PORTOPALO - È tutta colpa (o merito) dei ficupali. Ovvero: i fichidindia. Utopia bracciantile, totem di mobilità sociale. «A Portopalo maturano almeno venti giorni prima che qui». E i Pisana - erano gli anni 50 - abbandonarono Scicli, assieme ad altre venti famiglie, per piantare le tende - e i ficupali - nel lembo di terra più a sud di Tunisi. Più di mezzo secolo fa, in quei giorni di esodo agreste, c'era un bambino che chiedeva al padre: «Ma perché abbiamo lasciato casa nostra? Cosa siamo venuti a fare qui?». Quel bambino, petulante e un po' rompiballe, oggi è il re del pomodorino. O, come qui lo chiamano tutti, 'u prufissuri.
Carmelo Pisana, 63 anni, insegnante di Agraria in pensione, titolare assieme ai figli della più innovativa azienda del comprensorio. Il professore del pomodorino.
Ha tirato su generazioni di produttori sui banchi del Professionale di Pachino e adesso continua ad insegnare. A tutti. Come si riesce a uscire indenni dalla crisi. Come si può vendere l'oro rosso sui mercati nazionali e internazionali al triplo del prezzo che riescono a strappare i produttori che si accontentano.
Ci accoglie assieme alla moglie Lucia nello spartano capannone-ufficio all'ingresso dell'azienda, di cui sono titolari i figli Michele (38 anni) e Antonio (35 anni). E dove sogna di vedere impegnati i nipotini, a cui ha già lasciato in eredità le competenze: «Li vorrei laureati in Agraria, in Scienze alimentari e in Economia». Ecco, sistemato il futuro, parliamo del presente. Che significa un'azienda con 2,5 ettari di superficie coperta, una produzione di circa 125mila quintali l'anno, di cui l'80% pomodorino Igp e la restante parte di insalatari, con un piccolo vezzo per camone e datterini. Fatturato di svariate centinaia di migliaia di euro, trend di utili in continuo aumento. Non sono numeri esorbitanti. Ma più che la quantità, qui è fondamentale capire il modello. Capire perché Pisana riesce a vendere (a Milano e Roma in una catena di supermercati chic, ma anche in Francia e in Svizzera, con una nuova via in Russia) il pomodorino a una media di 3,50-4 euro al chilo, al fronte dell'euro e cocci di quasi tutti gli altri produttori Igp. Il segreto del suo successo? «La qualità», risponde sornione il professore. Regalandoci poi una lunga lezione di storia e tecnica produttiva del pomodorino, che - per motivi di spazio - vi risparmiamo. Ma con alcuni consigli fondamentali. Il primo: «Rispettare la natura, lavorando in simbiosi con l'acqua, il sole e il terreno. Mai irrigare a vuoto, perché è come mangiare il brodo senza riso. Non usare insetticidi o metodi artificiali di riproduzione. Io, per creare l'incrocio, non uso il betilene, ma le api, per 'ngranari il pomodoro nella serra, impollinando il fiore. Quando aprite un pomodoro a metà e trovate i semi significa che c'è stata impollinazione naturale, altrimenti...». Secondo consiglio: «Studiare, sperimentare, migliorare. Quando da piccolo facevo una marachella, mio padre per punizione mi mandava in campagna. Tanto bastava zappare... Oggi non è più così: ci vuole la specializzazione per stare in campagna. E, oltre che con le piante, bisogna saper parlare con il computer, per un piano personalizzato di concimazione, per strategie di marketing». Terzo consiglio: «Starsene da soli. Fino al 1994 ero nel consorzio, poi ne sono uscito, pur producendo soltanto Igp. Troppe teste diverse, una forza che ti tira giù, al ribasso. Nell'innovazione, nella sperimentazione, nella politica dei prezzi». In due parole: fudda e malavinnita. Contro le quali il professore, mostrando il suo pomodorino pregiato, si trasforma in esorcista.
Ma. B.
Fonte:
LaSicilia.it il 10-09-2010 - Categoria:
Cronaca