Come nei racconti di guerra, quando una forza riusciva a prevalere sull’altra in maniera schiacciante, la sconfitta veniva definita disfatta.
Ebbene, ciò a cui abbiamo assistito ieri sera, al consiglio comunale di Pachino, è stata una disfatta.
Ma non tanto perché le forze politiche oppositrici del sindaco Campisi hanno avuto la meglio sugli scarsi e discutibili progetti dell’amministrazione e hanno modificato, in meglio diremmo, un bilancio rachitico e senza respiro approntato da un’amministrazione rabberciata e familistica, e già su questo si potrebbe parlare di sconfitta politica e personale del sindaco, ma in quanto ad essere uscito con le ossa rotte dalla serata è l’onore e la dignità dell’istituzione politica, nella sua manifestazione comunale e amministrativa.
La cronaca degli avvenimenti serali, accaduti durante lo svolgimento dei lavori consiliari per l’approvazione, in extremis, del bilancio di previsione, atto dovuto e indispensabile per ogni comune, ci dice che al peggio non vi è fine e che siamo in presenza di un primo cittadino il quale, sull’orlo di una crisi di nervi, non riesce a sviluppare quel dialogo e quel confronto tra amministratori e oppositori, neppure minimo, necessario al buon funzionamento democratico dell’apparato.
Tralasciamo il fatto che è interamente colpa sua il fatto di trovarsi a governare senza la sua maggioranza naturale, di centrosinistra, che lo ha, evidentemente sbagliando, seduto sulla poltrona di sindaco, saltando dunque su una compagine striminzita e scolorita di centrodestra, circostanza che lo dequalifica immediatamente, per chiari difetti di preparazione politica.
La prova è la natura e la costituzione della nuova giunta, composta da padri e sorelle di consiglieri, e non servono commenti. Ma la cosa peggiore a cui siamo stati costretti ad assistere, nella sede della massima rappresentanza cittadina, è il verificare che l’attuale sindaco non riesce ad avere la capacità di confrontarsi con chi la pensa in maniera diversa dalla sua. Ha tentato di capovolgere le motivazioni che hanno portato il consiglio comunale a eliminare il project financing sulla megadiscarica comunale, accusando consiglieri, unitamente a uomini politici, di volere raddoppiare i costi della tariffa sulla R.S.U.
Con un soliloquio di più di un’ora ha ripetuto e straripetuto le sue personali convinzioni sull’argomento, cosa che gli è stata consentita in maniera esemplare dal presidente del consiglio comunale. Convinzioni che però sono rimaste personali, e nel momento in cui si è accorto che non facevano presa, e non possono farne, sui consiglieri, ha iniziato ad assumere una serie di atteggiamenti e posizioni, irrispettosi dell’aula e dei consiglieri impedendo loro di prendere la parola per dichiarare la loro corretta contrarietà.
Un atteggiamento poco consono al ruolo ricoperto, già anticipato in altra occasione allorché ha apostrofato una consigliera comunale, ed esageratamente manifestato pochi minuti prima del voto sul punto in questione. Così
tanto esagerato e irrispettoso da costringere il presidente del consiglio comunale a cacciarlo fuori dall’aula, con l’ausilio delle forze dell’ordine.
Non ricordiamo, a Pachino o altrove, di un sindaco cacciato fuori dall’aula consiliare e questo fatto costituisce un danno grave, forse irreparabile, per la dignità e il decoro di tutte le istituzioni politiche pachinesi.
Se poi a ciò aggiungiamo l’insulto lanciato al segretario comunale, definito “buffone”, reo di non aver dato, su una singola votazione, l’interpretazione di comodo voluta, riusciamo ad avere il quadro completo di un soggetto carente di educazione e preparazione politica.
Come si può definire altrimenti per la città di Pachino, tutto ciò che è successo nella serata del 9 agosto, se non come una vera e propria disfatta?
E’ vero che il consiglio comunale ha esercitato le proprie funzioni modificando il bilancio presentato dall’amministrazione, ma è più vero ancora che lo spettacolo cui siamo stati costretti mortifica e degrada la rispettabilità dell’aula e dell’intera classe politica pachinese.
Alla fine delle battaglie, quelle fatte di sangue e merda, al termine della disfatta, passava la croce rossa e raccoglieva morti e feriti, gli uni per seppellirli pietosamente, gli altri per curarli se ancora in tempo.
Sul campo di battaglia pachinese, senza sangue ma con tanto dell’altro elemento, rimangono solo le macerie della democrazia, non sappiamo se e quando passerà la croce rossa, ma abbiamo il dovere e l’onere di rialzarci e tentare una ricostruzione, e l’incognita sono i cittadini.
Solamente con loro, riusciremo a ripartire e riavviare una comunità che sente tanto il bisogno di essere rappresentata da degne persone.
Pachino, 10 agosto 2007
Turi Borgh