«Nè schiavi nè schiavisti»

«Nè schiavi nè schiavisti» PACHINO - "Non possiamo accettare che si parli di schiavismo nelle campagne del pachinese, sparando nel mucchio in modo indiscriminato. Per quanto mi riguarda nella mia azienda ho parecchi lavoratori immigrati, tutti in regola, con un livello di retribuzione che è quello previsto dagli accordi sindacali, uguale a quello dei lavoratori locali". Corrado Impera, titolare di una delle aziende agricole più grosse del comprensorio pachinese, dopo aver vissuto in Germania è tornato a Pachino nella metà degli anni Ottanta, diventando un punto di riferimento nel settore ortofrutticolo. Sciorina dati e documenti per illustrare la sua situazione che definisce "regolare al 100%". Oltre un centinaio di dipendenti, tra i quali alcune donne rumene, impiegate nella sistemazione del pomodoro. "Tutte con regolare permesso di soggiorno. - precisa Corrado Impera - Un giorno è venuta una senza documenti non l'ho assunta, proprio perché chi lavora nella mia azienda deve essere in regola con tutti gli adempimenti di legge. Invito i sindacati e chiunque a venire qui a vedere in che condizioni lavorano i miei dipendenti, come vengono pagati e trattati. Garantiamo una retribuzione di 46 euro giornalieri, come previsto dai contratti provinciali che abbiamo sottoscritto e che sono a livelli più elevati rispetto, ad esempio, a quanto si registra nel territorio ragusano. Forse alla fine si scoprirà che i veri schiavi, i molti casi, sono i titolari delle aziende.

Noi infatti non abbiamo tregua, giorno e notte, nei giorni feriali e festivi, per mandare avanti l'impresa dalla quale dipende l'indipendenza di numerose famiglie. Investiamo, ci indebitiamo con le banche e la notte spesso non chiudiamo occhio". Impera lancia una proposta concreta per scardinare le tante situazioni anomale che vengono tollerate da tanti. "Adesso non mi fermo più - aggiunge - e chiedo che sia fatto un censimento in tutte le campagne di Pachino e Portopalo, dove tanti si sono inventati giovani imprenditori e poi risultano braccianti agricoli. E non darò tregua in queste mie richieste anche ai comuni di competenza. Vogliamo fare le cose per bene o dobbiamo continuare a sparare nel mucchio, ignorando anche la concorrenza sleale che noi siamo costretti a subire da abusivi mascherati da produttori? E vogliamo parlare anche dell'indennità di disoccupazione? Io se oggi propongo ad un mio operaio un ingaggio per duecento giorni, questi se ne va. Vi chiedete il perché: la risposta è nella questione dell'indennità di disoccupazione che ad oggi, non ho paura a dirlo, sono dei soldi rubati allo stato. Allora, vogliamo dirla tutta la verità o no? Ho fatto richiesta in cinque comuni, dicendo di avere bisogno di lavoratori. Se ne è presentato soltanto uno. Morale della favola: la maggior parte non cerca un lavoro ma il posto fisso, magari con i piedi sotto la scrivania e la schiena appoggiata ad una poltrona. Sono questi i veri problemi ma, per quanto concerne la mia realtà aziendale, non accetto minimamente che qualcuno metta in dubbio la mia correttezza. Qui da me non ci sono né schiavi né schiavisti".

SERGIO TACCONE
Fonte: LaSicilia.it il 05-02-2007 - Categoria: Cronaca

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