(di Giorgio Petta) «Non so se sia vero, ma mi dicono che il pomodoro Pachino è stato creato in Israele e poi impiantato in Sicilia». Se l'avesse detto il signor Pinco Pallino, non sarebbe accaduto nulla. Ma a pronunciare queste parole - insinuando che uno dei "must" dell'agro-alimentare mondiale sia un Ogm, un organismo geneticamente modificato e nato in un laboratorio di ricerca ricombinando il Dna - è stato, nei giorni scorsi, a «Cortina Incontra», il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Giancarlo Galan. Ignoranza o malafede, il risultato è che la Grande distribuzione organizzata ha colto al volo - come annuncia il tam-tam delle lamentele e nonostante lo stesso Galan abbia pubblicamente già ritrattato le sue affermazioni - l'occasione per rivedere, ovviamente in senso peggiorativo, i contratti di fornitura con i produttori del pomodoro di Pachino. Che tra l'altro - nelle sue varietà "ciliegino", "costoluto", "tondo liscio" e "a grappolo" - è Igp, cioè a Indicazione geografica protetta, attestato concesso dall'allora ministero dell'Agricoltura proprio per garantirne la qualità e la tipicità. Ma il neo ministro Galan, paradossalmente, non ne sapeva nulla. Tanto da affrontare la questione Ogm in due occasioni: la prima intervenendo al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini («Sui vegetali transgenici c'è un oscurantismo che va rimosso anche perché l'Italia non può isolarsi») e la seconda a Cortina d'Ampezzo. Dove ha ribadito che «tra i prodotti agricoli che mangiano oggi non ce n'è uno che assomigli a quelli di una volta e il guaio è che siamo senza ricercatori perché sono fuggiti all'estero».
Tuttavia, resta senza risposta il quesito su chi abbia confidato al ministro il clamoroso scoop. Frutto forse della lettura dell'articolo di Dario Di Vico - titolo: «L'ideologia a tavola» - pubblicato da un quotidiano nazionale il 24 agosto scorso?
«L'ormai leggendario pomodoro di Pachino, sostengono i filo-Ogm - scrive Di Vico - è nato in un laboratorio israeliano e poi piantato in Italia perché qui c'erano le condizioni ottimali per il successo della coltivazione». Di "voce dal sen fuggita" parlava il poeta sebbene a frittata ormai fatta. Per Sergio Marini, presidente nazionale della Coldiretti, il ministro «distrugge il valore e la distintività del nostro made in Italy agroalimentare che è l'unica arma che abbiamo per competere nei mercati nazionali e internazionali». Parole che hanno lasciato il segno. Tanto che Galan è tornato sui propri passi, con una nota ufficiale: «Ciò che è stato scritto più e più volte da giornali e riviste e cioè che una qualche qualità di pomodoro studiata in laboratorio in Israele, il che non vuol dire pomodoro Ogm, ha attecchito in modo particolare nella zona di Pachino. Ottimi, dunque, i pomodori di Pachino, che nulla hanno a che vedere con il dibattito in corso sul tema degli Ogm, dibattito che riguarda le questioni relative alla ricerca e alla sperimentazione». Insomma, una ritrattazione. Forse parziale, se Marini è tornato alla carica: «Gli Ogm - insiste - spingono verso un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del made in Italy. La scelta di non utilizzarli non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma una precisa posizione economica per il futuro di un'agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori». Per di più il pomodoro di Pachino Igp è unico e non può essere neppure imitato. «A meno che - spiega Giovanni La Via, europarlamentare del Pdl, componente della Commissione Ue per l'agricoltura e lo sviluppo rurale nonché docente alla facoltà di Agraria dell'Università di Catania - non si riproducano le stesse condizioni pedoclimatiche e ambientali. L'intensità del sapore, la dolcezza particolare, la consistenza della polpa, la lucentezza del frutto, l'elevato contenuto di vitamine e antiossidanti, la lunga durata post-raccolta sono dovute al terreno sabbioso di Pachino e al tasso di salinità dell'acqua con cui viene irrigato. Condizioni uniche e irripetibili. Chi lo sa - conclude La Via - legge l'etichetta e acquista, appunto, il pomodoro di Pachino Igp».
Fonte:
LaSicilia.it il 04-09-2010 - Categoria:
Cronaca