PORTOPALO - Sette anni sono trascorsi da quella tragica notte del 26 dicembre '96 quando 283 immigrati pakistani, indiani e cingalesi persero la vita a 19 miglia dalle coste siracusane. Acque internazionali, tra Malta e la Sicilia. La vicenda ormai la conoscono tutti: il ferry boat maltese "F174" che affonda con il carico umano, i 29 superstiti che vengono sbarcati a Napflion, in Grecia, con la Yioahn, la nave battente bandiera honduregna comandata dal libanese Youssef El Hallal, che aveva trasportato il carico umano in molti porti del Mediterraneo. I reportage di Livio Quagliata per il Manifesto dopo un lancio d'agenzia della Reuters, il silenzio di un gruppo di pescatori del compartimento marittimo di Portopalo di Capo Passero, importante porto peschereccio del siracusano, che all'inizio del '97 nella zona denominata "Siccagno" pescavano i cadaveri di quella tragedia. I silenzi del governo nazionale allora in carica, nonostante un corposo dossier di Dino Frisullo pubblicato nella rivista "Narcomafie", edita dal gruppo Abele. E quindi le indagini di due procure: quelle di Reggio Calabria e di Siracusa nella prima metà del '97, il ritrovamento del relitto nel giugno del 2001 ad opera di un giornalista del quotidiano Repubblica, con le riprese di un robot subacqueo. E per finire il processo che scatta nell'ottobre scorso in corte d'Assise a Siracusa contro il capitano della Yioahn e il basista dell'operazione, un pakistano di nome Sheik Amhed Thurab conosciuto anche come "Mister Tony". La vicenda è più che mai d'attualità e non solo da un punto di vista strettamente giudiziario. La Francia ha detto no all'estradizione di El Hallal. Il libanese non sarà dunque a Siracusa in occasione della prossima udienza di fine gennaio. Eppure di cose il capitano della Yioahn ne avrebbe da dire. Ad esempio le connivenze a livelli istituzionali di cui avrebbero goduto i trafficanti di "clandestini". Lo stesso El Hallal, difeso dall'avvocato Francesco Comi, a maggio dichiarò al quotidiano Repubblica che quello del Natale '96 era stato "un tragico incidente avvenuto durante un business tollerato dai governi" e che "molti potenti in tutto il Mediterraneo sono coinvolti nel traffico di esseri umani", non tralasciando altri aspetti che lo stesso aveva messo in evidenza nel giugno di due anni fa a proposito di traffici di armi e rifiuti tossici, lasciando intendere di sapere molte cose su quegli affari illegali. Qualcuno, da qualche parte, avrà gioito sapendo del diniego dell'estradizione, che il libanese non verrà a Siracusa e che il dibattimento proseguirà con gli imputati contumaci. Ma di quel naufragio se ne parla, e da tempo, anche in importanti contesti culturali. A Milano è stata addirittura lanciata una sottoscrizione per la produzione dello spettacolo "La nave fantasma" scritto dal regista ed attore teatrale Renato Sarti e da Giovanni Maria Bellu, il giornalista che scoprì il relitto su indicazione di un pescatore portopalese. L'obiettivo è arrivare a raccogliere 100 mila euro entro la fine di marzo per coprire i costi di produzione. Anche in Sicilia si stanno allestendo altre iniziative che avranno una portata internazionale. Tra gli artefici c'è lo scrittore siciliano Rocco Giudice, tra gli autori della conferenza teatrale "Il naufragio della verità", opera che va in direzioni opposte rispetto alla produzione di Sarti e Bellu.
Sergio Taccone
Fonte:
LaSicilia.it il 29-12-2003 - Categoria:
Cronaca