PORTOPALO - La notizia del cadavere ritrovato dal motopesca "Mauro Figlio" ha fatto in poco tempo il giro del paese. Già nell'estate del 1996 lo stesso peschereccio aveva trovato, impigliato tra le reti, il corpo di un migrante, riportandolo a terra. Un chiaro segnale di alto senso civico e rispetto della morte, quello che mancò ad altri pescatori, quelli che all'inizio del 1997 trovarono nelle paranze i corpi di coloro che erano morti nel naufragio di Natale, ributtandoli a mare e scegliendo il silenzio per cinque, lunghi anni. Lo sbarco di migranti in paese, che sia al porto o lungo la costa, quasi non fa più notizia a Portopalo. Questa comunità, sin dall'inizio degli anni 90, quando il fenomeno degli approdi di clandestini cominciò ad interessare anche l'estremità sudorientale della Sicilia, ha sempre messo in evidenza un alto senso dell'accoglienza che con il tempo è andato sempre più rafforzandosi anche grazie alla costituzione di realtà organizzate di volontariato: la Protezione civile, costituita nell'estate del 1999, e la Misericordia su tutte, non tralasciando la Croce Rossa e la Caritas Parrocchiale. Ma come vive la cittadinanza questa continua sequenza di sbarchi? «A dire il vero non se ne accorge, a parte i volontari e le forze dell'ordine che seguono le fasi della prima accoglienza. - ci dice un commerciante del posto - Più che altro sentiamo le sirene delle forze dell'ordine o dell'autoasmbulanza che si dirigono verso il porto e capiamo che c'è uno sbarco. Ma al di là di questo non c'è alcun collegamento».
Qualche domenica fa, nei pressi di una spiaggia molto affollata, un gruppo di immigrati ha sistemato l'imbarcazione sulla battigia, quasi aspettando l'arrivo della polizia. «Ero in spiaggia quel giorno - afferma Giuseppe - e notando queste persone dirigersi verso la battigia ho subito intuito che doveva trattarsi di immigrati sbarcati clandestinamente». Qualche volta l'intercettamento avviene a sbarco già avvenuto, magari su segnalazione di un automobilista di passaggio. Corrado Scala è il coordinatore del gruppo di Protezione civile. È un operatore turistico che, tra l'arrivo di una comitiva di visitatori e la cura delle sue strutture ricettive, trova lo spazio per fare del volontariato. «A Portopalo il dovere di accogliere gli extracomunitari è molto sentito - dichiara Scala - e questo è testimoniato da coloro che, in ogni momento, si mettono a disposizione delle forze dell'ordine per il primo soccorso post-sbarco. Siamo una piccola realtà ma oltremodo operativa anche se ci muoviamo in mezzo ad una miriade di difficoltà di natura logistica. Non c'è una struttura i grado di assicurare la prima ospitalità, che spesso viene fatta sotto il sole, sulla banchina del porto». Francesco Campisi è l'autista ufficiale del gruppo di Protezione civile. «Noi ci siamo sempre e non da ora. Sentiamo forte il dovere di accogliere quanti arrivano, stremati, da queste parti. Altri preferiscono soltanto riempirsi la bocca di accoglienza veso i migranti, ma al porto le facce sono sempre le stesse».
SERGIO TACCONE
Fonte:
LaSicilia.it il 26-07-2007 - Categoria:
Cronaca