PORTOPALO - (Tony Zermo) Portopalo di Capo Passero, come se Portopalo fosse il nome e Capo Passero il cognome (anche per distinguerlo da Portopalo di Menfi). E' un luogo incantato, l'ultima punta dell'Europa che divide i due mari, lo Jonio e il Mediterraneo. Potrebbe essere una zona vacanze dalle molte meraviglie, ma si trova in una situazione vergognosa. Sull'isolotto di Capo Passero, come sapete, c'è un forte, che prima pareva fosse di origine aragonese e invece recenti studi hanno dimostrato essere asburgico. Questa fortezza è stata restaurata tre volte, l'ultima alcuni anni addietro con un finanziamento di quasi 5 milioni dell'ex assessore ai Beni culturali Lino Leanza. Sono state rafforzate le strutture, piazzati i mobili, messi i tendaggi, persino l'aria condizionata, avrebbe dovuto essere un luogo di incontri eccellenti. Invece è abbandonato e chiuso, perché i due custodi messi là dalla Soprintendenza di Siracusa non ci sono più, non ci sono i soldi per pagarli. E poi c'è un altro problema più difficile da risolvere: come si fa ad attraversare quei 50 metri di braccio di mare che divide Capo Passero dalla terraferma? Se ricordate, l'anno scorso l'allora soprintendente architetto Mariella Muti aveva organizzato la cerimonia di inaugurazione, ma c'era un po' di mare e i dirigenti della locale sezione della Capitaneria non avevano permesso che gli invitati si imbarcassero per approdare all'isolotto, non si prendevano la responsabilità di eventuali incidenti. Così niente inaugurazione. Come si fa allora a utilizzare il monumento? Quasi impossibile. Mettiamo che si organizzi un convegno per un certo giorno e quel giorno c'è maretta. Salta tutto, invitati rispediti a casa, così come è saltata l'inaugurazione. «E dire - ricorda l'ex sindaco di lungo corso prof. Cammisuli, che di Portopalo di Capo Passero è una sorta di nume tutelare - che una volta l'isolotto era collegato alla terraferma da una strada romana, che nel corso dei secoli è sprofondata in mare, ma ancora si vedono le opere murarie. Al tempo delle guerre puniche le navi romane attraccavano qui». E allora che fare? E' possibile riportare a galla il vecchio camminamento romano? Oppure lasciare l'isolotto e la fortezza asburgica al loro triste destino, a meno di studiare la possibilità di un ponticello per raggiungere dalla terraferma l'isolotto? Con le invenzioni ingegneristiche odierne potrebbe essere possibile senza guastare l'anima dei luoghi di una bellezza struggente. Che poi questo isolotto ha una storia straordinaria perché i greci si piazzavano sulla punta degli scogli e infilzavano i tonni della «passa» con lunghi bastoni armati di coltelli in cima. E le loro donne pestando i tonni facevano il «garum», un cibo speziato molto apprezzato nelle mense dei nobili romani.
Qui nacque la tonnara più antica del mondo della quale l'ultimo proprietario fu don Pietro Bruno di Belmonte, nobile di casata e di animo, che si disperò perché d'un tratto, non si sa bene perché, i tonni non passarono più, abbandonando un percorso che avevano seguito dalla notte dei tempi. Tutto girava attorno ai tonni. I tonnaroti erano una cinquantina che a maggio facevano la mattanza nella «camera della morte» catturando tonni da 300 chili. E quando le barche issavano a bordo i primi cento tonni i marinai mettevano sui remi le loro giubbe, e dalla riva si levava un grido: «U cappottu, u cappottu». Poi i tonni finivano in scatola ad opera delle donne del posto e le barche andavano in rimessaggio dopo la stazione di pesca. C'è tutta una storia dietro che è andata dispersa. E fa pena vedere le decine di casette dei pescatori andate in rovina e che invece potrebbero essere casette di villeggiatura sul mare. Così come è invenduto il «castello», che è quell'albergo rosso piantato sugli scogli dei fratelli Tafuri che è rimasto invenduto. E' così che noi perdiamo le opportunità. Per le casette che appartenevano a don Pietro Bruno di Belmonte ci sono ancora difficoltà per divisioni ereditarie, per il «castello» dei Tafuri, a cui un tempo era interessato, Schumacker, la difficoltà sembra stia nel prezzo richiesto. In sostanza Portopalo di Capo Passero, che ha la flotta peschereccia più importante di Sicilia dopo quella di Mazara del Vallo, è un paradiso marino il cui sviluppo è stato bloccato da troppi anni. Occorre dare in gestione ai privati la fortezza di Capo Passero facendone magari un museo del mare, e realizzare i porti turistici previsti, uno da 600 posti barca ha già tutte le concessioni e partirà entro settembre, l'altro da 1200 posti barca, che potrebbe dare lavoro a 3000 persone, è fermo a causa delle restrizioni dell'assessorato regionale ai Beni culturali. Occorre trovare una mediazione di buon senso e ricordarsi che il turismo è l'unica vera risorsa della Sicilia.
Fonte:
LaSicilia.it il 14-06-2011 - Categoria:
Ambiente