PACHINO - Il geologo Alberto Rabito ha effettuato uno studio basato sull' interpretazione etimologica del termine "Kalafarina". "L'obiettivo - afferma Rabito - è di fornire un ulteriore tassello alla riscoperta del nostro patrimonio culturale. Alla ricerca bibliografica ho accompagnato indagini di campagna e un po' d'intuito. Su questo sforzo mi attendo ogni tipo di critica, utile per ricominciare da punti di vista diversi. Se, diversamente, potrà offendere qualcuno mi scuso in anticipo". La linea interpretativa fornisce due versioni che nell'insieme evocano punti in comune: da Kalòs, Kalè, Kalon equivalente a bello, propizio, nobile, comodo, favorevole, buono, a Faragcs (pronuncia Faros ) che si traduce in spaccatura, baratro, dirupo. Da qui la pronuncia Kalè faragcs ovvero Kalafarina (Bella Spaccatura). "La grotta era il luogo d'incontro del divino e dell'umano, centro spirituale e iniziatico del macrocosmo e del microcosmo. - aggiunge il geologo - La grotta, la chiesa, la casa, il tempio sono rappresentazioni del principio femminile, il grembo della Grande Madre, unica manifestazione comune a tutti gli dei, che nel suo aspetto creativo si identifica con Iside, Demetra, Cibele, Ishatar, Sophia, Maria". Così il mistero della generazione, incarnato nelle varie figure delle Grandi Madri, arriva fino alla Madonna cristiana.
Secondo Rabito infatti è curioso che ancora oggi, come se si volesse rimarcare una continuità di un rituale, non è difficile imbattersi nella credenza che la grotta Calafarina si estenda fin sotto la Chiesa Madre di Pachino, credenza che lascerebbe piuttosto sottintendere una complementarità tra i due luoghi di culto a ricordo della commistione tra riti pagani e cristiani. La seconda versione etimologica, con alcuni punti in comune, è Kalon Far ovvero "buon farro" ( buon grano) riferito ad un luogo dove si produceva un buon grano o frumento, il più antico nutrimento, abbrustolito o ridotto in farina, usata nei sacrifici mista a sale. In primavera è possibile notare nell'area circostante Calafarina una rigogliosa vegetazione a graminacee selvatiche, per cui l'abbondanza di questa specie dovette attirare l'attenzione su quella terra molto fertile.
Sergio Taccone
Fonte:
LaSicilia.it il 20-04-2004 - Categoria:
Cultura e spettacolo