La Sicilia provinciale di Brancati

Eugenio Montale, parlando di Vitaliano Brancati annotò finemente: «Brancati ha descritto certa decadente società feudale siciliana come Palazzeschi dipinse la defunta società fiorentina e livornese in stampe dell'Ottocento, ed è proprio a Palazzeschi e a Gogol’ che Brancati fa pensare di più nelle sue opere». E se quanto riportò il Nobel italiano vale per i grandi romanzi dello scrittore siciliano (Don Giovanni in Sicilia, Il bell'Antonio...), lo stesso si può dire per i numerosi racconti. Ed è proprio in Tutti i racconti (due volumi, in elegante cofanetto), pubblicati negli Oscar Mondadori a distanza di otto anni dall'edizione della Bompiani (con l'aggiunta di ottantasei racconti scritti tra il 1929 e il 1952) che ritroviamo tutte le tematiche più care a Vitaliano Brancati, nella sua grande indagine della vita provinciale siciliana.

Brancati analizza i riti quotidiani della sua Catania (d'adozione, in quanto nato a Pachino, vicino Siracusa) soffermandosi più volte sull'inerzia, sull'ossessiva attenzione alle donne sicule, rilasciando un quadro impietoso e amaro. Dominano il tormento erotico, cupamente descritto, e un senso di opprimente angoscia con accenti satiro-grotteschi spesso fortemente pessimistici. Brancati descrive uomini e donne con peculiari caratteristiche, ma dal basso profilo morale, illustrando «un mondo minore, fatto di piccole esistenze che inseguono l'illusione della felicità». Ciò che compie lo scrittore è una puntigliosa critica del costume in un clima più beffardo che bonario, e di pungente caricatura. Sciascia nel 1984 scrisse della prosa di Brancati: «Un'opera che cresce, nel tempo. Anche se la si vuol dimenticare». Visti i tempi che corrono, la definizione vale ancora oggi.
Fonte: Il Messagero Veneto il 10-12-2002 - Categoria: Cultura e spettacolo

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