PORTOPALO - Può capitare che una stessa causa sia interpretata da più parti distanti fra loro, in contrasto sul come e sul perché si possa corteggiare la verità ,di cui tutti sono più o meno innamorati. Può capitare che la le parole usate per esprimere il proprio punto di vista siano così diverse da finire ingarbugliate in una matassa di opinioni confuse, destinate a dividersi sempre più dietro specchi invisibili che riflettono l’immagine di un paese in lotta con sé stesso.Può capitare che chi ha agito bene passi per criminale e che chi ha agito male passi per buono. Può capitare che un giorno di festa sia anche un giorno di lutto .In cui , per le strade di una stessa piccola città tre piccole squadre giochino insieme la stessa partita contro l’ indifferenza .Che intanto, senza chiedere il permesso, cancella la memoria delle cose passate. E può capitare che ,dopo tanti anni, i protagonisti di una storia non si incontrino pur marciando sullo stesso campo…
A distanza di dieci anni dalla notte di Natale del 1996 in cui affondò l’ F-174 con 283 clandestini a bordo, la situazione è molto cambiata. Quello di cui prima non si parlava nel frattempo è diventato un caso internazionale , a cui i giornali e le televisioni hanno dato parecchio risalto, anche se non sempre è stato possibile dare spazio a tutti. Proprio per questo la gente sente oggi il bisogno di farsi sentire per dire la propria parte di ragione ed aggiungere una tessera in più a questo mosaico ancora incompleto.
Siamo tornati in paese per l’ anniversario del 26 dicembre, decennale del naufragio. Gli eventi da seguire sono due. Il primo è promosso da Attac, Agesci, Croce Rossa, Flai /Cgil, Rete Antirazzista ed altre associazioni laiche. Il secondo è organizzato da don Calogero Palacino con la presenza del Vescovo G.Malandrino, che precisa subito come si tratti di una “celebrazione”, non di una manifestazione.La presenza nell’ uno o nell’ altro punto di riunione presuppone già uno schieramento. Gli orari coincidono perfettamente, per tutti l’ appuntamento è alle 16. In via Vittorio Emanuele ,sotto il campanile della chiesa , o nella sala riunioni della parrocchia, giù all’ oratorio. Due frontiere nette. Per seguirle entrambe abbiamo fatto la spola correndo da un punto all’ altro del paese .
“Padre Palacino vuole monopolizzare tutto.- ha detto Alfonso Di Stefano organizzatore dell’ Attac Sicilia - E’ lui che ha cambiato di 180° il suo punto di vista. Vuole che noi ci scusiamo di esistere. Due anni fa ha detto pubblicamente in una assemblea che è giusto che questi resti riposino cristianamente in pace, in mare. Non gli rinfacciamo questo, ma è giusto che sia lui a venire verso di noi. Il processo è importante per accertare le responsabilità, perché in Pakistan si muore di fame ed è giusto che sia dato un risarcimento alle vittime del naufragio. Non ci interessano queste beghe campanilistiche vecchie di anni. Quei morti sono sulla coscienza di chi ha fatto le leggi razziste, la colpa è della Fortezza Europa. Noi siamo dalla parte delle vittime,non dei carnefici. Cinque giorni dopo il naufragio già sapevamo i nomi degli 83 Tamil dispersi. Ma fino a quando non partì l’ inchiesta di G.M. Bellu non se ne parlava, per paura di rovinare il turismo e l’economia di Portopalo. Non vogliamo accusare i pescatori, ma sono stati loro che hanno screditato la famiglia di Salvatore Lupo, anche se molti hanno denunciato cose importanti. Bellu è stato accusato di aver rovinato l’ immagine del paese perché scriveva su Repubblica, un quotidiano di sinistra. Ma ci sono stati cinque anni di governo Berlusconi, che ha il monopolio dell’ informazione. Il primo articolo è uscito sul manifesto il 5 gennaio del ‘97. Da allora se ne è parlato molto. Noi stiamo dalla parte dei migranti. Non siamo contro nessuno, ma non abbiamo tempo da perdere con i Portopalesi, anzi avremmo gradito se ci avessero dato una mano…”
Alle 16 il corteo si concentra al punto di partenza. I partecipanti sono circa un centinaio , da Catania, Siracusa ,Pachino e Avola. “Ma i Portopalesi dove sono?- si chiede uno dei pochi cittadini presenti- Mi sembra male stare qua, visto che sono poche le persone che conosco.”Ad un certo punto passa una vecchia Uno bianca con un pezzo di cellophan attaccato al finestrino al posto del vetro con tre ragazzi a bordo. “Tanti nemici molto onore” c’ è scritto sopra con la vernice rossa. “Ecco i portopalesi” , dice qualcuno.
Contemporaneamente si riempiono le sedie dell’ oratorio, in cui sono arrivati il vescovo, il sindaco e padre Palacino che per l’ occasione ha portato con sé anche la comunità di immigrati ospiti presso la sua diocesi. Fra loro c’ è anche una giovane mamma con un neonato venuto alla luce poco tempo fa, in paese.”Noi non vogliamo fare una manifestazione. -ha affermato il vescovo Malandrino cominciando così il suo discorso- Vogliamo fare una celebrazione. Dinanzi al Signore, dinanzi alla storia, all’aiuto di Dio e all’impegno nostro nel ricordare. Vogliamo pregare per il passato, per il presente e per il futuro.”Dopo un canto liturgico riprende il sermone dicendo: ” Sono felice di vedere davanti a me un bambino ed altri fratelli nostri di altro colore. Tutti sono figli di Dio. Che siano pescatori, professori, preti, politici, adulti,bambini è secondario. Stasera siamo riuniti per un incontro di preghiera, per i fratelli nostri che hanno avuto quella sorte che noi definiamo triste. Però ci uniamo a loro confidando nella gioia del paradiso. Ci uniamo anche ai fratelli di altro colore e preghiamo con loro in questa felice sinfonia di figli di Dio. Il nostro incontro è nel nome della fede , che noi non possiamo imporre agli altri, ma non dobbiamo nascondere. Solo in Cristo troviamo la forza di dialogare con il mondo laico, con le altre religioni . Perché le altre forze prima o poi si smentiscono. Possiamo fare programmi insieme, però l’ animo nostro resta un po’ distante.”Tutti ascoltano le sue parole, che man mano diventano più dure.” La nascita di un altro bambino testimonia che la vita continua, anche se gli uomini si comportano da macellai verso altre persone umane. Dobbiamo riflettere su come rispettiamo i nostri fratelli, incominciando da quelli di casa, da quelli più vicini…”Per ricordare i morti dell’ F-174 vengono letti ad alta voce i nomi di alcuni morti. In religioso silenzio. Fra questi c’ è anche quello di Anpalagan Ganeshu, al quale è stata dedicata la manifestazione dei laici.
Il corteo intanto arriva di fronte l’ isola di Capopassero nello spiazzale sul mare. A turno i rappresentanti delle associazioni pronunciano i loro discorsi applauditi dai presenti. Fra loro c’ è anche Salvatore Lupo , con il quale riusciamo a parlare per pochi minuti dopo la fine del comizio. E’ una persona mite. Tutti lo salutano e si avvicinano per stringergli la mano. La discussione è interrotta dai tanti “ciao Salvo” di amici e conoscenti. Lui ricambia. Adesso non fa più il pescatore ed i suoi figli gestiscono un bed and breakfast che si chiama proprio “Nave Fantasma”.
“Dopo la vicenda del Mauro (sottoposto a sequestro per diversi mesi dopo aver riportato a terra un cadavere, ndr) i pescatori temevano che venisse bloccata tutta la marineria. Per questo loro non raccontavano quello accadeva. Io l’ho fatto solo perché quando ho capito che lì c’era il relitto della nave fantasma ho pensato che non si poteva continuare ad ignorare tutti quei morti. Ho tentato di denunciare tutto alle autorità , anche in via confidenziale, ma non ho trovato ascolto. Così ho deciso di collaborare con Giovanni Maria Bellu. Per me era un atto dovuto. Forse col tempo quelli che mi accusano capiranno.”
Per sapere cosa ne pensano siamo andati a parlare con i pescatori dell’ associazione S. Francesco Di Paola nella loro sede di via Vittorio Emanuele 92, che ha aderito formalmente alla manifestazione di piazza senza però prendervi parte . Il presidente Attilio Nardo ha organizzato una tavola rotonda apposta per noi.”Prima di questa storia Portopalo era un paesino tranquillo.- dice uno di loro- Poi all’ improvviso siamo diventati dei mostri. Ma la verità è stata raccontata in modo sbagliato. In quella zona ci lavoravano solo la Tanina Lupo ed altre tre barche . Perché siamo passati tutti per cannibali?” La discussione che ne segue è molto accesa .Tutti vorrebbero dire la propria perché i pescatori si sono sentiti accusati in primo luogo di essere i responsabili di una colpa più grande. Riconoscono che chi ha sbagliato debba in ogni caso pagare e chi ha agito bene debba avere dei riconoscimenti, ma non ritengono corretto che chi si bagna ogni giorno le mani con l’acqua salata debba subire un processo morale senza avere la possibilità di difendersi. Fra il dire e il fare c’ è di mezzo il mare. E in mare loro ci vanno ogni giorno.
“Il 18 Agosto del 2002 ho soccorso un barcone con 151 clandestini a bordo.- dice Corrado Scala, comandante del Cico - Per questo sono stato anche arrestato. Sono stato 19 ore senza ricevere soccorso, anche se tutte le autorità mi ascoltavano sul canale 16( quello delle emergenze, ndr). Forse avrei dovuto fingere di avere un guasto a bordo per essere aiutato. Dal Cogecap di Roma mi hanno detto di portarli a Malta, ma quando le persone che trasportavo hanno capito che li riportavo indietro è successo il finimondo.Le donne minacciavano di uccidersi. Solo allora mi hanno concesso di tornare in Italia . A Pozzallo i carabinieri mi hanno arrestato per ordine del procuratore Platania, di Modica. Mi hanno accusato di essere uno scafista. Il mio processo è durato due anni.”
Sono tante le storie simili. “L’ anno scorso ho perduto una bordata per portare a terra 17 naufraghi con il mio peschereccio.- dice Salvo Quattrocchi,proprietario dell’ Orsa Maggiore. Se non li avessi salvati sarebbero morti. Si trovavano 19 miglia al largo di Capopassero con una barchetta di quattro metri. Appena li ho presi a bordo ha cominciato a soffiare un fortissimo vento di ponente. Non avrebbero avuto speranze di restare vivi, in quelle condizioni. Sappiamo benissimo cosa ci aspetta quando compiamo questo tipo di operazioni, una volta tornati a terra. Eppure noi non ci siamo mai tirati indietro senza chiedere per questo una medaglia. Non possiamo tollerare di essere presi in giro e di passare per quello che non siamo. Dei criminali. Forse i morti fanno più rumore dei vivi…”
Andrea Di Grazia - Foto di Tony Pittalà
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