Oggi l'avvocato degli indagati entrerà in possesso delle bobine su cui è registrata la conversazione tra la capitaneria di Porto di Roma e il peschereccio Chico durante il salvataggio
Un messaggio implicito, che va al di là di un'indagine della magistratura. Il segnale che lo slogan «fermare l'immigrazione clandestina» sta diventando ben più che un proclama, o un auspicio, ma un ordine cieco, a cui chi di dovere fa fronte come può, concorrendo alla precipitazione di un clima di emergenza che nulla a che fare con una buona gestione del fenomeno dell'immigrazione.
«Il mio è un atto dovuto», ripete il procuratore capo di Modica Domenico Palatania, che martedì ha iscritto nel registro degli indagati i cinque marinai siciliani del peschreccio «Chico», per «concorso in favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». I marinai si sono resi protagonisti, nella notte tra domenica e lunedì, del salvataggio di centocinquantuno immigrati, trovati in balia delle onde in acque internazionali, tra la Sicilia e Malta. La barca degli immigrati era completamente fuori uso, in avaria il motore e il radar. Ma il procuratore sta indagando su una presunta rete internazionale, che riuscirebbe a far entrare illegalmente in Italia gli stranieri imbarcandoli su natanti fuoriuso, per poi farli rimorchiare dai pescherecci italiani.
«Io, da magistrato, ho il dovere e l'obbligo di accertare se il salvataggio sia stato casuale o precostituito», insiste Platania, ricordando che l'iscrizione nel registro degli indagati «è un atto propedeutico all'avvio di accertamenti legali indispensabili». Fin qui il lato tecnico, il punto di vista di un magistrato impegnato sul fronte più difficile, quello delle coste siciliane, che sempre più spesso sono il punto d'approdo di carrette del mare carichi di disperati. Ma come l'accusa di «concorrenza in favoreggiamento dell'immigrazione clandestina» a carico dei cinque marinai dovrebbe tener conto del «contesto», per esempio che questo è il primo episodio di salvataggio in mare ad opera di marinai di Portopalo, così è lecito leggere la posizione del magistrato in un contesto più ampio.
Che è quello dei continui appelli del governo all'arresto dell'esodo di persone disperate verso l'Italia, senza mai accennare a una politica più organica del fenomeno migratorio, che non si fermi al mero «respingimento». «Il messaggio è stato lanciato, e si rischia che in futuro qualcuno, per non avere seccature, prima di prestare soccorso ci pensi più volte, magari fingendo di non aver ricevuto, né avvistato, alcuna richiesta in mare», osserva Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa social forum che invita ad organizzare immediatamente forme di protesta contro la nuova legge sull'immigrazione varata dal governo. Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, esprime preoccupazione «pur rispettando l'attività giudiziaria», ma aggiunge: «nessuno la strumentalizzi per campagne razziste a favore di chi dovrebbe preferire far affogare in mare donne e bambini in fuga dalla miseria».
E se i marinai verranno scagionati, Pecoraro Scanio chiederà al presidente Ciampi un riconoscimento per il valore dimostrato dai pescatori. Intanto oggi potrebbe essere un giorno di svolta per le indagini sui fratelli Scala, propietari del peschereccio che ha tratto in salvo gli immigrati. Innanzitutto il tribunale del riesame dovrebbe pronunciarsi sulla convalida, firmata ieri da Platania, del sequestro del peschereccio. Il «Chico», infatti, è ancorato nel porto di Pozzallo da lunedì, sequestrato in quanto natantante «incirimanato». Se il tribunale annullasse la convalida sarebbe possibile per i fratelli Scala tornare in mare a guadagnarsi il pane. Questa mattina, inoltre, l'avvocato dei cinque indagati, Corrado Valvo, dovrebbe entrare in possesso delle registrazioni ufficiali delle comunicazioni intercorse tra i marinai e la capitaneria di porto di Roma, che secondo la testimonianza dei marinai ha guidato le operazioni di salvataggio, autorizzando anche il rientro in Italia.
Quando gli immigrati hanno capito che il peschereccio stava puntando verso Malta, si sono verificate scene di panico che - dicono i marinai - hanno spinto anche la capitaneria di porto di Roma a concedere la rotta verso le coste siciliane. L'avvocato è abbastanza fiducioso, giudica il procuratore «equilibrato», e dice chiaramente: «Non mi sembra proprio che da un punto di vista strettamente tecnico l'accusa mossa ai miei assistiti stia in piedi». I cinque marinai sono stati accusati in base all'articolo 12 del decreto legislativo 286 del '98, quello che mette in atto la famosa legge Turco-Napolitano. «E' vero che da un punto di vista astratto - prosegue l'avvocato - è possibile ravvisare un reato, perché il peschereccio ha trasportato in Italia immigrati privi del visto d'ingresso. Ma non si è mai visto che un articolo venga applicato senza considerare il contesto.
E qui abbiamo cinque marinai in costante contatto con la capitaneria di porto di Roma che si sono trovati di fronte a una situazione critica quando gli immigrati hanno capito che la rotta era verso Malta». Inoltre, continua Valvo: «Non si capisce come si possa dire che c'è favoreggiamento, quando la presenza di persone senza visto d'ingresso è stata segnalata all'autorità, sono i miei assistiti ad aver comunicato che c'era questa situazione, quindi..». Senza parlare del fatto che, come ricorda Valvo «il nostro codice marittimo impone il salvataggio in mare di natanti in difficoltà, se non lo si fa si incorre in omissione di soccorso, allora, delle due l'una: o si stabilisce che si possono lasciare le persone in mare, o non si deve rischiare di incorrere in un'indagine per favoreggiamento».
Comunque l'avvocato intende sostenere una linea difensiva che punti «a sottolineare che non possono essere messi sotto accusa atti di solidarietà e di umanità», più che basarsi sulla "copertura" delle autorità per il rientro in Italia. «Anche se si configura una fattispecie di reato per la legislazione italiana - continua l'avvocato - esistono delle regole iternazionali che impongono di salvare vite umane in mare». I marinai di Portopalo, comunque, hanno il totale appoggio del sindaco della cittadina, Ferdinando Cammisuli, di Alleanza nazionale, che ha coperto tutte le spese legali «e farò di più - dice - chiederò un risarcimento economico per i giorni di lavoro perso a causa del sequestro del peschereccio». Sulla possibilità che i marinai facciano parte di una rete internazionale che traffica esseri umani, Cammasuli è drastico: «Ci posso mettere la mano sul fuoco, garantisco personalmente.
Si tratta di una famiglia onesta, onesta è dire poco. Anche io penso che le mafie internazionali abbiano qualche aggancio in Sicilia, ma certamente non è questo il caso». E d'altronde il sindaco condivide perfettamente il gesto dei «suoi» pescatori: «La vita umana è un valore assoluto, questa gente merita un encomio pubblico, non certo un'indagine. Forse, visti gli ultimi sbarchi, c'è stato un input dall'alto per approfondire le inchieste».
Fonte:
Il Manifesto Quotidiano Comunista il 22-08-2002 - Categoria:
Cronaca