PACHINO - Uno studio sull'etimologia del nome "Pachino", che segue di poche settimane quella sulla grotta di Calafarina. E' questa la nuova fatica portata avanti dal geologo Alberto Rabito. Si parte dall'aggettivo "Pacus" (grosso, grasso , denso , ampio , carnoso, ben nutrito ,solido , forte, robusto, fertile ) e si arriva al verbo "Pacüno" (rendere grasso, ingrassare, denso) che implicherebbe anche il concetto di rendere fertile , rendere forte, rendere carnoso e rendere robusto. «Ci si trova d'accordo che molti toponimi - scrive Rabito - si ricollegano alla geomorfologia, alle caratteristiche climatiche, alla fertilità ed alla posizione strategica del territorio. Il nostro territorio, il più assolato d'Italia , beneficia di un microclima che anche in tempi remoti doveva essere ben noto».
I più accreditati degli scrittori dicono che i Sicani che abitavano anticamente l'isola erano autoctoni e che le dee Demetra e Kore per prime si mostrarono in Sicilia. Ci sono anche riferimenti dal poeta Omero. «L'isola poi toccherai Trinacria, dove del Sole sono allevate le molte giovenche e le floride greggi ; sette mandre di vacche , di pecore belle altrettante , ch'hanno cinquanta capi ciascuna" (Odissea, XII, 127-136 ).
«Se ritorniamo all'aggettivo "Pacus"- prosegue Rabito - ed al verbo Pacuno con i relativi significati ed accostiamo questi alle potenziali risorse del territorio, possiamo con una certa attendibilità dare un'interpretazione etimologica del nome Pachino.
«Quando parliamo di risorse vanno considerate l'allevamento, l'agricoltura, la pesca,la caccia ed il sottosuolo. Quindi avendo a disposizione un terra fertile , rigogliosa , con una produzione, magari molto al di sopra della media, di frumento, frutta ,vino, con un mare pescoso, tonni ed altro, con pascoli abbondati e animali ben grassi e forti, presenza di molta acqua, un clima favorevole e piacevole, prodotti come il vino che per qualità e quantità poteva benissimo primeggiare.
«Se rimaniamo stupiti dalla bellezza deturpata di Vendicari , dovremmo chiedere ai nostri vecchi cosa era cinquanta o sessanta anni fa il territorio di Pachino ed in particolar modo il nostro litorale di levante, e poi chiudendo gli occhi potremmo immaginarlo duemila anni fa». C'è anche un riferimento a Dioniso , dio della natura che presiedeva alla crescita degli alberi da frutto e della vite, e che era onorato dai contadini. «I contadini festeggiavano nello stesso modo Demetra e Dioniso, dea dei cereali e dio del vino. Dioniso governa il ciclo delle stagioni, fa ricrescere la vita poiché è il dio della natura. La più grande festa dionisiaca era quella che si celebrava alla fine della vendemmia». Rabito sottolinea le ricerche effettuato dallo storico Corrado Cernigliaro. «Tralascio le ipotesi derivanti dalla parola fenicia "Bachnn"ed il suo significato di vedetta, torre di guardia , e le implicazioni fonetiche che ne sono scaturite, poiché mi sento di concordare con il professor Tusa sul fatto che l'assonanza linguistica tra "Pachum o Bachum" e Pachino può essere solo una coincidenza. «Se il termine semitico Pachum significa "vedetta" , Pachum diventa generico, un termine che potrebbe, in lingua semitica , configurare un qualsiasi punto di avvistamento. «Se invece è un nome ben preciso, identificativo, dato ad una preciso luogo di avvistamento , in questo caso dobbiamo aiutarci con altre ipotesi etimologiche. «L'altra ipotesi, storico-linguistica, è relativa alla passa di tonni che sostiene che «Pachino deriverebbe da Pachy thynnos, che significherebbe " Passaggio di tonni» pone alcune considerazioni. Il termine Pachy significa: grosso, grasso, carnoso, denso , ben nutrito, forte, robusto, fertile. Se riferito ai tonni (thynnos) sarebbe logico ed appropriato». Una conferma, insomma della vocazione marinara di Pachino fin dai primi insediamenti e del suo essere proteso verso un mare dal quale trovava (adesso in misura assai più ridotta) sostentamento sotto la forma di cibo e di reddito, poiché gli animali catturati venivano commercializzati.
Sergio Taccone
Fonte:
LaSicilia.it il 15-05-2004 - Categoria:
Cultura e spettacolo
PACHINO – ETIMOLOGIA – Pacüs - Pacüno Mi sono sforzato di rendere i termini greci ,ove è stato possibile , pur cosciente delle limitazioni che la scelta comporta, con la scrittura che li potesse avvicinare maggiormente a una pronuncia italofona per meglio rendere la valenza del termine e per ovviare alla mancata visualizzazione dei vocaboli greci. Ci si propone , grazie all’etimologia e all’aiuto fonetico di alcuni termini greci, di attribuire al nome Pachino il significato di “luogo o terra fertile “ che di conseguenza rende forte, grasso etc. . Pacüs , Pacheia , Pacü Pacü - ( notare l’assonanza fonetica del termine Pacü con la radice Pachi del nome Pachino - l’attenzione va posta sulla “u” con la dieresi (ü) che ci porta a una pronuncia simile a Pachiu Pacüs , Pacheia , Pacü = grosso, grasso , denso , ampio , carnoso, ben nutrito ,solido , forte , robusto, fertile . Pacüno ( foneticamente simile a Pachino ) = rendere spesso, rendere grasso, ingrassare Legato all’aggettivo Pacüs (grosso, grasso , denso , ampio , carnoso, ben nutrito ,solido , forte, robusto, fertile ) troviamo il verbo Pacüno ( rendere grasso, ingrassare, denso) che implicherebbe anche il concetto di rendere fertile , rendere forte, rendere carnoso, rendere robusto etc. A questo punto possiamo affrontare l’etimologia del nome Pachino accostando al territorio i significati di Pacüs o di Pacüno , tenendo conto di elementi possibili che possano contribuire a sorreggere e rendere credibile una nuova interpretazione etimologica. Ci si trova d’accordo che molti toponimi si ricollegano alla geomorfologia , alle caratteristiche climatiche , alla fertilità , all’abbondanza , alla posizione strategica del territorio , etc. Il nostro territorio, il più assolato d’Italia , beneficia di un microclima che anche in tempi remoti doveva essere ben noto. Riporto fedelmente quanto tratto dal libro di Benet Parodi “Miti e storie della Sicilia Antica “a proposito di alcuni brani tratti dalla Biblioteca Storica di Diodoro Siculo: “ I più accreditati degli scrittori dicono che i Sicani che abitavano anticamente l’isola erano autoctoni , e che le nominate dee ( Demetra e Kore ) per prime si mostrarono in quest’isola ( la Sicilia ) , e che per la fecondità della terra , in questa spuntarono per prima le biade. Le quali cose il più illustre dei poeti ( Omero ) conferma dicendo: Ma senza che si semini e si solchi , crescono orzo e frumento,viti dai grossi grappoli apportano vino, e questi la pioggia di Giove fa crescere”. Relativamente a quanto detto sopra, è intuitivo che voglia intendere quanto la Sicilia potesse essere fertile e quindi ricca di risorse naturali. La prosperità e l’abbondanza non si riferiva solo ai frutti della natura, ma anche alle mandrie e greggi , grazie ai rigogliosi pascoli. Infatti , Omera ancora attesta : “ L’isola poi toccherai Trinacria , dove del Sole sono allevate le molte giovenche e le floride greggi ; sette mandre di vacche , di pecore belle altrettante , ch’hanno cinquanta capi ciascuna……. (Odisseo, XII, 127-136 )”. Quindi se ritorniamo all’aggettivo “Pacus”ed al verbo Pacuno con i relativi significati ( fertile , ben nutrito , grasso, rendere grasso, ingrassare , forte , etc…. ) ed accostiamo questi alle potenziali risorse del territorio possiamo con una certa attendibilità dare un’ interpretazione etimologica del nome Pachino. Quando parliamo di risorse , vanno considerate l’allevamento,l’agricoltura, la pesca,la caccia ,il sottosuolo etc.. Quindi avendo a disposizione un terra fertile , rigogliosa , con una produzione (magari molto al di sopra della media ) di frumento, frutta ,vino, con un mare pescoso ( tonni ed altro ), con pascoli abbondati e animali ben grassi e forti , presenza di molta acqua, un clima favorevole e piacevole , prodotti come il vino che per qualità ( forte , dal mosto denso ) e quantità poteva benissimo primeggiare, cosa non potrebbe giustificare che Pachino potrebbe significare “ territorio fertile - dell’abbondanza – della terra che ingrassa – che ingrossa – che rende forte – che nutre tutti “. Se rimaniamo stupiti dalla bellezza deturpata di Vendicari , dovremmo chiedere ai nostri vecchi cosa era cinquanta o sessanta anni fa il territorio di Pachino ed in particolar modo il nostro litorale di levante, e poi chiudendo gli occhi potremmo immaginarlo duemila anni fa. Abbiamo già trattato del possibile significato del termine Kalafarina e dei probabili rituali connessi alla dea Demetra-Kore, per cui è necessario collegare a queste ultime un’altra divinità che , per molti punti in comune, potrebbe solo rafforzare la valenza storico religiosa , a favore della fertilità e della produttività del territorio. Dioniso , dio della natura che presiedeva alla crescita degli alberi da frutto e della vite , era onorato dai contadini. I contadini festeggiavano nello stesso modo Demetra e Dioniso, dea dei cereali e dio del vino. Dioniso governa il ciclo delle stagioni ,fa ricrescere la vita poiché è il dio della natura .La più grande festa dionisiaca era quella che si celebrava alla fine della vendemmia. Dioniso era definito “ il bello – Dioniso kalon ( bello – la cui radice del termine la troviamo in Kalafarina ) “. Le feste dionisiache si celebravano spesso nei pressi o all’interno di grotte, poiché lo stesso Dioniso fu allevato in una grotta. Dioniso come dio del vino e degli alberi da frutto è spesso citato insieme a Demetra , dea dei cerali. Il phallos unito al liknon rappresenta l’unione tra Demetra, la Madre Natura e Dioniso , principio virile della fecondità. Al termine della mietitura e della trebbiatura del grano si celebrava una festa in onore di Demetra e anche di Dioniso. Questa festa veniva chiamata “ Festa dell’Aia”per celebrare l’unione mistica tra Demetra – Kore – Dioniso. Tra i servitori di Dioniso alcuni avevano il titolo onorifico di Boukòlos e cioè di mandriani o bovari, altri di caprai, di grado inferiore ai primi , entrambi vestivano con abiti appropriati al culto del dio. Sia la caccia che la pesca appartengono al repertorio dionisiaco. Quando Nonno racconta dell’immersione in acqua di Dioniso afferma che anche i satiri lo seguirono e uno di essi pescò con le mani un pesce che offrì al dio. Nel culto di Dioniso la vita dei campi era una vita di pace , prosperità e felicità , dove si mangiava e si beveva bene, si godeva delle gioie dell’amore e ci si liberava delle preoccupazioni della vita quotidiana. Per agevolare il lettore in una eventuale ricerca sulla possibile origine del nome Pachino consiglierei di consultare lo scrupoloso lavoro di Corrado Cernigliaro edito nel libro “Portopalo di Capo Passero “, alle pagine da 18 a 21. Per ovvi motivi , riporterò qui di seguito solo alcuni periodi, i più significativi , utili a sostenere un confronto e a considerare altre ipotesi a supporto etimologico del nome Pachino. Si tralasciano le ipotesi derivanti dalla parola fenicia “Bachnn”ed il suo significato di vedetta, torre di guardia , e le implicazioni fonetiche che ne sono scaturite poiché mi sento di concordare con il Prof.Tusa sul fatto che l’assonanza linguistica tra “Pachum o Bachum” e Pachino può essere solo una coincidenza. Se il termine semitico Pachum significa “vedetta” , Pachum diventa generico,un termine che potrebbe , il lingua semitica , configurare un qualsiasi punto di avvistamento. Se invece è un nome ben preciso, identificativo, dato ad una preciso luogo di avvistamento , in questo caso dobbiamo aiutarci con altre ipotesi etimologiche. L’altra ipotesi , storico-linguistica ,relativa alla passa di tonni che sostiene che “Pachino deriverebbe da Pachy thynnos, che significherebbe “ Passaggio di tonni” pone alcune considerazioni. Il termine Pachy significa : grosso, grasso, carnoso, denso , ben nutrito, forte, robusto, fertile. Se riferito ai tonni ( thynnos ) sarebbe logico ed appropriato affiancargli gli aggettivi grosso, grasso,carnoso, ben nutrito ;di conseguenza avremmo tonni grossi, grassi, ben nutriti, carnosi per cui il termine Pachy thynnos sarebbe più che attinente. Quindi luogo dei tonni grassi, grossi etc., altrimenti la deduzione di “Passaggio di tonni “ sembrerebbe più estrapolazione, una forzatura , una licenza . L’altra considerazione che vede “Pachy oinos”, dal significato di “molto vino” , da cui “ Pachoinos” che diede origine a “ Pachinos “, viene respinta solamente come ipotesi azzardata . A questo punto le ipotesi sono più o meno tutte azzardate, solo l’apporto di nuove congetture, su basi concrete, possono far propendere per l’una o per l’altra, quindi è doveroso porre attenzione anche a questa interpretazione etimologica. Anche in questo caso il punto di partenza è Pachy che come suddetto può anche significare denso, forte, robusto che unito a oinos ( vino ) può significare “ vino forte , robusto, denso “. Quindi terra del “vino forte , robusto , denso,” interpretazione giustificabile al pari di Pachythynnos , supportata anche dalla documentata millenaria produzione e dalla indiscutibile qualità del nostro vino ; anche in questo caso con la probabile forzatura interpretativa con molto vino ( in cui la traduzione di “molto”dovrebbe essere Polüs ) o passaggio ( in cui la traduzione di “ passaggio “ dovrebbe essere “ Diabasis “ ) di tonni della spiegazione precedente. Per quanto riguarda l’interpretazione della parola Pachino , Fazzello la deriva da Pachius , dando a quest’ultimo il significato di denso, grasso, aggettivi che caratterizzerebbero l’aria del luogo come pesante , a sottintenderla come malsana. Nella “Storia di Pachino “ della Bugliarisi di Maio viene riportata la derivazione di Pachino dal greco Pachis, grosso, dall’aria pesante , per le paludi e gli stagni che la circondavano; coincidenza che propenderebbe per quanto sostenne il Fazzello. L’aria di Pachino, se a maggior ragione consideriamo il presente , grazie ai venti regnanti , non è affatto pesante e tanto meno malsana in confronto ad altre realtà e alla consapevolezza in cui versa oggi l’inquinamento atmosferico globale. Tralasciando eventuali malattie endemiche, che erano computate nello sviluppo di una comunità, le aree paludose erano parte integrante dell’economia del territorio. Queste aree erano prese in considerazione più di quanto ci possiamo immaginare per trarne materia prima e rafforzarne la produttività del territorio. Attività sostenibili contribuivano al buon mantenimento delle aree paludose più di quanto ci si aspetterebbe oggi e quindi l’interpretazione del Fazzello andrebbe, senza ombra di dubbio scartata . Alberto Rabito