Pochi prodotti della terra hanno raggiunto con straordinaria rapidità una rinomanza «universale» come il pomodoro di Pachino. Il noto pomodoro «ciliegino» è ormai un ingrediente insostituibile in cucina, e per i coltivatori di Pachino, grazioso centro di pescatori del Ragusano, è diventato una sorta di «tesoro». Fonte di redditi inimmaginabili fino a pochi anni fa. Ma in questo periodo c'è un altro pomodoro siciliano che sta facendo molto parlare di sè. Per esigenze promozionali è stato ribattezzato «pomodorino dei Nebrodi», ma nella Sicilia orientale da generazioni è conosciuto come «U pomadoru i scocca», o «u miccittu siccagnu», un frutto indigeno, coltivato in modo biologico, la cui forma ricorda quella di un ciliegino un po' allungato, alla cui estremità c'è un caratteristico «capezzolo». E' di una bontà unica. Il suo unico difetto è che se ne è sempre prodotto poco, sicchè più che di prodotto di nicchia si deve parlare di prodotto destinato all'esclusivo consumo nel mercato locale. Se non domestico. Ma in un prossimo futuro non sarà più così perchè «u miccittu siccagnu» è al centro di una vasta azione promozionale che coinvolge diversi soggetti territoriali della zona di Milazzo e di Capo d'Orlando. Il rilancio di questo prodotto, famoso per la sua prelibatezza («neanche un paragone con il ciliegino di Pachino», giura il cavalier Salvatore Zullo dell'Associazione Sikania di San Filippo del Mela), è cominciato qualche settimana fa nel corso di un convegno svoltosi a San Marco D'Alunzio.
Nel concreto politici e imprenditori agricoli locali hanno deciso di allargare la base produttiva di questo ortaggio pregiato, nella convinzione che per le sue note virtù (il suo singolare sapore, e il suo intenso e gradevole profumo) possa rapidamente affermarsi in altri mercati. E garantire una nuova prospettiva di sviluppo al territorio da cui proviene.
Il pomodorino dei Nebrodi si chiama «a scocca» (che in siciliano significa «a grappolo») perchè viene conservato durante l'inverno appeso a grappoli su una ninfa, una canna spezzata, in luoghi arieggiati. Singolare anche il metodo di coltivazione. Cresce sulle cosiddette «terre forti» di natura argillosa (soprattutto nella Valle del Mela, sopra Milazzo) dopo che i terreni sono stati dissodati a solchi profondi 70 centimetri e larghi 40. E dopo che su questi solchi a novembre sono stati seminati lupini e fave che, essendo piante grasse, rendono più umido il terreno. Qualcuno vi aggiunge anche dello stallatico. A opera completata i solchi vengono richiusi per piantarvi i pomodori. L'uso del «miccittu» nella cucina siciliana è frequente, come nella pasta alla carrettiera o nel pesce stocco (lo staccafisso) alla trappitara. E ancora nella tipica focaccia messinese, con sarde salate, scarola bianca e provola dolce di Montalbano. Per ora il prodotto è difficilmente reperibile. In centro a Padova, per esempio, lo si trova in una bancarella di Piazza della frutta, la Campese.
Fonte:
Il Mattino di Padova il 26-05-2003 - Categoria:
Economia