Portopalo di Capo Passero, luglio 2006
Cara Romi,
l'isola l'ho sognata a lungo quest'inverno quando la speranza mi aveva lasciato e vedevo davanti a me solo buio. Adesso l'Isola di Capo Passero è davanti a me, la vedo nitida dal balcone del mio albergo. E' proprio davanti a me con il forte spagnolo in restauro, con il faro, con le casupole diroccate che una volta furono sede di una tonnara.
L'isola che ho sognato quest'inverno è il punto d'incontro tra lo Ionio e il Mediterraneo, lì gli uccelli di passo e i gabbiani la fanno da padroni.
Non è grande e per visitarla bastano due ore. E' piccola ma dà lo stesso la sensazione della separatezza e del distacco.
Amo le isole e non perché sono nato in un'isola. Le amo perché danno l'illusione dell'autosufficienza, il mare che le circonda le protegge e le avvolge in un caldo abbraccio. Quest'amore ha un riferimento preciso, un libro, L'isola del tesoro di R. L. Stevenson. Me lo regalò mio zio. Avevo 11 anni. Lo lessi tutto d'un fiato. Vissi vari processi di identificazione. Navigai con Jimmy e il dottor Livesey sull'Hispaniola, fui preso da grande paura quando Long Jon Silver intonò "Quindici uomini sulla cassa del morto.."., risi molto quando sull'isola venne fuori quel bizzarro personaggio che è Ben Gumm. Me lo immaginavo piccoletto, abbronzato e con la barba incolta.
Amavo il lieto fine del romanzo. Ero contento che Jimmy tornasse a casa ricco. Anni dopo mi spiegarono che quello di Jimmy era il classico viaggio d'iniziazione che segna il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Il viaggio aveva cambiato il protagonista di quel romanzo. Non so se Jimmy mi piaccia ancora. Oggi le mie preferenze vanno a Ben Gumm, colui che rimane sull'isola e che, rifiutandosi di crescere, regredisce verso l'infanzia. Ha senso crescere? E' importante sentire il peso delle responsabilità? Ulisse, prima di tornare a Itaca, sosta nell'isola di Ogigia irretito dai richiami amorosi della ninfa Calipso.
Tua madre l'Isola di Capo Passero l'ha dipinta. Un siciliano non l'avrebbe dipinta come ha fatto lei. Avrebbe usato colori forti. Il giallo, l'ocra. Dietro questi colori si nasconde la sofferenza dell'estate.
I colori di tua madre sono lievi. Il suo verde e il suo azzurro sono malinconici. E' una malinconia che però non genera tristezza ma desiderio di sostare e di riprendere fiato. In primo piano ci sono le case diroccate dell'ex tonnara. Esse sono le "case dell' Altrove". Tua madre le ha dipinte per noi. Basta entrarci e saremo come Ben Gumm.
Tratto da LA STAMPA.it
Fonte:
Franco Nobile il 26-10-2008 - Categoria:
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