Corrado Clini, direttore del ministero: "Kyoto è insufficiente, bisogna optare per energie rinnovabili. Come quella nucleare"
(A.F.) «La catastrofe di New Orleans - paradossalmente - mette in evidenza anche la "quasi inefficacia" del protocollo di Kyoto». Corrado Clini, direttore del ministero dell'Ambiente, prima del summit mondiale sul clima in Canada, incontrerà la delegazione guidata da Tony Blair sulle emergenze ambientali.La realtà sugli uragani?
«Una sola. Dobbiamo cambiare approccio culturale a tutto il problema ambientale. Il protocollo di Tokyo, di fronte ai grandi cambiamenti climatici che si manifestano, è ormai piccola cosa. Per questo occorrerà anche approntare, mondialmente, nuove strategie per difendere le zone abitate di costa. Nessuno è attrezzato alle catastrofi che vengono dal mare».
Torniamo a Kyoto... «Poniamo che l'"uragano Usa" dipenda dai cambiamenti climatici, quelli che dovrebbero essere combattuti dal protocollo. Allora vuol dire che eventi estremi di questo tipo - come suggerisce il rapporto dell'Onu - per essere limitati e tollerabili richiedono una riduzione delle emissioni (quelle che provocano l'effetto serra) del 50%-60%».
Invece?
«Il protocollo impegna i paesi industrializzati a ridurre fino al 5%. Emerge un fatto: "Kyoto" è limitato».
Katarina ha messo in evidenza anche altre cose....
«Alcune drammatiche. Come l'assoluta mancanza di gestione dei territori in zone di interfaccia tra mare e terra di fronte ad eventi eccezionali».New Orleans indifesa...
«Questa vicenda assomiglia molto a Venezia. Perché la discussione che continua da 40 anni a Venezia e tende a sottovalutare l'evento eccezionale. L'evento eccezionale poi spazza via tutto».
É emergenza mondiale?
«Sì, per tutte le zone costiere del pianeta. Il protocollo di Kyoto (che riguarda le emissioni) qui non c'entra niente. A livello internazionale ora sta emergendo una riflessione: se non sia urgente orientare una parte delle risorse enormi, impegnate per ridurre le emissioni, per proteggere invece le zone vulnerabili costiere da eventi eccezionali».
L'appuntamento sul clima a Montreal...
«In dicembre. E dovrà tenere anche conto degli scenari usciti dalla discussioni dell'Onu di questa settimana. Clima vuol dire anche povertà...».
Da Blair che farete?
«I maggiori paesi industriali del mondo, assieme a quelli emergenti Cina, India, Brasile, Nigeria, Sudafrica, Indonesia prepareranno la strada al summit di Montreal. Chiaro che non si potrà dire a chi è in fase espansiva: fermate la vostra economia».
Allora?
«Per ridurre le emissioni globali di anidride carbonica dobbiamo accelerare il cambio energetico mondiale. Nel 2030 la domanda di energia sarà superiore del 50% di quella di oggi. Se continuiamo a usare i combustibili fossili (responsabili dell'effetto serra e del riscaldamento del pianeta) aumenteranno del 60%, invece di ridursi del 50. Sono dati della proiezione dell'Agenzia internazionale dell'energia. Occorre cambiare il sistema energetico. Ridurre i combustibili fossili, usare fonti rinnovabili, usare il nucleare e l'idrogeno».
Facile?
«Difficilissimo. Perché questo apre un conflitto enorme con la "cultura tradizionale" che diceva che con il protocollo di Kyoto era chiusa la partita col nucleare».
Qui interviene la politica. «Queste tematiche richiedono visioni di lungo periodo. Negli Usa, come in Italia ci si confronta con i tempi "brevi" della politica. Parliamo del Mose? É scelta che ha una visione di lungo periodo, per affrontare un tema che non appare immediato. Ma ogni volta che c'è un ciclo elettorale si riparte...».
Fonte:
Greenplanet.net/Il Gazzettino il 18-09-2005 - Categoria:
Cronaca