L'alternativa al petrolio? Cresce nei campi

Ad Albettone (VI) il titolare di un'azienda agricola sta sperimentando la coltivazione di un pioppeto ad uso energetico


L'alternativa al petrolio alberga anche a Vicenza e fa rima con pioppeto. Ne sa qualcosa Federico Pagliarin, titolare dell'azienda agricola "Alla Melia" di Albettone, che da alcuni mesi sperimenta la coltivazione di piante ad uso energetico, per produrre elettricità da biomassa.
Nell'azienda di Albettone, tradizionalmente dedita alla coltivazione di ortaggi, leguminose e mais e all'allevamento di bovini, sta prendendo piede un'altra coltura che cresce a ritmo inarrestabile: quella di 10.000 pioppi da "convertire" in energia pulita. Secondo un modello che potrebbe allargarsi a tutta la provincia, sulla scia di quanto già da tempo accade nei paesi del centro-nord Europa come la Germania.

Le biomasse sono materiali di origine biologica (legname, scarti di attività agricole) utilizzati in apposite centrali termiche per produrre energia elettrica che poi viene venduta alla rete. Trarre energia dalle biomasse consente di eliminare in modo ecologico i rifiuti prodotti dalle attività umane, produrre energia elettrica e ridurre la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio.
I biocombustibili sono energia pulita perchè liberano nell'ambiente le sole quantità di carbonio che hanno assimilato le piante durante la loro formazione ed una quantità di zolfo e di ossidi di azoto nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili. «Da quando si è detto no al nucleare - spiega Pagliarin - gli altri stati europei si sono lanciati sulle biomasse, l'Italia invece ha perso tempo e non ha sfruttato il suo alto potenziale, sia in termini di colture, sia di allevamenti». Per ora è la centrale di Porto Tolle, la destinazione del legname prodotto dall'azienda "Alla Melia", ma il sogno del titolare è quella di creare delle piccole centrali a livello locale: «La mia coltivazione riesce a produrre 300 quintali per ettaro di sostanza secca, equivalenti a un milione e 350 kilocalorie.
Lo stesso potere calorifico di 100 quintali di gasolio. Va da sè che le biomasse non inquinano e rispondono perfettamente al protocollo di Kyoto, che impone all'Italia la riduzione entro il 2012 di circa il 7% delle emissioni di gas serra. Inoltre il costo dell'impianto si ammortizza in 20 anni, ma i risultati si hanno da subito. Entro 50 anni le biomasse potrebbero soddisfare una buona parte del consumo energetico mondiale, dal momento che il petrolio costa sempre di più».

E un ulteriore premio a chi imbocca la strada delle fonti energetiche alternative è la vendita dei certificati verdi emessi a favore degli operatori con impianti "puliti": si tratta di una forma di incentivazione che premia i produttori di energia da fonti rinnovabili. E i vantaggi delle biomasse, dicono i sostenitori, non possono essere sottovalutati: la loro abbondanza, la capacità di rigenerare terre desolate e di creare occupazione.
Inoltre non contribuiscono all'effetto serra e garantiscono una migliore protezione del suolo dall'erosione, in caso di esondazione. Non solo: «Per ottimizzare i risultati - aggiunge Pagliarin - nello stesso terreno dei pioppi è possibile coltivare, e io lo sto facendo, anche le leguminose che arricchiscono i campi di azoto. Se le istituzioni investissero su questo tipo di coltivazioni preserverebbero il territorio. Invece la speculazione edilizia ha ridotto le città a distese di capannoni e aree industriali che non servono. Vorrei divulgare questa soluzione alle aziende agricole della provincia per creare una cooperativa che produca biomassa.L'agricoltura è una miniera che finora nessuno ha voluto valorizzare. Noi agricoltori siamo stati bistrattati dal sistema burocratico e giudiziario. Così, uno che produce legname è trattato come uno che produce cromo esavalente. Gli agricoltori, invece, sono i promotori dell'ambiente. Per questo dovrebbero darci ascolto».
Fonte: Il Gazzettino il 03-11-2005 - Categoria: Cronaca

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