Sezione approfondimenti hahahahahahahahahha
Quando ho letto pseudologia fantastica mi sono detto,visto che non conoscevo il temine, cos'è na cosa che si mangia????
Ho deciso cosi di fare una ricerca....Manco a dirlo al tarlo subliminale senza pitale....corrisponde propriamente a un soggetto da me conosciuto....
Ora capisco molte cose...Un ringraziamento al webmaster che ha segnalato la sindrome....
hahahahahahahahahha
saluti parapsicologici ,Spiros
PSEUDOLOGIA FANTASTICA:
ASPETTI PSICOPATOLOGICI E PROPOSTE TERAPEUTICHE
Alessandra Berti, Giuseppina Fattacciu
Dipartimento di Scienze Psichiatriche Università degli Studi di Genova
- Dir. Prof. R.Rossi -
Introduzione
Trovarsi di fronte ad un paziente che mente è per qualsiasi medico una condizione frequente: il paziente che nega una dipendenza nociva come il fumo o il potus, che giura l'esatta assunzione posologica di farmaci a volte neppure acquistati, è tanto frequente quanto più si è preparati a riconoscerla. Più complicato diventa il ruolo dello psichiatra che si può trovare a dover valutare e gestire tre tipi di menzogna, quella comune del paziente che tende a fare di se stesso il paziente modello; la costruzione fantastica di una realtà inesistente, una situazione che si avvicina al sogno e che lo psichiatra inserisce nell'iter terapeutico come una verità narrativa; ed infine il paziente che mente forse anche all'interno della relazione terapeutica, ma soprattutto, come denunciano i familiari, nei suoi rapporti interpersonali.
La pseudologia fantastica, o più comunemente, la menzogna, intesa come affermazione o dichiarazione, consapevole o volontariamente contraria alla verità e al proprio pensiero, assieme alla impostura messa in atto, dal punto di vista psicodinamico, può essere considerata come un mezzo per dominare sentimenti di disperazione in risposta ad angosce di separazione (1); per ridurre il conflitto tra elevati ideali dell'Io e quella parte dell'Io del paziente svalutata e oppressa dalla colpa (2); per far fronte alla vita con una personalità "come se" o, ancora, per creare un'identita avendo fallito precedentemente in tale scopo (3).
La pseudologia fantastica passa, grazie alla spiegazione psicodinamica, dall'essere considerata un semplice peccato, ad un fenomeno complesso che ritroviamo in situazioni al limite con la normalità, come lo stato ipnagogico, o come sintomo di quadri clinici in cui la coscienza è grossolanamente alterata, come nei convincimenti deliranti, nelle confabulazioni amnestiche, nelle malattie somatiche febbrili descritte da Hoepffner, nella Sindrome di Korsakoff ed, infine, in alcune forme di demenza.
Rispetto ad una possibile diagnosi differenziale tra forme strettamente psicogene e stati a spiccata componente organica, Jaspers individua che nelle prime una contraddizione troppo grande con le condizioni reali tronca improvvisamente la realtà fantastica cosa che non si verifica nelle situazioni in cui prevale l'aspetto organico.
Bleuler, a questo proposito, fa notare che a differenza dei confabulanti e degli allucinati della memoria, i malati con pseudologia fantastica per periodi di varia durata possono anche non accorgersi di vivere in un mondo di sogni e la domanda "è reale o non è reale?" non emerge affatto nel fluire del pensiero. Al contrario, alcuni soggetti sono così persuasi della realtà della loro costruzione fantastica e dotati di un grande talento nell'interpretare conseguentemente una parte che diventano capaci di ingannare facilmente altre persone col rischio di diventare abili truffatori.
Pertanto la pseudologia fantastica si configura non tanto come "anomalia della memoria" quanto piuttosto come un' "anomalia generale "(4) in cui è particolarmente coinvolta la coscienza e in tali circostanze, la menzogna, può assumere il significato di fuga dalla realtà, per cui la soddisfazione soggettiva irreale che dapprima è solo un gioco, può portare alla realizzazione soggettiva del suo contenuto (5).
In queste situazioni appare chiaro che la costruzione fantastica, la menzogna a se stessi, rappresenta il mezzo per ottenere ciò che si desidera senza ritardi o interferenze ma, affinchè il desiderio sia totalmente appagato, lo stato di coscienza deve essere alterato al punto che non esista più la consapevolezza.
E' possibile identificare diversi tipi di menzogna in base al grado di coscienza dell'Io e, partendo da situazioni in cui la consapevolezza è intatta, come la menzogna per giustificazione, misura difensiva normale con evidente guadagno secondario riscontrabile in circostanze particolari come sono, a volte, quelle dell'imputato, del politico del sottoposto colto in flagrante, si può passare a quadri clinici in cui il livello di coscienza è per così dire al limite, come nei Disturbi Fittizi e nelle Personalità Borderline, ed arrivare, attraverso quadri caratterizzati dalla scissione come l'Isteria e la Personalità Multipla, fino al Disturbo Delirante. Particolari tipi di menzogna degne di nota, anche se non rientrano in una dimensione squisitamente psichica, sono le confabulazioni e le fantasie fatte in stato di confusione mentale dove la coscienza dell'Io è pressochè nulla.
Per capire meglio la natura della differenza soffermiamoci sullo stato di coscienza nelle diverse fasi. Premettiamo che nelle nostre riflessioni sulla pseudologia fantastica intenderemo la coscienza in senso jaspersiano cioè come consapevolezza di se stessi e di una realtà esterna separata. E' attraverso questo processo esperenziale, definito da Jaspers "Ichbewusstein" e tradotto come "coscienza dell'Io", che l'individuo diventa cosciente della propria personalità.
Coscienza dell'Io
+
normale
Menzogna difensiva
+/-
al limite
Disturbi fittizi
Personalità Borderline
-
scissa
Personalità multipla
Isteria
Pseudologia Fantastica
--
annullata
Sindromi Psicorganiche
Ci troviamo di fronte al passaggio continuo da uno stato di coscienza ad un altro in cui è impossibile definire delle chiare linee di demarcazione, ma dove si ha una netta variazione rispetto alla consapevolezza (6).
Si tratta di una questione di quantità: maggiori sono la consapevolezza e il controllo, minore è lo spazio di espressione che riescono a trovare i desideri inconsci.
Lo stesso accade per le "bugie patologiche" del bambino che, avendo la loro origine nella fantasia sfrenata, possono essere considerate come un'accentuazione delle caratteristiche psichiche normali di quest'età e quindi, seppur sostenute da meccanismi isterici, corrispondono alla natura stessa dell'infanzia e hanno perciò una prognosi favorevole. Lo stesso non si può dire delle "bugie a se stessi" che possono insorgere in quegli individui che si ribellano a quelle modificazioni proprie di un'età in cui sarebbe erroneo perlare di vecchiaia ma in cui si inizia ad assistere allo scemare di alcune potenzialità fisiche. Queste bugie, in cui la negazione può non essere mimetizzata da vere e proprie costruzioni fantastiche, spesso perdono il carattere di transitorietà e comportano delle modificazioni stabili della personalità caratterizzate dalla modificazione dell'umore con tendenza depressiva.
Passando da queste, che possono considerarsi delle situazioni limite tra norma e patologia, a quadri clinici in cui la pseudologia fantastica acquista un significato strettamente psicopatologico troviamo in primo piano i Disturbi Fittizi i cui sintomi, fisici o psichici, che sono intenzionalmente prodotti o finti dal soggetto e hanno una qualità compulsiva, sono sostenuti da un comportamento cosciente finalizzato al raggiungimento di obiettivi inconsci. Nella Sindrome di Munchausen, descritta da Asher e considerata una forma estrema del comportamento patologico del malato, la "simulazione" può essere consapevole con la ferma intenzione di ingannare il medico, ma può anche verificarsi la patologia fittizia mediante lo sconfinamento verso una progressiva alterazione dello stato di coscienza.
Pertanto spesso risulta difficile determinare se la menzogna sia una distorsione delirante della realtà oppure rappresenti l'intenzione conscia o inconscia di mentire: entrambi questi due aspetti possono essere presenti e alternarsi nello stesso paziente (7).
Nel Disturbo Borderline di Personalità la pseudologia fantastica assume caratteristiche di sistematicità e più facilmente che per altre situazioni psicopatologiche rientra nell'insieme delle attività antisociali, come il furto, il parassitismo e lo sfruttamento degli altri, in cui l'elemento narcisistico fa sì che il contatto con la realtà possa essere mantenuto solo a prezzo della creazione di un falso sè.
La pseudologia fantastica riflette in questi casi sia una grave patologia del Super-Io, scarsamente strutturato e perciò incapace di interiorizzare valori morali, sia una scarsa coscienza dell'Io essendo l'effetto di operazioni difensive di basso livello come l'identificazione proiettiva, la negazione, la svalutazione e l'onnipotenza, e il risultato di gravi alterazioni nel rapporto con la realtà e nei sentimenti di realtà.
Parlando di pseudologia fantastica e disturbi di personalità non possono sfuggirci i complessi quadri della Personalità Multipla e dell'Isteria in cui la costruzione fantastica diventa un mezzo che il paziente utilizza per negare la realtà psichica a cui asserve la persuasione e la capacità di formulare prove apparenti. L'Io è quindi scisso in una parte superficiale che riconosce la realtà ed una parte profonda che la nega.
La tendenza a negare sensazioni e fatti penosi come abbiamo visto risale all'infanzia, quando il bambino soddisfa i suoi desideri negando la realtà spiacevole. Lo sviluppo graduale dell'esame di realtà e quindi delle funzioni dell'Io rende impossibile continuare ad utilizzare i metodi della gratificazione allucinatoria e della pseudologia fantastica. Solo in caso di gravi disturbi delle funzioni di controllo della realtà l'utilizzo della negazione permane come nel caso della Melanconia e della Schizofrenia in cui si assiste ad un restringimento del campo della coscienza, alla polarizzazione di temi deliranti specifici.
Inseriamo a questo punto due casi clinici che possono dare una svolta clinica alla nostra trattazione della pseudologia fantastica.
1° caso clinico
Il primo caso è quello di una giovane donna di 27 anni che da un anno è sposata con il suo fidanzato di sempre. Per chiarire meglio i precedenti della vicenda ci rifaremo alla sorella della paziente, maggiore di lei di otto anni. Per rispetto dell'anonimato chiameremo quest'ultima Luisa e la paziente Chiara. Tra le due sono state sempre evidenti delle differenze sia fisiche che caratteriali: Luisa magra, ipercinetica, del tutto incurante delle regole sociali, tendente ad atteggiamenti trasgressivi, intraprendente sul piano professionale ed affettivo anche se in questo, vista la sua scarsa avvenenza, ha sempre avuto la sensazione di doversi accontentare; Chiara al contrario, nonostante i ripetuti tentativi di cambiamento, è sempre stata grassottella, con uno spiccato senso della famiglia e, accapparatasi quello che considerava un "buon partito", ha perseverato per anni nell'intento di sposarlo. Questo desiderio ha fatto scivolare in secondo piano l'impegno scolastico facendo sì che la minor brillantezza intellettiva venisse nascosta dalla mancanza di volontà. Chiara non ha mai celato un forte attaccamento nei confronti di Luisa che al contrario ha sempre avuto la tendenza a svilire le attitudini della sorella accapparrandosi, senza mai farne segreto, le simpatie materne. Chiara due anni prima del matrimonio, evento che per altro aveva più volte dato la sensazione di essere inattuabile, aveva trovato, suo malgrado, dal momento che non aveva mai nascosto la sua scarsa propensione al lavoro, una occupazione come commessa. Il lavoro e la spinta verso la vita familiare furono i due motivi propulsori affinchè fosse stabilita la data delle nozze. Pochi mesi prima Chiara venne licenziata e proprio quando il matrimonio sembrava compromesso, visto che il fidanzato aveva posto come condizione che entrambi avessero un reddito sicuro, venne chiamata per ricoprire un posto vacante come assistente all'infanzia. Tutto andò apparentemente per il suo verso: le nozze furono celebrate, Chiara entusiasta della vita matrimoniale dopo pochi mesi iniziò a fare progetti per una futura maternità. In questo clima che non lasciava prevedere alcunchè di negativo, Chiara richiese una visita specialistica. Suo marito aveva scoperto un ammanco sul conto corrente di circa otto milioni, preoccupato era corso in banca dove gli era stato riferito che i prelievi erano stati fatti regolarmente dalla moglie. Chiara di fronte alle domande del marito si mostrò colta di sorpresa e negò, anche di fronte al cassiere da cui aveva fatto il prelievo, di aver compiuto alcuna operazione bancaria. In un primo tempo il marito, incapace di credere alla colpevolezza di Chiara, si lasciò convincere ma due mesi dopo, di fronte ad un ennesimo ammanco e alla rivendicata estraneità della moglie, nonostante la firma di lei sui due prelievi, decise di parlarne con i suoceri. Fu in quell'occasione che venne scoperchiato il vaso di Pandora: Chiara si era fatta prestare quattro milioni dal padre e con il tempo ne aveva restituiti due coprendo parte del debito con del denaro ricevuto in eredità. Un altro milione lo doveva ad un'amica e si scoprì che era solita chiedere alla sorella piccole quantità di danaro come anticipi su una divisione di beni che sarebbe stata fatta di lì a poco. In tutto i debiti ammontavano a quindici milioni. Il giorno dopo rispetto all'episodio rivelatore chiese una visita psichiatrica, era affranta, disse di non sapere come aveva speso quei soldi e di essersi trovata di fronte all'impiegato di banca incapace di controbattere le accuse che assicurava essere del tutto infondate. Dopo un lungo colloquio, in cui parlò del suo lavoro e confessò una vita matrimoniale tutt'altro che idilliaca, soffocata dall'avarizia del marito e impossibilitata dall'arroganza di questo a far valere le sue opinioni, la dimensione depressiva sembrava avere il sopravvento su qualsiasi altra diagnosi, pertanto si rese necessaria la prescrizione di un lieve ansiolitico e di un antidepressivo serotoninergico. La sera stessa il marito infuriato telefonò al curante dicendo che la moglie non era ammalata e che proprio quella sera aveva fatto un controllo accurato dei movimenti bancari dell'ultimo anno ed era evidente che anche il giorno stesso del colloquio Chiara aveva fatto un prelievo ingiustificato.
Dopo due giorni Chiara chiese di anticipare il successivo appuntamento e non esitò a confessare di aver raccontato, cosa del resto già evidente per il terapeuta, un sacco di frottole: un mese prima del matrimonio era stata licenziata dall'asilo e nel timore che il marito potesse addurre quella scusa per rimandare la data del matrimonio, da allora fece finta di lavorare pagandosi ad ogni ventottesimo giorno del mese lo stipendio. Questa storia potrebbe passare per una furbesca menzogna se non fosse che Chiara, dopo i primi mesi in cui era perfettamente consapevole di mentire, credette davvero di lavorare all'asilo tanto che usciva tutte le mattine per recarsi al lavoro, rientrava regolarmente dopo quattro ore e parlava con i familiari delle difficoltà o degli episodi che si sarebbero svolti sul lavoro. Quando il marito la portò di fronte al cassiere dal quale aveva ritirato il danaro che a fine mese le era indispensabile per concretizzare il suo stipendio, non riuscì davvero a capacitarsi del perchè quell'uomo, a cui abitualmente consegnava i suoi risparmi, stesse in quel momento, di fronte a suo marito, cambiando le carte in tavola.
Tenendo conto della grave situazione relazionale che si era creata con il marito, Chiara, consapevole che in quel momento l'avvallo psicopatologico avrebbe potuto ristabilire le sorti del matrimonio, chiese una visita alla presenza del marito. Non fu difficile descrivere Chiara come una donna frustrata e depressa incapace di far fronte al licenziamento, sebbene dietro un sottile velo psicopatologico esistesse una forte intolleranza della paziente verso il marito.
Da quel momento Chiara sentì il terapeuta dalla sua parte ed accettò una serie di colloqui al fine di chiarire meglio la situazione: tuttavia ogni volta che emergeva l'ambivalenza e la sua dipendenza dal marito la paziente metteva in atto la negazione fino al punto di considerarsi guarita ed interrompere sia i colloqui che la terapia farmacologica.
A sei mesi di distanza Chiara chiese un'altra visita e con atteggiamento trionfale annunciò di aver preso la patente, di essersi iscritta ad un corso paramedico e nel frattempo di aver trovato un lavoro modesto che però le permetteva di sbarcare il lunario.
Passarono ancora alcuni mesi prima che la paziente affranta ritornasse dal curante raccontando che un vigile, fermatala per un'infrazione del codice stradale, aveva scoperto che il foglio rosa sostitutivo della patente era falso, da lì la denuncia e l'ennesimo disvelamento della menzogna: il lavoro era inesistente e così anche il corso sebbene frequentasse alcune lezioni di ortopedia che le permettevano di sostenere la menzogna.
A questo punto la situazione psicopatologica era evidente: la menzogna si inseriva nella negazione maniacale che cadendo dava luogo al risvolto depressivo.
2° caso clinico
Il secondo caso che come vedremo presenta una serie di analogie con il precedente, è quello di una paziente di 53 anni ricoverata dopo un tentativo di suicidio nella nostra clinica e a tutta prima diagnosticata come una paziente affetta da un Disturbo Bipolare. Ultimogenita in una famiglia con altri sette figli e con una situazione economica disastrosa, non le fu mai fatto segreto di essere stata indesiderata al punto che da quando la paziente ricorda il suo unico desiderio fu quello di sposarsi e lasciare la casa paterna. Sicuramente la brama di evadere fu alla base della prima relazione fallita che la lasciò sola con un figlio. La situazione divenne insostenibile per la famiglia che supportata dai motivi morali indusse la paziente a rifugiarsi presso un istituto religioso. Dopo poco tempo conobbe l'attuale marito che per il momento tragico che attraversava e per le origini poco più che modeste di lui, le apparve come "l'occasione della sua vita". Si sposò ed ebbe altri tre figli, le ultime due gemelle, di cui una con un grave deficit uditivo. La paziente, che fino a quel momento aveva svolto attività infermieristica, decise di fare domanda di pensionamento possibile in base agli anni di anzianità lavorativa, e di dedicarsi all'educazione della prole mantenendo un minimo di attività "in nero" che le permettesse di arrotondare il salario del marito. Di fatto la paziente non lavorò più ma, per evitare di essere considerata mantenuta, saltuariamente si assentava da casa dicendo di dover fare delle assistenze domiciliari e in quelle occasioni consegnava al marito i guadagni ottenuti. Difficile individuare dal suo racconto quando il rapporto con il marito iniziò ad essere insoddisfacente ma sicuramente l'incombere dei suoceri, che continuavano a considerarla come una donna di malaffare, contribuì non poco al fallimento dell'unione. In tutto il periodo lavorativo la paziente continuò ad inviare mensilmente un assegno alla madre che, nonostante la pervicace malevolenza verso la figlia, rimasta vedova accettava dicendo di non riuscire a sbarcare il lunario. Fu proprio questo esborso mensile che per qualche tempo giustificò agli occhi del marito i continui prelievi della paziente dal conto corrente bancario. Ma la storia, così come noi l'abbiamo conosciuta, ebbe inizio dal tentativo di suicidio fatto nel momento in cui il coniuge chiese una spiegazione agli ammanchi finanziari per non essere costretta a rispondere di una serie di debiti contratti negli ultimi quattro anni per un ammontare di un centinaio di milioni. La paziente da tempo era assidua del monte di pietà dove impegnava alcuni preziosi regalati ai figli nelle ricorrenze e, incapace di riscattarli, chiese al figlio maggiore di versarle una cifra mensile per coprire le spese sanitarie della sorella handicappata; nel frattempo, avendo accettato all'insaputa del marito un aumento del canone di affitto, chiese più volte dei prestiti a delle amiche giustificandoli con il tentativo di non far sapere al marito che il figlio maggiore le prestava violenza ogni qual volta non soddisfacesse alle sue richieste economiche. Ma inspiegabilmente, visto che lo stipendio del marito sarebbe stato sufficiente per provvedere alle necessità domestiche, la paziente chiese per due volte alla banca un prestito: la prima volta raccontando di aver perso lo stipendio del marito e di non volergli infliggere quella notizia, la seconda raccontando di dover far fronte alle spese funerarie della madre. Sicuramente la quantità di denaro chiesta a prestito non era giustificata da nessuna delle cause elencate dalla paziente e tanto meno poteva essere attribuita a delle spese inconsulte fatte durante dei periodi di eccitazione maniacale dal momento che nessun oggetto di valore aveva varcato la soglia di casa negli ultimi anni e comunque nessuno fu in grado di ricordare dei suoi momenti euforici. La paziente portata dal marito di fronte ai poliziotti negò di essere vittima di ricattatori e tanto meno di essersi indebitata con degli usurai, tutto quello che riuscì a dire nel tentativo di porre rimedio alla situazione fu di non ricordare e di essere certa di non aver mai fatto debiti.
Ovviamente durante il ricovero fu importante ai fini diagnostici cercare di far luce sulla situazione. In un primo tempo la paziente si ostinò nel dire che non ricordava e questo indusse una serie di esami neurofisiologici e psicometrici per escludere delle patologie organiche. Successivamente assicuratole il segreto professionale raccontò di aver sempre mentito al marito sui soldi dal momento che nonostante l'apparente paciosità era solito chiederle ragione di ogni minima spesa.
Durante il ricovero, in cui la paziente fu curata con antidepressivi serotoninergici e della carbamazepina, sembrava esser più depressa ogni volta che aveva occasione di incontrare il marito, mentre con gli altri, pur lamentandosi per la sua situazione, sembrava più che altro cercare una via d'uscita alla situazione.
Sicuramente il fatto di essere ricoverata e di vedere riconosciuta la sua situazione come patologica fu uno dei motivi principali e per il tentativo di perdono da parte del marito e per sfuggire definitivamente dal dover giustificare ulteriormente i debiti.
E' utile precisare che la paziente dichiarò sempre di non essere una giocatrice di azzardo nè di spendere per motivi extrafamiliari.
Considerazioni psicodinamiche a margine
I due casi riportati evidenziano chiaramente come la pseudologia fantastica sia finalizzata al rifiuto della realtà mediante l'inganno di se stessi, cioè, come esplicita Jaspers "Ci si rifugia dalla realtà nelle fantasie che permettono di creare facilmente ed abbondantemente, come per magia, ciò che sarebbe difficile e frammentario se dovesse essere realizzato. Le fantasie risultano in relazione con i desideri che nascono dalle inibizioni e dalle deficienze della esistenza individuale e, pur essendo irreali procurano un sollievo" (5).
Anche Fenichel riassume il ruolo difensivo della pseudologia fantastica nel fatto di negare le realtà spiacevoli sostituendole con realtà migliori e paragona questo alla creazione di "screen memories" (memorie schermo). Una differenza importante è che il paziente crede che la memoria schermo rifletta esattamente la storia, mentre la pseudologia fantastica è, almeno parzialmente, una costruzione mentale cosciente (8). Secondo Winnicott e Khan la pseudologia fantastica potrebbe essere vista come l'elaborazione e lo sfruttamento del falso sè assicurando un manto di segretezza nel regno del vero sè, vulnerabile e sottosviluppato (9) (10).
La segretezza implicata nella pseudologia fantastica procura un'area inviolabile, dove l'identità soggettiva del paziente non è a rischio e protegge il vero Io dalle intrusioni e violazioni. Mentre può sembrare che ci sia della creatività nelle fantasie, l'esperienza del paziente è fondamentalmente schizoide e dissociativa, dove la self-reflection e l'interpretazione dell'esperienza soggettiva sono limitate o assenti. Il mantenimento della pseudologia fantastica implica la fiducia nell'onnipotenza e la creazione di oggetti soggettivi sotto l'unico controllo del paziente. La realtà esterna è negata da un mondo interno affascinante, seducente ed eccitante nel quale tutto è possibile.
La menzogna può nascere dalla necessità di gratificazione narcisistica come compenso ad un fragile senso dell'Io e ad una scarsa autostima, e quindi come una forma di idealizzazione dell'Io allo scopo di aumentare l'autostima. Il diniego permette al paziente di ignorare parti del mondo esterno e dell'esperienza soggettiva; mediante la svalutazione gli oggetti esterni vengono respinti, ignorati o distrutti in modo vendicativo. Gli oggetti esterni sono a tal punto considerati "cattivi", secondo il meccanismo della scissione, che il mentire è ciò che meritano, è la giusta modalità di rapportarsi con loro. Anche la perdita del controllo dgli impulsi, senza adeguati canali di sublimazione e la perdita della tolleranza dell'ansia a causa del mancato sviluppo di alternative tecniche per ridurla, possono indurre alla menzogna (7). La pseudologia fantastica può anche riflettere una transitoria perdita del reality test che Kernberg collega alla patologia del Super-Io (11).
Proposte terapeutiche
Così come abbiamo affrontato la trattazione di questo complesso fenomeno su due piani distinti, quello psicopatologico e quello più strettamente psicodinamico, crediamo che la terapia di questo sintomo debba tenere conto di entrambe queste dimensioni.
Ripercorrendo le situazioni cliniche descritte, sia quelle al limite con la norma, sia quelle francamente patologiche, è possibile intravedere al di là del sintomo una spiccata componente depressiva che, ad esclusione di quella connessa alla "bugia patologica dell'infanzia" che tende a nullificarsi con lo sviluppo psichico e l'innescarsi di altri meccanismi di difesa, deve essere affrontata in modo adeguato.
L'individuare nella pseudologia fantastica una componente depressiva che si manifesta con un sintomo che per le sue conseguenze può considerarsi antisociale ci ha portato ad identificare nella Sertralina l'antidepressivo di elezione.
Ma limitarsi a quest'aspetto sarebbe riduttivo rispetto ad un fenomeno così complesso e variegato e, a nostro parere significherebbe negarne la componente psicologica a favore di un riduttivismo organicista. Per cui riteniamo la pseudologia fantastica un sintomo sentinella che più di altri dovrebbe indurre lo psichiatra verso la scelta di un trattamento integrato tenendo conto che si tratterà di un trattamento difficile visto che il paziente con pseudologia fantastica più di altri tende a proiettare il proprio Io e Super-Io sul terapeuta che quindi prima o poi verrà visto come disonesto.
Il paziente può mentire allo scopo di ottenere una posizione di superiorità e di controllo sul terapeuta e protezione dalla punizione nel caso che la menzogna venga scoperta oppure con il fine di sfruttare la relazione terapeutica. Se però il terapeuta per il "quieto vivere" decide di non scoprire la menzogna allora il paziente può iniziare a credere che il terapeuta sia incompetente o sciocco e si assisterà all'intensificarsi di sentimenti di disperazione relativi al fallimento di ogni tentativo di stabilire una autentica relazione interpersonale.
A questo proposito concordiamo con la linea guida suggerita da Kernberg che sostiene che tutte le volte in cui uno psicoterapeuta si accorge delle menzogne del paziente, dovrà creare prima di tutto un confronto aperto seguito dalla completa esplorazione di questo comportamento e una conseguente elaborazione che porti alla risoluzione dello stesso (11). Bisogna tener conto che in questo modo si può correre il rischio, smascherando la menzogna, di perdere il paziente in quanto incapace di sopportare la realtà dei fatti; per contro invece "se siamo solo capaci di essere buoni, disposti ad aiutare, se entriamo nelle macchinazioni del paziente e se accettiamo la sua versione della verità, anche se abbiamo ragione di pensare di essere veramente disprezzati se lo facciamo, rischiamo di creare nient'altro che una pseudo-relazione, non aiutando così i pazienti ad affrontare i loro problemi. Se non siamo all'altezza delle loro esigenze, diventiamo come i loro oggetti abbandonati, delusi, ci trattano come pensano che meritiamo e, abbiamo delle ragioni per pensare che siano anche sollevati" (12).
La questione del segreto: il giusto dosaggio del Super-Io
Lo psichiatra che ha in cura un paziente tendente alla pseudologia fantastica deve mettere in conto fin dall'inizio del trattamento che potranno svilupparsi inevitabili risvolti medico-legali. Pensiamo ad esempio alle notevoli implicazioni giuridiche che possono derivare da testimonianze o denunce prodotte da pazienti che presentano questo tipo di disturbo.
Nelle situazioni in cui la coscienza dell'Io è gravemente alterata essendo perduta la possibilità di valutare la realtà, le rappresentazioni del sè ed oggettuali sono scarsamente delimitate o addirittura vi è un'identità delirante. La rabbia, l'impulsività e la propensione alla proiezione fanno sì che spesso persone completamente estranee possano essere accusate di atti dei quali il vero responsabile è il paziente stesso. In particolare il paziente borderline può essere particolarmente convincente nella sua versione distorta o mendace. E' pertanto importante che il giudice venga informato sulla diagnosi differenziale tra bugia, menzogna patologica, delirio e così via quando un paziente affetto da pseudologia fantastica appare come testimone o come accusato.
Da entrambi i casi presentati emerge la minaccia di conseguenze anche gravi della menzogna di cui i pazienti sono responsabili e che pone lo psichiatra di fronte al dilemma della scelta tra il possibile danno a terzi, la violazione del segreto professionale e il fatto di sottoporre il paziente a dei provvedimenti restrittivi come il ricovero e, nei casi estremi, l'inabilitazione. Si tratta di alternative che mettono in discussione i concetti di segreto, fiducia, supporto, rispetto,sicurezza e riserbo fondamentali nella pratica medica e ancor più rilevanti nell'area psichiatrica che non può prescindere dal diritto di autonomia e libertà del paziente.
Crediamo che in questi casi sia fondamentale stabilire con il paziente delle linee guida all'interno del contratto terapeutico:
- chiarire con il paziente quale tipo di informazione potrà essere fornita (la contraffazione del foglio rosa come nel caso di Chiara)
- il consenso ad un ricovero che potrà rendersi utile non tanto a modificare una linea di condotta, ma a salvaguardare il paziente dalla responsabilità delle azioni commesse (come abbiamo visto nel secondo caso clinico)
- l'eventualità che intervenga nella relazione terapeutica un altro psichiatra con funzioni peritali
- chiarire con i familiari le differenze tra ruolo medico, peritale e di generico moralizzatore essendo evidente dall'inizio che il "così non si fa" non serve a nulla.
BIBLIOGRAFIA
(1)Ford C.V. Somatizing disorders. Illness as way of life. Elsevier, Biomedical, N.Y., 1983.
(2)Deutsch H. The imposter: contribution to ego psychology of psychopath. Psychoanalytic Quarterly, 24, 483, 1955.
(3)Greenacre P. The imposter. Psychoanalytic Quarterly, 27, 359, 1958.
(4)Bleuler E. Trattato di Psichiatria. Feltrinelli, 1967.
(5)Jaspers K. Psicopatologia Generale.
(6)Berti A., Uva V. Menzogna e stati di coscienza. Riv. Sper. Freniatr., Vol CXIX, N.5, 1995.
(7)Snyder S. Pseudologia fantastica in the Borderline patient. Am. J. Psychiatry, 143:1287-1289, 1986.
(8)Fenichel O. The economics of pseudologia fantastica. In the collected papers of Otto Fenichel, second series, Northon, N.Y., 1955.
(9)Winnicott D.W. Dreaming, fantasying and living. In playing and reality, London, Tavistock Publication, 1971.
(10)Khan M. Secret as potential space. In Hidden selves, N.Y., Int. Univ. Press, 1983.
(11)Kernberg O. Sindromi marginali e narcisismo patologico. Boringhieri, 1990.
(12)Brenman E. Hysteria. Int. J. Psycho-Anal., 66, 423, 1985