Comincia oggi in Tribunale il processo contro il libanese Youssef El Hallal, capitano della motonave "Yiohan", e del pakistano Ahmed Turab Sheik. I due sono imputati di omicidio plurimo volontario per la morte in mare di 283 immigrati la notte tra il 25 e il 26 dicembre del 1996. In quella tragica circostanza la barca maltese "F-174" colò a picco in seguito alla collisione con la motonave battente honduregna, a 19 miglia da Capo Passero, in acque internazionali. Il processo consentirà di appurare le responsabilità e, si spera, tutti gli aspetti rimasti oscuri relativi a quella tragedia. Non è stato chiarito infatti come sia stato possibile, al di là della circostanza legata al fatto che alcuni pescatori di Portopalo ributtavano in mare i resti dei cadaveri di quel naufragio senza informare le autorità, che nessuna imbarcazione, pescherecci esclusi, in transito in quel tratto del Canale di Sicilia, abbia visto alcunché di anomalo. Un altro punto molto interessante che potrebbe scaturire dalla fase dibattimentale è relativo a possibili appoggi a livello istituzionale di cui godrebbero, o avrebbero goduto in passato, le associazioni criminali dedite al traffico illegale di immigrati clandestini.
Eventualità questa che fu accennata dallo stesso El Hallal in una lunga intervista rilasciata nel maggio scorso al quotidiano "Repubblica". L'avvio della fase dibattimentale ha dato ragione comunque alla perseveranza della Procura della Repubblica di Siracusa che sin dal marzo del '97 ha avviato l'indagine sul più grave naufragio nel Mediterraneo dalla fine della seconda guerra mondiale, non tralasciando la circostanza legata all'autorizzazione concessa l'anno scorso dal Ministero di grazia e giustizia che ha consentito all'iter giudiziario di andare avanti dato che il relitto è stato ritrovato nel giugno del 2001, grazie ad un'inchiesta del quotidiano "Repubblica" e su indicazione di un pescatore di Portopalo, in acque internazionali. La scorsa settimana inoltre le affermazioni del basista di quel viaggio finito in tragedia, il pakistano Turab appunto, ha ammesso come negli anni dal '88 al 96 dall'isola di Malta siano transitati migliaia e migliaia di immigrati che avrebbero poi raggiunto clandestinamente le coste siciliane.
Il sindaco di Portopalo, Fernando Cammisuli, in merito alle recenti tragedie di immigrati nel Canale di Sicilia, tuona intanto contro chi deve garantire l'applicazione della legge Bossi-Fini, riferendosi soprattutto agli ultimi sbarchi registrati a Portopalo a settembre e pochi giorni addietro. "Non è possibile che un barcone di disperati arrivi fin dentro il porto - afferma Cammisuli - senza che nessuna autorità lo abbia intercettato. Mi chiedo allora cosa sarebbe successo in caso di condizioni di mare agitato, chi avrebbe potuto dare soccorso a questi esseri umani che rischiano di fare la fine di migliaia di altri immigrati che, cercando di raggiungere le nostre coste, sono finiti in fondo al Mediterraneo? I controlli in mare sono funzionali infatti soprattutto ad eventuali interventi di soccorso di queste carrette che affrontano il mare aperto e le insidie del Canale di Sicilia". Il Mediterraneo rischia di diventare un mare di cadaveri. "Bisogna intervenire al più presto a livello di Comunità Europea - aggiunge Cammisuli - e non lasciare sola la Sicilia a gestire un esodo epocale dai paesi del Sud del Mondo verso l'Europa". Un riferimento il sindaco di Portopalo lo riserva anche al processo che si apre oggi a Siracusa. "La tragedia del Natale '96 - prosegue Cammisuli - non potrà mai essere dimenticata da nessun portopalese. Abbiamo promosso dibattiti, incontri e conferenze legate a quella vicenda oltre alla proposta di legge, presentata al Senato da Francesco Bevilacqua il 26 febbraio scorso, che scaturisce proprio da quello che è stato fatto a Portopalo con il nostro contributo".
Sergio Taccone
Fonte:
LaSicilia.it il 21-10-2003 - Categoria:
Cronaca