L'espressione «fare cappotto» viene dal gergo marinaro e in particolare da quei specialissimi pescatori che sono i «tonnaroti», cioè i pescatori di tonno. Tutti sanno che la pesca del tonno è una delle arti più antiche e più cruente, per via della mattanza. A colpi di fiocina o uncini i tonni presi nella rete vengono arpionati e gettati sulle barche. Con grandi sbattimenti e perdite di sangue.
Questo rito, che tanto ha indignato gli animalisti, è quasi scomparso in tutto il Mediterraneo, ma per ragioni economiche. Ne restano però il ricordo, i relitti, le costruzioni, la leggenda e il mito. Che hanno consegnato al linguaggio comune anche espressioni come questa. Le pronunciavano dalla riva mogli e figli dei pescatori quando vedevano agitare sulla barca del «rais» (il capo della tonnara) un vecchio cappotto. Il rais infatti decideva tutto sulla mattanza e valutava anche la quantità di pesce catturato.
Lo comunicava a riva, dov'era lo stabilimento, con delle bandierine colorate perché ci si preparasse a lavorarlo. Ad ogni colore corrispondeva un certo quantitativo. Quando la pesca era straordinaria e la quantità di tonno pescato era del tutto esorbitante, il rais aveva nella barca un vecchio cappotto. Allora agitava quello. Ed era un segno di giubilo per chi era a terra: si suonava la campanella che chiamava tutti a raccolta sul molo a festeggiare, aspettando l'arrivo delle barche cariche di tonno e si gridava:» Cappotto, cappotto, hanno fatto cappotto! abbiamo fatto cappotto!». Una pesca come una supervincita, una pesca miracolosa che assicurava lavoro e ricchezza a tanta gente.
Tutto questo si può ancora sapere e vedere in un luogo storico e magico della mattanza: la tonnara di Capo Passero, in Sicilia, il posto più a Sud d'Europa (8 gradi sotto Tunisi), dove una cooperativa di ex tonnaroti, insieme al vecchio barone padrone della tonnara e ad un altro imprenditore, stanno cercando di far rivivere quelle antiche emozioni, ridando lavoro e speranza a tanta gente che ci viveva intorno.
E' un modo intelligente di rinnovare le tradizioni popolari, senza tradirle, ma trovandovi una funzione nuova. Oggi, oltre quella tradizionale della pesca di qualunque pesce (i tonni sono sempre più rari, incettati in alto mare dalle nuove tecnologie giapponesi dell'allevamento e delle navi-fattorie), vi è quella turistico-culturale: un reddito integrativo che può aiutare a far rivivere la cultura del lavoro marinaro, in specie della pesca del tonno.
La Cooperativa si chiama «Amici di Capo Passaro s.r.l.» (0931.842868, 333.1093375) e organizza, partendo dal porto di Marzamemi, bellissime escursioni in barca intorno alla punta estrema di Portopalo, all'isola di Capo Passero, alla tonnara e ai suoi edifici diroccati ma imponenti, decorati qua e là di sculture romane che ricordano l'antica grandezza del luogo. Senza escludere gustosi assaggi di specialità locali a base di tonno e non solo.
Fonte:
La Gazzetta del Mezzogiorno il 01-09-2002 - Categoria:
Cronaca