Noto, «stangata» al clan mafioso dei Trigila

NOTO – Il blitz antimafia portato a termine da 200 uomini della polizia, con l'impiego anche di elicotteristi e unità cinofile, è stato denominato «Mangusta». L'operazione ha in pratica azzerato il clan capeggiato dalla famiglia Trigila, noti con il nomignolo «Pinnintula», ma conosciuti anche nella zona sud della provincia siracusana (Avola-Noto-Rosolini-Pachino) come «i picurari».

Quarantadue sono stati i provvedimenti di varia natura cautelare emessi dal Gip presso il Tribunale di Catania, Angelo Costanzo, su richiesta avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia (Ugo Rossi, Alessandro Centonze, Enrico De Masellis e Fabio Scavone), e quarantadue sono state le ordinanze eseguite nell'arco della notte dagli uomini della polizia, coordinati dal dirigente del commissariato di Noto, Salvatore La Rosa.
Su 34 ordinanze di custodia cautelare in carcere, sette sono state notificate a persone già detenute per altri motivi.

Quindi 26 persone che erano libere sono state ammanettate; tre indagati sono stati ammessi al regime degli arresti domiciliari; a 5 indagati è stata imposta la misura dell'obbligo di permanenza in casa dalle 20 alle 7 e duplice presentazione giornaliera negli uffici della polizia giudiziaria. Gli indagati sono ritenuti responsabili, con distinzione per vari titoli di accusa, di gravi delitti tra cui associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e allo spaccio; estorsioni; illecita concorrenza, mediante violenza o minaccia.

L'operazione «Mangusta» è la risultante di un lavoro investigativo iniziato dagli agenti del commissariato di Noto, nel novembre del 2000, con l'impiego di mezzi tecnici messi a disposizione ed installati da personale del gabinetto regionale di polizia scientifica di Catania. E' una indagine che non ha avuto alcun apporto di collaboratori di giustizia. Tale aspetto è stato più volte sottolineato dal procuratore aggiunto della Dda, Ugo Rossi, e dai sostituti procuratori Alessandro Centonze, Fabio Scavone, Enrico De Masellis, nel corso della conferenza stampa.

Nell'articolata comunicazione di notizia di reato composta da 455 pagine ed oltre 300 allegati, si fa riferimento oltre al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina), alle azioni estorsive compiute ai danni di impresari di pompe funebri di Avola e Noto, costretti dal clan a pagare un milione delle vecchie lire per ogni funerale. Tre impresari di pompe funebri di Avola e tre di Noto, inoltre, sarebbero stati costretti a stipulare una sorta di accordo imposto dal gruppo mafioso: un «bara-bacinella» dove fare confluire il denaro proveniente dai funerali. Il denaro sarebbe stato poi ripartito fra i «tabbutari» e il clan.

L'accordo, però, saltò per «motivi fiscali»: la carte si ingarbugliarono nel momento della emissione delle fatture per il pagamento delle onoranze funebri, per cui si ritornò all'antico sistema del «pizzo» di un milione su ogni funerale.
Da stamane nel carcere catanese di piazza Lanza cominceranno gli interrogatori degli imputati da parte del Gip Angelo Costanzo.
Fonte: LaSicilia.it il 25-09-2002 - Categoria: Cronaca

Lascia il tuo commento
Cerca su PachinoGlobale.net