Esperienza piena di adrenalina per lo skipper pachinese Francesco Oliveri. Oliveri nelle settimane scorse, è stato protagonista suo malgrado di un'esperienza rischiosa ma nello stesso tempo interessante sia dal punto di vista nautico che da quello umano. “Mentre mi trovavo a navigare in notturna con il mio catamarano a circa 8 miglia da Roccella Ionica, -ha raccontato Francesco Oliveri- ho intercettato una delle tante navi della speranza che trasportavano immigrati. Tecnicamente si chiama “bersaglio”, -ha continuato Oliveri- ma nella realtà dei fatti è una delle tante carrette dove la speranza e la tragedia si fondono insieme. Procedevano al buio, costituendo un pericolo grave per la navigazione, e non rispondevano neanche ai contatti radio”. Lo skipper Oliveri racconta nei dettagli la sua esperienza. “La prima traccia della loro presenza me l'ha data il radar. Sembrava quasi un rimorchiatore di quelli con la plancia a prua. Ho provato a contattarli via radio, ma da loro nessuna risposta. Si avvicinavano sempre di più, fino a quando sono stati veramente vicini. Ho avuto in parte anche paura, poiché la loro navigazione era pericolosa: viaggiavano al buio completo ed io ho temuto che altre imbarcazioni non munite di radar come la mia, potessero avere dei problemi. Per questo ho cercato di avvisare via radio, ed ho contattato la Guardia Costiera. Viste le condizioni di navigazione, le autorità marittime mi hanno chiesto di seguire l'imbarcazione dei clandestini e di segnalare costantemente la posizione in maniera che venisse loro più facile procedere all'intercettazione. Ho saputo poi che erano circa in 200 su quella imbarcazione, probabilmente curdi”.
Una storia, quella di Francesco Oliveri, che fa riflettere. Lui in mare ci va per professione e comunque perché il mare lo affascina. Altri invece in mare rischiano anche di morire e lo affrontano per giungere in una terra promessa, la terra della speranza e delle illusioni. Ora lo skipper Oliveri per 3 mesi andrà a lavorare in Australia, nella barriera corallina, ma nel suo cuore rimarranno impresse le immagini della nave della speranza. “Il mio lavoro è sempre stato pieno di fascino ed all'insegna della libertà, -ha continuato Francesco Oliveri- ed andare per mare costituisce un'attrattiva. Questo incontro però mi ha fatto riflettere non poco. Per certa gente il mare non è una scelta, ma una via obbligata nel tentativo di arrivare alla terra promessa e costruirsi un futuro migliore. Io ho avuto la fortuna di andare in mare per scelta, ma quanti giornalmente mettono in serio pericolo la propria vita ed affrontano i lunghi viaggi della speranza senza avere la certezza di arrivare alla meta prestabilita e tanti sono infatti quelli che non arrivano”. Oliveri fa riferimento ai cadaveri recuperati nel mare di Vendicari. Si è trattato di un ennesimo viaggio della speranza conclusosi tragicamente a poche centinaia di metri dalla riva. “Io sto al timone di grosse barche da diporto usate per divertimento, -ha concluso lo skipper Oliveri- giro il mondo, sto per andare in Australia. Ma per tantissimi il mare è cammino obbligato di sofferenza e spesso di disperazione.”. Negli ultimi giorni il traffico di uomini si è come arrestato in un sol colpo dopo una serie di arrivi continui. Una tregua che fa ben sperare ma che non deve allentare la morsa dei controlli da parte delle autorità che vigilano sulle coste al fine di bloccare il triste mercato di uomini.
Salvatore Marziano
Fonte:
LaSicilia.it il 12-11-2007 - Categoria:
Cronaca