Siracusa, 2 Marzo - "Ho sentito gente urlare e disperarsi, persone che cercavano inutilmente soccorso: siamo intervenuti ma abbiamo fatto quello che era possibile, salvando soltanto una decina di persone". E' uno dei passaggi della testimonianza resa, davanti la Corte d' Assise di Siracusa, presieduta da Romualdo Benanti, di uno dei sopravvissuti al naufragio di Natale del 1996, avvenuto a largo di Portopalo di Capo Passero, sulla costa sud orientale della Sicilia, nel quale morirono quasi trecento persone tra indiani, pakistani e cingalesi. Sullo scranno dei testimoni è stato un pakistano scampato alla tragedia perchè, ha spiegato ai giudici, non riuscì materialmente a prendere posto sulla piccola imbarcazione poi colata a picco e fu dunque costretto, per sua fortuna, a restare sulla "Yohan" la ''nave madre'' dalla quale, secondo l'accusa, i clandestini dovevano essere trasbordati su un' imbarcazione più piccola con la quale avrebbero dovuto raggiungere le coste italiane. Unico imputato nel processo, ma contumace, è Ahmed Sheik Turab, un pakistano residente a Malta, ritenuto l' uomo che organizzo' la parte conclusiva del viaggio dei clandestini che avrebbe dovuto avere come meta l' Italia.
L'uomo, assistito dall'avvocato Giuseppe Cristiano del foro di Siracusa, e' accusato di omicidio volontario plurimo aggravato. Il testimone in poco meno di un' ora ha rievocato le fasi cruciali dell' inabissamento della piccola imbarcazione. Ha raccontato che il barcone sul quale anche lui avrebbe dovuto prendere posto, ma senza riuscirci, era "stipato sino all' inverosimile" e che "le condizioni del mare erano impossibili".
Il pakistano ha spiegato che la piccola imbarcazione con tutto il suo ''carico'' era anche riuscita a compiere una sorta di circumnavigazione della ''nave madre'' prima di inabissarsi. L'extracomunitario ha anche riferito della richiesta, rimasta inascoltata, fatta in quei tragici momenti al comandante della ''Yohan'', il libanese Youssuf El Hallal che originariamente era imputato nel processo, di lanciare la richiesta di soccorso alle autorita' marittime. Il processo e' stato aggiornato al 13 aprile prossimo. In quell'udienza il pubblico ministero Paola Vallario dovrebbe anche sciogliere la riserva sulla possibilita' di rinunciare a ascoltare altri testimoni. Nel processo si sono costituiti in giudizio come parte civile anche i familiari di numerose delle vittime che sono assistitti dagli avvocati Ezechia Paolo Reale, Umberto Di Giovanni e Simonetta Crisci.
Fonte:
Meltingpot.org il 04-03-2005 - Categoria:
Cronaca
Da "La Repubblica" di giovedi 3 Marzo 2005
edizione firenze, pag. 25
di Giovanni Maria Bellu
Siracusa- Sher Kan, 55 anni,pakistano, ha concluso in lacrime la sua testimonianza davanti alla corte d'assise di Siracusa dove si celebra il processo per il naufragio avvenuto nel canale di Sicilia la notte tra il 25 e il 26 dicembre del 19996.
Ma nell'udienza si ieri è emerso che difficilmente, nonostante i drammatici e dettagliati racconti dei superstiti, le 283 vittime avranno giustizia. Il prossimo appuntamento è stato fissato per il 13 aprile. Quel giorno l afase delle testimonianze potrebbe essere dichiarata conclusa. "Ho sentito gente urlare e disperarsi, persone che cercavano inutilmente soccorso, così li abbiamo visti morire", ha raccontato ieri il teste in aula. La più grave sciagura navale della storia del mediterraneo ha, per la giustizia italiana, un solo presunto responsabile, il pachistano-maltese Ahmed Turab Sheik, "Mister Tony", accusato d'omicidio volontario plurimo. Tutti gli altri membri dell'organizzazione di trafficanti d'uomini- almeno ottanta persone distribuite tra l'india, il Pakistan, lo sri Lanka e la Grecia- o sono usciti dal processo o non sono mai entrati nelle indagini se ne conoscano i nomi, i cognomi e spesso anche gli indirizzi. Un risultato determinato la complicate questioni tecnico-giuridiche ( il naufragio avvene in acque internazionali) ma sopratutto dall'assenza di una normativa internazionale che consenta di colpire organizzazioni criminali che operavano in diversi paesi e in diversi continenti.
Il 10 marzo, la corte d'appello di Siracusa deciderà definitivamente sul destino di un altro imputato, il libanese Youseff El Hallal, capitano della "Yohan", la nave della morte. Uscito dal processo per i soliti problemi di giurisdizione, potrebbe ientrarvi se sarà accolto un ricorso presentato dalla procura di Siracusa. In tal caso il processo potrebbe andare ancora avanti con due imputati. Intanto il rapprsentate dei famigliari delle vittime pachistane, Zabihullah Bacha, che ha assistito all'udienza di ieri, ha dichiarato che l'organizzazione dei trafficanti continua ad operare con gli stessi soggetti che, nel 1996, organizzarono il viaggio della "Yohan" e pretesero dai migranti dai 5000 ai 7000 dollari ciascuno. L'unica differenza è che il trasporto clandestino verso l'Europa non viene più realizzato via mare ma in aereo. Nel naufragio del 1996, Zabihullah Bacha perse il figlio Syded Habib che da un anno attendeva il rilascio del permesso di soggiorno da parte delle autorità italiane.
(g.m.b)