PACHINO - Gli operatori sanitari e la sindrome di burnout sono state analizzate dal dottore Pietro Ferrara che, ha notato come chi lavora negli ospedali a stretto contatto con le persone che soffrono, si trovano spesso a soffrire di questa malattia. Il burnout è un processo di logoramento interiore legato alle cosiddette "professioni di aiuto". In queste professioni rientrano gli psicologi, gli psichiatri, gli assistenti sociali, gli operatori sanitari e i medici, queste figure professionali, svolgendo il loro lavoro, sono caricate da una duplice fonte di stress, il loro stress personale e quello della persona aiutata. Ne consegue quindi che, se non opportunamente trattati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento processo di "logoramento interno" e di "decadenza" psicofisica" dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato.

«Molti operatori sanitari - spiega il dottore Pietro Ferrara - dopo aver lavorato per un lungo periodo di tempo accanto a persone sofferenti, condividendone il dolore e le frustrazioni, sviluppano una sindrome denominata comunemente burnout. Questa parola significa letteralmente "bruciarsi" ma può essere definita anche come "fatica da compassione", ovvero la fatica che gli operatori sanitari provano nello stare per lungo periodo a contatto con persone che soffrono.
Il burnout può portare alla depressione ma, la cosa tragica, è che molti professionisti della salute, non si accorgono di soffrire di questa patologia se non quando ormai è troppo tardi. Questa sindrome non si manifesta da un giorno all'altro ma, segue diverse fasi. Si va dall'entusiasmo del giovane professionista che si sente invincibile e crede di poter sopportare tutto, all'insoddisfazione per i risultati deludenti ottenuti, fino ad arrivare all'apatia, ovvero il rifiuto della vita e del malato. I fattori che entrano in gioco quando si parla di questa sindrome sono tanti e gli operatori sanitari malati, spesso sono restii a chiedere aiuto».

Silvestra Sorbera