Il delitto dell'autosalonista, la Procura: "Conferma dell'ergastolo per Nardo"
(dfr) Il procuratore generale Gaetano Siscaro ha chiesto la conferma della condanna all'ergastolo dettando la requisitoria ieri mattina al processo d'appello nei confronti del boss di Lentini Nello Nardo, alla sbarra in qualità di presunto mandante dell'uccisione dell'autosalonista di Pachino Salvatore Giuliano, assassinato la sera del 26 febbraio 1992 davanti al suo negozio. A supporto della tesi accusatoria il rappresentante della Procura ha ricordato le conclusioni del maxiprocesso "Ducezio" e la sentenza di condanna all'ergastolo, oramai passata in giudicato, emessa nei confronti del boss di Noto Antonino Trigila, coimputato nella stessa vicenda giudiziaria. La difesa, rappresentata dall'avvocato Giambattista Rizza, detterà le sue conclusioni all'udienza del 24 giugno. Al termine dell'arringa difensiva la Corte d'Assise d'Appello si ritirerà in camera di consiglio per formulare il verdetto. Il processo a carico di Nello Nardo si sta celebrando su rinvio della Corte di Cassazione che il 19 novembre dello scorso anno ha annullato la condanna all'ergastolo riportata dal boss di Lentini in secondo grado a conferma del verdetto emesso dalla Corte d'Assise di Siracusa.
In primo e secondo grado le chiamate in correità che alcuni collaboratori di giustizia hanno fatto nei confronti del boss di Lentini e del capoclan di Noto sono state ritenute attendibili e adeguatamente riscontrate non solo da altri collaboratori di giustizia ma anche dalle indagini delle forze dell'ordine. A parlare di Nardo e del suo ruolo di capo del clan di Lentini ma anche di tutte le altre organizzazioni con le quali si era alleato, a cominciare da quella capeggiata da Antonio Trigila, sono stati Filippo Indaco, Vincenzo Liistro, Martino Rustico e Francesco Marino i quali all'unisono hanno affermato che "Pinnintula" poteva decidere gli omicidi nella sua zona d'influenza ma quando si trattava di decisioni eclatanti aveva bisogno dell'autorizzazione di Nello Nardo. In questo contesto, l'autosalonista sarebbe stato eliminato perchè rappresentava un ostacolo alle ambizioni del clan di Noto di annettere sotto il suo controllo tutte le attività illecite nella zona sud della provincia.