PACHINO - Che l'arte sia un dono di natura, è cosa nota. Spesso però il dono si trasmette attraverso le generazioni, essendo iscritto nel patrimonio genetico. Spetta poi a chi riceve questo meraviglioso dono, saperlo coltivare ed affinare con la propria arte. È quanto ha fatto il diacono Salvatore Cagliola, uomo di fede, ma anche apprezzato artista e poeta che vanta un lunghissimo curriculum di primi ed onorificenze conferitegli. Tra i suoi avi troviamo Domenico Cagliola, nato ad Avola nel 1841, segretario comunale della sua città fino al 1906 data in cui morì improvvisamente. Domenico Cagliola fu autore di Poesie, novelle, bozzetti e sciarade ricevendo dal circolo G. Vico di Napoli la medaglia d'oro per meriti letterari. Fra le sue opere ricordiamo “Elisa ovvero pare e non essere”, “Ricchi e poveri” ed anche “La madre giovane”. La genialità poetica di Domenico Cagliola si ripetè in Adelina Cagliola, figlia di Domenico che ereditò la vena narrativa e l'inclinazione alla poesia.
Adelina Cagliola fu conferenziera ed educatrice, ed emrgeva come insigne intellettuale in una società ed in un'epoca in cui il 93% delle donne era analfabeta. Tra le tante pubblicazioni scrisse “Voci dell'Anima”, “Mara”, “Il Rogo”. La vena artistica fu trasmessa a Salvatore Cagliola, nonno del diacono Cagliola, di mestiere tipografo ed uomo estroso e geniale, abile disegnatore e raffinato pittore. Doti che si sono trasfuse senza inquinarsi nel diacono-poeta Salvatore Cagliola, fine intellettuale e poeta dialettale e di lingua italiana. La sua casa è zeppa di premi e riconoscimenti raccolti in Italia ed anche all'estero. Da sempre mietitore di successi, ma il premio a lui più caro rimane l'ambitissimo Rhegium Juli di Reggio Calabria.