano i fatti e il Comune, su proposta del Sindaco Cammisuli, coprirà per intero le spese di viaggio e pernottamento dell’autore del libro. Quarto punto: critiche al libro. Ho evidenziato sul quotidiano “La Sicilia”, con il quale collaboro, i punti del libro dove si rimane decisamente perplessi. E li ho riportati anche in una lettera inviata alla redazione del quotidiano “La Sicilia” (pubblicata domenica scorsa). Ecco i passaggi salienti di quella mia lettera. “…Come restare impassibili di fronte ad alcuni passaggi del libro ovvero dei pescatori che nel '99 si riunirono al porto al grido di "vogliamo pagare il pizzo" dopo l'arresto di alcuni indiziati per mafia (le notizie apprese sul web vanno verificate con molta cura) o il riferimento al Commissariato di Pachino che avrebbe fatto parte di un movimento di risacca, nel 2001, volto a modificare l'innocente in colpevole. A Portopalo tanti si sono indignati per questi passaggi e per la scelta dell'autore di ignorare, quasi del tutto, la situazione politica locale negli anni dal '97 al maggio del '99, preferendo il facile schema del "tutti non potevano non sapere" dei morti ributtati allora in mare da alcuni pescatori...“. Sull’articolo di D’Alessandro (pubblicato l’11 novembre scorso su “La Sicilia”) meglio glissare. Ricordo soltanto che lo stesso giorno uscì un trafiletto su “Repubblica”, praticamente analogo. E poi sappiamo quali rapporti “amichevoli” intercorrano tra “La Sicilia” e il quotidiano diretto da Ezio Mauro. Per quel che mi riguarda ho sottolineato i meriti del pescatore portopalese (aver fatto ritrovare il relitto, togliendo dall’oblio quei poveri morti del Natale ’96) ma la Portopalo migliore (e qui mi rifaccio a quanto scritto da D’Alessandro) è anche quella che ha criticato il libro (relativamente, ribadisco, ad alcuni precisi passaggi). Su questo non ho il minimo dubbio. E poi come dimenticare il grande lavoro della Procura della Repubblica di Siracusa che già poco tempo dopo il naufragio (marzo-aprile ’97) avviò un’indagine poi sfociata nel rinvio a giudizio del capitano della Yiohan e di alcuni membri del suo equipaggio. L’indagine della procura siracusana sfociò in un processo per omicidio plurimo colposo contro il capitano della nave e altri componenti dell’equipaggio. Processo che è andato avanti fin quando è stato trovato il relitto (giugno 2001). Quindi un risultato tangibile c’è stato da quell’inchiesta giornalistica (e l’autore lo sottolinea anche nel suo libro): bloccare quel processo in corso a Siracusa contro El Hallal e gli altri imputati. Ma la Procura di Siracusa non si arrese e ripartì sulla base di un altro capo d’imputazione: omicidio plurimo volontario. Ipotesi di reato che necessitava di un’autorizzazione a procedere del Ministero di Grazia e Giustizia poiché il naufragio era avvenuto in “acque internazionali”. Quella autorizzazione è stata firmata dal Ministro Roberto Castelli nel dicembre del 2002.
Una decisione, quella di Castelli, dettata sicuramente non sulla base del battage mediatico sul naufragio, poiché alla fine del 2002 dello scoop di Repubblica era rimasto solo un pallido ricordo. Riguardo ai tempi di ritrovamento della tessera d’identità di Anpalagan Ganeshu il primo a porsi degli interrogativi è stato uno zio del ragazzo tamil intervistato dal giornalista di Repubblica. Inoltre nel giugno 2001, quando il pescatore che fece ritrovare il relitto fu intervistato dal sottoscritto, alla domanda “perché della sua scelta di denunciare tutto ad un organo di informazione e non alle forze dell’ordine? La risposta è secca: “Temevo – dice – di non essere creduto” (La Sicilia, cronaca di Pachino del 21 giugno 2001). Da giornalista mi sono sentito in dovere di ricostruire tutti i passaggi, dal giugno 2001 in poi, per avere un quadro scevro da ogni pregiudizio ed opinione (è l’abc del giornalismo anglosassone, i fatti separati dalle opinioni). Raffrontando infine il libro pubblicato di recente con gli articoli che lo stesso giornalista scrisse per “Repubblica” nel giugno 2001, alcuni punti sono quantomeno “in disaccordo tra loro”. A cominciare da Marcel Barbara che nel 2001 è proprietario e comandante dell’F174 mentre nel libro è uno aggregato all’ultimo momento, che di mare praticamente non capisce nulla (è uno che fa pulizia nelle spiagge). Ed inoltre il particolare, riportato nel libro, di un altro giornalista di Repubblica (che nel 2001, nei giorni immediatamente seguenti lo scoop del ritrovamento del relitto) che recandosi all’Ufficio Locale Marittimo con la copia del giornale del 6 giugno (quella che in un articolo di spalla in prima pagina riportava la tessera d’identità di Anpalagan) avrebbe notato il gesto di un militare in servizio che confermava che quella tessera l’avesse già vista. Mi chiedo: perché questo particolare, così rilevante nel provare il menefreghismo dell’autorità locale, non fu riportato già allora, nel 2001, e viene servito freddo, nel libro, tre anni dopo? Dire questo non è avercela con qualcuno ma è solo verificare, con cura tutti i tasselli di questo mosaico, senza nulla togliere ai meriti del pescatore e del giornalista nell’aver trovato il relitto e riportato l’attenzione su questa tragica vicenda. Purtroppo da qualche mese a questa parte stiamo leggendo su Internet cose false e di una gravità impressionante. La più eclatante è del 21 novembre: su un sito-web c’è stato chi ha accusato il vicesindaco portopalese di aver praticamente vietato la vendita del libro a Portopalo. E’ un’accusa che non merita alcuna risposta, soltanto la presentazione di una querela verso chi l’ha pronunciata e chi l’ha riportata in quella intervista. Ci sono i fan di “Kunta Kinte” ed esistono anche i fan dell’ufficiale dell’Esercito Italiano “Franco Carlini” (storia questa che ho appreso ieri da un amico e che è molto, molto interessante in tema di accanimento giornalistico contro qualcuno –
pagina web). Sono certo che il confronto che avverrà domenica a Portopalo, su posizioni finalmente paritetiche, servirà a chiarire questi punti di difformità. Auguro a tutti i visitatori del sito Buon Natale. E che il ricordo della venuta al mondo di Gesù Cristo possa riempire i nostri cuori di serenità e rispetto verso il prossimo.
SERGIO TACCONE
Fonte:
Sergio Taccone il 25-12-2004 - Categoria:
Cronaca