Coldiretti e Cia accusano «Penalizzati gli agricoltori». «I prezzi all’origine oscillano tra i 5 e i 20 centesimi al chilo Nei negozi arrivano a 2 euro al chilo per il ciliegino di Pachino e il datterino»
Venti di guerra sul fronte del pomodoro e dell’uva made Veneto e Italia. Produttori e associazioni di categoria agricole sono pronte a dare battaglia per salvare il pomodoro italiano da industria dall’invasione cinese. Dopo mele e vino, infatti, sulle tavole la passata di pomodoro parla sempre più cinese: solo nell’ultimo anno sono arrivate in Italia 150 mila tonnellate di concentrato di pomodoro.
E alla beffa del falso made in Italy si aggiunge quella legata al caro-prezzi. Un chilo di pomodoro viene pagato all’origine sul campo tra i 5 e i 20 centesimi per poi essere venduto al consumatore ad un prezzo esorbitante che oscilla tra i 40 centesimi e 1,80 euro per ciascun chilogrammo.
Ma i coltivatori sono pronti alla rivolta: «Finiamola con le speculazioni».Intanto, dal mercato agroalimentare all’ingrosso arrivani i prezzi di vendita di alcuni prodotti di largo consumo (vedi tabella qui a fianco): rispetto allo scorso anno gli incrementi maggiori riguardano le melanzane lunghe, le zucchine verdi e i fagiolini bobys, i cui prezzi all’ingrosso sono finiti alle stelle, con rincari del 300%: che sia colpa della pioggia?
La crisi del pomodoro
E’ da quattro anni sotto i riflettori della ribalta. Le sue fotografie riempiono giornali e tabloid patinati, si indicono tavole rotonde e dibattiti parlamentari: è l’ortofrutta, la vera protagonista della tempesta mass-mediatica, che oggi si specchia con forte preoccupazione nella lotta al carovita e nelle conseguenti tensioni sui campi.
Il grido d’allarme è lanciato in contemporanea da Coldiretti e Cia di Padova: «I produttori di pomodoro sono in gravi difficoltà: le industrie di trasformazione non rispettano gli accordi e sui campi c’è grande incertezza», avvertono insieme Paolo Martin, direttore della Coldiretti di Padova e Daniele Toniolo, presidente provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori Daniele Toniolo. E’ una situazione sempre più insostenibile nel settore del pomodoro da industria, con i produttori agricoli in pesanti difficoltà e che vedono i loro redditi falcidiati.
Le industrie conserviere hanno infatti assunto un «atteggiamento immotivato» non rispettando gli accordi sottoscritti a suo tempo, gridano centinaia di agricoltori agricoltoripadovani e veneti che ora sono costretti a fare i conti con tonnellate di prodotto fermo sui campi: sui mercati, a causa di una maturazione precoce, c’è infatti molto prodotto (nonostante la riduzione delle superfici coltivate del 15 per cento rispetto allo scorso anno), ma la domanda è assai ridotta.
«Oltretutto», dice Toniolo, «le industrie di trasformazione hanno i magazzini pieni di stock e non comprano. Alcune hanno abbassato i prezzi rispetto ai contratti stipulati e altre non hanno neanche aperto. E ciò non fa altro che creare grande incertezza tra i produttori che non sono nelle condizioni di collocare il prodotto».
Per questo motivo Cia e Coldiretti sono pronte a sviluppare tutte le iniziative necessarie per riportare tranquillità sul mercato e tutelare i redditi degli agricoltori, peraltro già penalizzati da una serie di problemi, di oneri e di costi che hanno notevolmente appesantito la gestione delle imprese.
La questione del pomodoro da industria è solo uno dei tanti preoccupanti segnali che vedono l’agricoltura in difficoltà sia sul fronte dei redditi che su quello della competitività delle aziende, che continua a diminuire giorno dopo giorno.
Tra prezzi sui campi che scendono e costi di produzione onerosi, il panorama è sempre più costellato da ombre incombenti.
Prodotti esteri in tavola Pesche turche, mele e vino cinesi, uva sudafricana. Sono solo alcuni esempi di come sulle tavole di casa regni l’agroalimentare straniero.
Un colpo basso alla qualità e tipicità dei prodotti made in Italy. L’ultimo esempio è, appunto, il pomodoro da sugo proveniente dal Far East. «Il concentrato di pomodoro», conclude il presidente della Coldiretti Marco Calaon, «è la principale voce delle esportazioni agroalimentari cinesi in Italia, con un valore che nel 2004 ha superato i 62 milioni di euro. E in Italia, dopo essere stato rilavorato e diluito, con l’inganno il concentrato cinese diventa spesso passata tricolore per mancanza d’informazioni chiare sull’origine in etichetta».
Fonte:
Greeplanet.net/Il Mattino il 30-08-2005 - Categoria:
Economia