I Cursoti padroni del mercato

PORTOPALO - Risale a metà degli anni Ottanta l'«acquisizione» del mercato ittico di Portopalo da parte del clan catanese capeggiato da Turi Cappello, capo dei Cursoti eterni rivali della cosca di Nitto Santapaola. La banda capeggiata dal boss di Noto, Antonino Trigila, detto Pinnintula, tentò, con gli inizi del 1990, immediatamente dopo aver stretto una solida alleanza con il boss di Lentini Nello Nardo, che del gruppo Santapaola era il rappresentante per tutta la provincia di Siracusa, di estromettere i Cursoti dal mercato ittico di Portopalo, ma con fallimentari risultati. Il gruppo criminale di Catania, infatti, aveva dalla sua sia i mezzi finanziari per corrompere uomini che contavano nel mercato ittico di Portopalo attraverso i quali ottenere informazioni e basi logistiche nelle zone di Pachino e Marzamemi sia la forza delle armi per respingere ogni eventuale assalto, potendo contare su spietati killer che non avevano alcuna esitazione nel sopprimere quanti si mettevano in testa di ostacolare i programmi dei Cursoti. I fiancheggiatori dei Cursoti, il più delle volte, non orbitavano nell'ambiente della criminalità di Pachino-Marzamemi-Portopalo, ma erano commercianti e liberi professionisti. Il clan Trigila ritenne di potersi liberare dal dominio dei Cursoti agli inizi del 1992 tendendo un agguato mortale all'uomo che in quel momento rappresentava l'ostacolo ai suoi progetti di accaparrarsi sia il mercato ittico di Portopalo sia il filone delle estorsioni a danno di esercizi commerciali e degli agricoltori che, sempre ai catanesi, davano l'appalto per il trasporto delle primizie alla volta dei mercati del centro e del nord Italia. Ci vollero due e forze anche tre summit per decidere come sopprimere l'autosalonista Salvatore Giuliano ma, alla fine, con l'assenso determinante del boss Nello Nardo, il 26 febbraio del 1992, arrivarono a Pachino tre killer da Lentini i quali, dopo aver parcheggiato l'autovettura in una via secondaria, si recarono a piedi nella piazza principale del paese e all'ingresso dell'autosalone uccidevano il commerciante, referente del clan dei Cursoti. La reazione dei catanesi fu violentissima. A pagarne le spese per tutti quelli che avevano venduto al clan Trigila-Nardo il loro uomo di fiducia, fu un giovane dentista, Angelo Lauretta, che, dopo essere stato attirato con una trappola nella villa di un esponente di spicco dei Cursoti con la scusa di essere rifornito di una buonissima partita di cocaina, fu sottoposto ad una vera e propria tortura per spingerlo a fare i nomi dei responsabili del delitto, poi strangolato e quindi sepolto prima nel giardino della villa e dopo gettato in una discarica, senza che mai fossero stati ritrovati i suoi miseri resti.

I Cursoti avevano scoperto che il delitto dell'autosalonista Salvatore Giuliano fosse stato opera del clan di Noto con la complicità del gruppo mafioso di Lentini, ma si erano astenuti dal fare una guerra per non attirare l'attenzione degli inquirenti che già da qualche tempo, sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni pentiti, sia della criminalità siracusana che di quella catanese, stavano indagando sul conto del gruppo Cappello-Pillera. Bastò la minaccia rivolta da Ignazio Bonaccorsi a Trigila «attento a come ti comporti, perchè uccideremo i tuoi affiliati e li appenderemo ai pali della luce elettrica» per mandare in fumo i progetti di espansione del gruppo di Noto che, già dall'agosto 1992, non poteva più contare sull'appoggio dell'alleato Nardo che era stato arrestato dai carabinieri mentre trascorreva le ferie a Marina di Noto. Con l'uscita di scena di Trigila e di Nardo, il clan Cappello confermava la sua influenza al mercato ittico di Portopalo e acquisiva delle nuove complicità di un certo rilievo tra i rigattieri, cioè tra gli operatori che acquistavano il pesce dai pescatori e che poi lo mettevano all'asta per farlo destinare ai mercati siciliani. Il più pregiato ed il più fresco finiva sempre ai Cursoti che, oltre a destinarlo al mercato di Catania, lo smistavano in gran parte della penisola e persino all'estero. Un affare da svariate decina di miliardi che ha consentito ai Cursoti ed ai loro nuovi alleati dei Mazzei di arricchirsi e di destinarne una parte considerevole per l'acquisto della droga e la costituzione di società di trasporto sia dei prodotti ittici che di quelli ortofrutticoli.

Pino Guastella
Fonte: LaSicilia.it il 15-01-2004 - Categoria: Cronaca

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