Le mafie alzano il tiro sul web

Le mafie alzano il tiro sul web Si fa presto a dire “Bravo, continua così!”. Click. Commento postato. Fine. Diverso è metterci la faccia. Metterci la faccia significa spesso metterci anche e soprattutto il culo. Perché il web è una guerra all’incontrario.

Quando il re dichiara guerra a uno stato confinante, raduna i suoi generali e comanda loro di portare i soldati in guerra. Lui osserva, con comodo, dalla sua posizione privilegiata, e prende decisioni opportune. Eventualmente, alla fine è l’ultimo a cadere. Talvolta gli si riservano condizioni privilegiate.

Quando un blogger dichiara guerra al sistema, viceversa, sono i soldati che radunano lui, lo mandano avanti, osservano dalla loro posizione privilegiata e comandano. Fai questo. Fai quello. Bravo. Così non va. Sei un grande. Fai schifo... Eventualmente cadesse, morto un blogger se ne fa un altro. Loro, i soldati, se ne stanno col telecomando in mano a dissertare sulle migliori strategie belliche. Se gli italiani della televisione sono un popolo di allenatori, gli italiani della rete sono un popolo di consulenti politici e di professionisti dell’antisistema.

Poi succede che un giorno fai uno scoop, scopri qualcosa che non dovresti scoprire, e provi una strana sensazione: hai paura. Hai paura perché alle tue spalle non c’è Bettino Craxi, non c’è Eugenio Scalfari, non c’è la massoneria, non ci sono la P3, lo stato pontificio, Zorro, Zio Paperone né la Cavalleria Rusticana. Dietro al culo non hai niente e nessuno, nonostante il tiro al piattello di chi ti vuole servo di quello o di quest’altro. Se ti vengono a prendere, è la volta buona che non ti trovano più.

Il web è anche questo: tutti editori di se stessi. Tutti soldati senza esercito. Tutti John Rambo. Fino a quando non inizi a sospettare che stai galleggiando su un mare di merda e che te la stiano mettendo nel di dietro. Intanto gli altri, quelli con lo stipendio e con la casacca, ingrassano e prosperano. Si prenderanno anche del farabutto, del servitore, dello yes-man, ma prosperano. E forse fanno bene: il loro obiettivo è arrivare alla tomba nella maniera più indolore possibile.

Chi fa sbaglia, ma non è il peggiore. Il peggiore è chi non fa niente. Non è necessario buttarsi nella mischia personalmente. C’è chi non ha tempo, chi non ha il fisico, chi è ancora sano di mente e ci tiene al posto di lavoro, perché dopo avere gettato la maschera dell’ipocrisia e degli opportunismi, è chiaro che non lavorerai mai più, da nessuna parte. Tuttavia, se non si riesce a fare, almeno si può dare. Pretendere informatori liberi da tutto e da tutti, senza legami di nessun genere con nessun partito, con nessun movimento, con nessun giornale, con nessun gruppo economico, con niente e nessuno, neppure con se stessi – visto che esiste un conflitto di interessi persino con i propri bisogni – è come volere la botte piena e la moglie ubriaca. L’unico modo per avere un informatore libero anche nella forma, oltreché nella sostanza, è che i suoi lettori diventino a tutti gli effetti i suoi editori. Devono essere disposti a sostenerne le battaglie, a fare una colletta per le eventuali querele, a fargli da scudo quando le cose si mettono male. Devono mettersi in testa che devolvere una quota mensile dei loro anche miseri guadagni a chi fa un buon lavoro è l’unico sistema di tagliare fuori gli intermediari e ogni interesse che non sia quello del cittadino. Flattr è un buon sistema e tutti dovrebbero farsi un account. Bastano due euro al mese, quindi non ci sono scuse.

Christian Abbondanza, insieme alla Casa della Legalità, svolge un’azione di contrasto alle mafie davvero encomiabile. Questa la situazione in Liguria. La ‘ndrangheta si è accorta che il web fa paura ed è passata alle maniere forti: metodi old-style per radere al suolo il web 2.0: mitragliate, spezzatino di gambe, avvertimenti in salsa GodFather. Se vi cagate addosso alla sola idea di esprimere un commento forte su un blog, immaginate come potreste sentirvi quando arriva la telefonata di uno che vi preannuncia un omicidio cruento: il vostro. Inoltre, tutti i siti del savonese sono amichevolmente invitati a non pubblicare né linkare le denunce della Onlus ligure. Il Popolo Viola di Genova non ci sta.

Tante volte abbiamo detto sulle pagine di byoblu.com che la rete è sotto attacco, ma non intendevamo certamente questo. I Peppino Impastato ci servono vivi. Delle commemorazioni ci importa ‘na sega. Per questo è necessario parlarne. Ora.


Fonte:
http://www.byoblu.com/post/2010/09/03/Le-mafie-alzano-il-tiro-sul-web.aspx
Fonte: byoblu.com il 03-09-2010 - Categoria: Persone e blog

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