«Aimola! Aimola! Aimola e jamuninni! … Aimola e tira tira / Vota bedda Catarina / Lu 'nfernu e autri mari / Stu Ddiu nn'havi a jutari / Mannannu'n salvamentu: Arburi, navi, 'n puppa lu ventu / Bon portu suttaventu»: anno 2000 ultima «cialoma» (canto della mattanza) dei tonnaroti di Capo Passero. Anno 2004 si spegneva «l'ultimo dei Gattopardi» e ultimo proprietario della tonnara, il Cav. Pietro Bruno di Belmonte. Membro del Parlamento e braccio destro di Giolitti, Don Pietro agli inizi del Novecento con una capacità imprenditoriale all'avanguardia per i tempi, era riuscito ad armare la tonnara realizzando l'allungamento del pedale fino a 4000 metri, facendovi convogliare migliaia di tonni, innovazione che fece primeggiare la tonnara di Capo Passero su quella più famosa di Marzamemi. Il rito millenario della mattanza animava il cristallino mare tra l'Isola di Capo Passero e la costa sin da tempi remoti, come documentato dal rinvenimento avvenuto nel 1981 dei resti di uno stabilimento per la lavorazione e conservazione del tonno di età greco-romana con vasche in pietrame e malta a Scalo Mandre.
La tonnara di Capo Passero, citata già in un diploma angioino del 1275, verrà concessa a Giovanni Landolina nel XIV secolo; nel successivo e sino al XVIII alle famiglie Ruffino, Bellia, Rao Torres e Nicolaci. Del complesso della tonnara con lo stabilimento, la loggia, la balata, i magazzini, la fornace, la dimora padronale e la chiesetta della SS. Annunziata con la croce di Malta, oggi resta il fascino di un edificato industriale abbandonato e in via di rovina. Si impone l'imperativo categorico del recupero, della salvaguardia e valorizzazione di uno dei più antichi e cospicui esempi tra le tonnare di Trinacria.
Laura Cassataro
Fonte:
LaSicilia.it il 14-04-2012 - Categoria:
Cultura e spettacolo