E' stata rinviata al 29 aprile il processo a carico del libanese Youssef El Hallal e del pakistano Sheik Amhed Thurab, accusati di omicidio plurimo volontario per la morte di quasi trecento migranti la notte del Natale '96 a largo di Capo Passero. Il rinvio è motivato dallo sciopero dei legali e ieri il dibattimento doveva ripartire dopo uno sto di una ventina di giorni. Nell'ultima udienza era stato superato lo scoglio della posizione giuridica del comandante della motonave Yohan, El Hallal appunto, che per il rigetto della richiesta di estradizione da parte dei giudici della Corte d'Appello di Orlèans è da considerare contumace e non più latitante.
Un elemento importante può essere rappresentato dall'eventuale presenza in aula di alcuni sopravvissuti al naufragio che costituisce la più grave tragedia nel Mediterraneo dalla fine della seconda guerra mondiale. Fin qui il processo, cominciato nell'ottobre dell'anno scorso, è andato avanti piuttosto a rilento. Una lentezza determinata soprattutto dalla definizione della posizione di El Hallal che nel maggio del 2003 rilasciò una lunga intervista al quotidiano Repubblica dove lanciava anche delle precise accuse.
In quell'occasione, infatti, il capitano della motonave battente bandiera honduregna dichiarò al giornalista di aver detto subito dove andare a cercare il relitto, sapendo che si trattava di acque internazionali. «Non mi hanno creduto - aggiunse El Hallal - non vogliono, non hanno mai voluto la verità». Sarebbe interessante ai fini dell'accertamento della verità processuale capire a chi alludesse El Hallal che del resto già nel corso di un documentario televisivo Rai condotto da Enrico Deaglio, andato in onda nel giugno del 2001, aveva manifestato dubbi sul reale interesse delle autorità di recuperare il relitto e riconoscere ufficialmente l'entità della tragedia.
s. t.
Fonte: LaSicilia.it il 02-04-2004 - Categoria: Cronaca