Il free press "I Pachinesi" in un tempio dell'enologia

Il free press "I Pachinesi" in un tempio dell'enologia PACHINO - Domani (domenica 25 gennaio), sarà in edicola con il nostro quotidiano il primo numero del 2004 de «I Pachinesi». Nel servizio di apertura, firmato dal nostro Rosario Ardilio, parliamo dello stabilimento Di Rudinì, vero e proprio tempio enologico fondato appunto dal marchese di Rudinì (fu il secondo siciliano a presiedere il Consiglio dei ministri, succedendo al riberese Francesco Crispi messo fuori gioco dallo disfatta di Adua e dallo scandalo della Banca Romana) e che ha svolto un ruolo di grande rilievo nella nostra economia. A farcelo conoscere meglio - visto che tra l'altro sarà presto recuperato per un uso turistico-culturale grazie ai finanziamenti del progetto Ecomuseo del Mediterraneo - è un interessantissimo servizio corredato da belle immagini fotografiche realizzate dall'autore. Il nostro free press, inoltre, ospita nelle sue pagine un articolo firmato da Valeria Drago dedicato alla Casa Famiglia Angeli Custodi di Pachino, un esperimento di grande rilievo sociale e umanitario, un punto fermo nella scena del volontariato pachinese. Le proposte di letturae approfondimento proseguono con la rubrica «I nostri amministratori»: in questo numero Salvatore Marziano ci fa conoscere Paolo Greco, assessore comunale «pesante», essendo il titolare della rubrica dei Lavori Pubblici. C'è, poi, il consueto spazio poi per le immagini: le tradizionali rubriche tutte da vedere della «Cartolina da Pachino» e «Le vostre istantanee»; due iniziative che hanno riscosso una grande attenzione e che hanno un grande seguito tra giovani ed ex giovani e allarga anche a fidanzati, amici, conoscenti, genitori, nonne, zie, cani, gatti, persino colleghi di lavoro, la possibilità di essere pubblicati sul nostro giornale. Vi ricordiamo che le vostre foto vanno consegnate a Pippo Spiguglia o inviate, come anche qualunque altra comunicazione, racconto o articolo, all'indirizzo e-mail melamedia@tiscali.it.

Per le rubriche, in «Cunti da una terra a tre punte» spazio alla vena narrativa tipica della nostra terra; potrete leggere il racconto di Antonio Amico intitolato «La maschera antica del ragionier Trifilò». Per la consueta rubrica de «La rivoluzione della caponata» poi, si scivola dal contorno ai piaceri del fine pasto, quando il palato reclama qualcosa che sappia di zucchero. Monica Consoli, infatti, ci insegna a fare la pignoccata, tipico dolce siciliano di Carnevale, e invita tutti noi a coinvolgere anche i più piccoli nella preparazione di questo piatto che per ingredienti ha anche l'allegria e la voglia di stare tutti insieme all'insegna del divertimento. Seguono «C'era un ragazzo che come me» - dove Gino Astorina, sempre con spirito carnascialesco ci racconta i sogni e le delusioni che da ragazzino hanno segnato la sua vita - e «Un mondo difficile». In quest'ultima rubrica Carmelo Lazzaro Danzuso ci parla della serata più bella della settimana, quella del sabato, in realtà - a suo dire - controllata da un consorzio segreto di cospiratori. Vi ricordiamo infine che nei prossimi giorni potrete trovare, sempre gratuitamente, il nostro free press nei consueti punti di distribuzione e che il prossimo numero - ricco come quello che leggerete a partire da domani - sarà in edicola con «La Sicilia» a partire dall'8 febbraio 2004.
Fonte: LaSicilia.it il 24-01-2004 - Categoria: Cultura e spettacolo

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Il tempio delle Bugie.

Che Il Rudini fosse stato primo Ministro è cosa risaputa. Come risaputa era la sorte che toccava ai contadini di Pachino che stretti dalla morsa del potere feudale furono costretti a lavorare la terra a mezzadria: che, allora, era l'unica forma economica che veniva praticata in questo territorio.Altro che capitalismo e processi di industrializzazione. O peggio a disprezzo della storia: Archeologia industriale. Erano cosi avidi di soldi e di potere questi cosidetti governanti locali che la sola figlia del Rudini, per i tempi di allora, aveva una dote di circa 700.000 lire l'anno. La signorina viziata era diventata l'amante del noto poeta Gabriele D'annunzio: che amava stare nei salotti damascati con i cavalli arabi bianchi. Dopo averla sfruttata a dovere, il noto italico Vate di Pescara la lascio. E essa divenne, come altre, una perlina nel suo ricco carnet di conquiste femminili. Il Palmento di Rudini, servi per la trasformazione dell'uva in mosto. E la grandezza della struttura è data dalle enormi quantità di terreni che questi "Signori" avevano ereditato e acquisito dal feudalesimo. Il quale, anche allora, era, nonostante la sua abolizione formale, vigente a tutti gli effetti.
Ritengo questa struttura molto importante a livello archietettonico come lo sono altre meno grandi sparse in tutto il territorio,(Maucini,Burgio, ecc) ma il cui principio formale di funzionamento si basa sullo stesso procedimento. Ora la scelta di recuperare quell'immobile( sarebbe interessante capire chi l'ha suggerita) è oramai non più derogabile e deve andare avanti. Ma quello che in effetti mi chiedo da qualche tempo è: a cosa sarà destinata veramente questa struttura????? Chi ci assicura che una volta che cominciano i lavori l'intera opera non venga completamente stravolta come è successo con la Torre Xibini? Sono questi gli interrogativi che dovrebbero circolare fra i cittadini pensanti. Abbiamo esempi eclatanti di incompiute che hanno, a distanza di anni, fatto solo gli esclusivi interessi di alcuni noti professionisti locali: è basta...
L'ospedale di Pachino e il serbatoio pensile sono due esempi illuminanti di come sono andate e andranno le cose in quel di Pachino..Cordiali Saluti. Spiros
Riflessioni sulla destinazione d'uso del Palmento di Rudini.

La tipologia edilizia del Palmento di Rudini è riconducibile a quello di una basilica a tre navate di derivazione romanica. Dove al corpo centrale della sala delle "Fermentine", si appoggiano due corpi di muratura bassi, su entrambi i lati -della navata centrale- che coprono la facciata anche nel lato Sud dell'opificio. La sua posizione a margine della costa in arenaria lo struttura morfologicamente sullo sperone roccioso e trova ideale collocazione anche dal punto di vista verticale. Potendo sfruttare quel dislivello a proprio vantaggio. Infatti nel sottosuolo sono collocati le cantine e i serbatoi per il mosto. Tutta la struttura del complesso edilizio sotterraneo è stato realizzata scavando nella roccia arenaria. Una vera e propria opera d'arte, dell'ingegno e dell'architettura rurale. Che "segna", con la sua presenza, l'economia locale per tantissimi anni( PACHINO). Ora, nel titolo del progetto di recupero del PIT 9 si parla genericamente di Recupero di una "Archeologia industriale". A parte le considerazioni sul concetto di "industria": che forse andrebbe puntualizzata meglio a scala locale. Perchè "l'industria" può anche essere quella delle officine neolitiche dove si lavorava, nelle caverne, l'ossidiana. La collettività riferendosi ad un periodo "industriale" (come concezione moderna dell'industria) può anche essere deviante del vero svolgersi della storia locale.
Pertanto il concetto di "Archeologia Industriale" è un concetto che crea una forzatura in termini semantici in questo territorio. Perchè tenta di isolare l'opifici dal suo vero contesto economico per cui sono stati costruiti: Feudi e Masserie e Palmenti. Con ciò voglio dire che questa struttura rappresenta la fase più ecclettica della "tenuta" del Feudo e non l'industrializzazione dell'economia locale. Ora sulla destinazione s'uso mi si pùò dire: si farà un museo dell' agricoltura e della Pesca. E può anche andare bene, collocandolo in una delle ali laterali. Ma nel grande corpo centrale cosa si vuole e si può realizzare?
Le cantine, potrebbero diventare una banca vera del vino.Insomma, molto si può fare in questa grande struttura. Bisogna renderla un vero polo di accoglienza per la cultura ed il turismo e l'economia locale. Spiros