Nella sua casa di contrada Conca d'oro Tommaso Faraguna ha bene in mostra le istantanee che testimoniano la sua «carriera».
«Tanti ricordi - dice l'ottantatreenne reduce dell'Armir.- Tante sofferenze. E dopo tutto questo ricevo una pensione misera di 500 euro mensili. Mi chiedo perché nessuno si ricordi di noi che pure tanto abbiamo dato nella nostra vita alla patria». Gli si illuminano gli occhi quando mostra una foto che lo ritrae con la moglie, in giovane età. Ma va fiero anche di altre foto: in una si notano in bella mostra Mussolini ed alcuni compagni di Faraguna del reggimento di artiglieria. «Ho lavorato a lungo anche nelle miniere, nel Nord Italia.- afferma Tommaso Faraguna - I partigiani mi tributarono persino un riconoscimento ufficiale, a me che sono sempre rimasto fedele al duce. Ma quando c'era da lavoro non mi tiravo mai indietro». Adesso osserva la sua nipotina, una splendida bambina che sorride e scruta. Si prende cura delle sue piante che custodisce con cura nella sua casa. «Ho vissuto una vita molto intensa.- conclude con un pizzico di nostalgia per il passato - Ma la guerra è qualcosa di veramente orrendo. Solo chi l'ha conosciuta da vicino può parlarne con cognizione di causa». Un ultimo aneddoto riguarda la sua data di nascita. «Sono nato nel 1921. Ma allora, per potermi arruolare, mi diedero due anni in più». Storie di un'Italia che si apprestava ad affrontare, con esiti nefasti, il secondo conflitto mondiale. Storie di gente che credeva, in buona fede, in miraggi irraggiungibili quanto devastanti per il mondo intero.