Naufragio, assolto Thourab

Naufragio, assolto Thourab Assolto per non aver commesso il fatto. Per la corte d'Assise di Siracusa Sheik Amhed Thourab, il pachistano-maltese proprietario del barcone che naufragò nel Canale di Sicilia, dopo una collisione con la motonave Yioahn la notte di Natale del '96 è innocente. Questo l'epilogo del primo grado di giudizio al quale, molto probabilmente, seguirà quello d'appello come preannunciato dai legali che rappresentano i familiari delle quasi trecento vittime di quella tragedia, la più grave nel Mediterraneo del secondo dopoguerra. Reazioni di grande sorpresa dopo la lettura del dispositivo. L'impressione generale, scaturita anche dalla conclusione della fase dibattimentale, sembrava quella di una condanna per l'unico imputato. Giovanni Maria Bellu, l'inviato del quotidiano "La Repubblica" che nel giugno 2001 mise a segno lo scoop del ritrovamento del relitto in acque internazionali, intervistato dal sito "Peace Reporter" non ha manifestato sorpresa dopo la sentenza di primo grado, dicendosi in fondo contento dell'assoluzione di Thourab , unico imputato mentre tutti i componenti della filiera criminale dedita al traffico di esseri umani è rimasta del tutto estranea al processo. E non sono mancate le reazioni provenienti da Portopalo.

Il comune marinaro è stato spesso nell'occhio del ciclone per la scelta di alcuni pescatori locali che trovarono i cadaveri nelle reti da pesca, tra la fine del '96 e l'inizio del '97, senza denunciarlo alle autorità. Un segreto che fu svelato quasi sei anni fa grazie alle indicazioni che l'ex assessore comunale Salvo Lupo diede proprio al quotidiano "La Repubblica", consentendo l'individuazione del relitto a 19 miglia da Capo Passero. Attilio Nardo, presidente dell'Associazione Pescatori "San Francesco di Paola", parla di sentenza scandalosa. «E' evidente che bisognerà aspettare le motivazioni di questa sentenza - afferma Nardo - ma non si può non rimanere sconcertati. Alla fine l'unico imputato viene assolto mentre i pescatori portopalesi, senza aver commesso nulla, sono stati messi alla gogna e definiti con i peggiori epiteti da un punto di vista umanitario». Il presidente di Assopesca ricorda le peripezie passate da un capitano portopalese, Corrado Scala, e dall'equipaggio del peschereccio "Cico" , messi sotto inchiesta dopo aver salvato 151 immigrati alla deriva nel Mediterraneo. «Gente che ha salvato vite umane e che si è trovata sotto inchiesta, per essere poi del tutto scagionata ma dopo alcuni anni da incubo. - sottolinea Nardo - Ed invece chi era parte di un'organizzazione che trafficava in clandestini se la cava come se nulla fosse. Tutto questo è assurdo».

SERGIO TACCONE


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Fonte: LaSicilia.it il 10-05-2007 - Categoria: Cronaca

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