Nelle campagne un esercito di immigrati, senza regole e con pochi soldi. Non sono "riconosciuti", ma costituiscono il motore del lavoro dei campi, la maggior parte sono uomini intorno ai 30 anni e arrivano dall´Africa
Viaggiano a seconda delle stagioni, inseguendo il caldo, e i posti migliori, come i pensionati di certi film americani. Ad aspettarli però non trovano stanze di albergo, ma edifici abbandonati, spesso senza acqua né luce: e se sono fortunati, un lavoro per il giorno dopo. Sono 12mila i lavoratori stagionali impiegati nell´agricoltura nel Sud dell´Italia: soltanto una piccola parte di loro lavora in maniera regolare. A tutti gli altri l´associazione Medici senza frontiere (Msf) dedica "I frutti dell´ipocrisia", la prima analisi sulle condizioni di vita e di salute dei lavoratori impiegati nell´agricoltura italiana.
L´indagine è stata realizzata da un´equipe di Msf che per 9 mesi ha percorso il Sud d´Italia a bordo di un camioncino-ambulanza: il risultato sono 132 pagine di ritratto di quella che l´ong chiama «una popolazione che vive nel paradosso di non esistere ufficialmente e allo stesso tempo di essere l´insostituibile motore dell´agricoltura italiana». Una popolazione «invisibile», condannata da quello stesso sistema che dovrebbe garantirla: le quote, inversamente proporzionali al tasso di disoccupazione, condannano il Sud a una scarsità di manodopera a cui i lavoratori in nero rappresentano la risposta più semplice.
Che la piaga del lavoro nero nei campi del Sud fosse estesa, si sapeva. A spaventare è il quanto: nessuno dei 770 lavoratori incontrati dai volontari di Msf è tutelato da contratto. Il 23,4% di loro, formalmente, non potrebbe neanche lavorare: sono richiedenti asilo, persone a cui la legge garantisce tutela e assistenza, e che invece, in attesa di una risposta che impiega anni ad arrivare, raccolgono pomodori in Puglia o uva in Sicilia. Nella maggior parte dei casi, gli «invisibili» sono uomini (91,4%), per lo più intorno ai trent´anni, provenienti dalla zona più povera del pianeta, l´Africa sub-sahariana (67,1%). L´Italia è per il loro il risultato di un viaggio attraverso il deserto e di una traversata a bordo di gommoni o «carrette del mare». Un miraggio trasformato in incubo: il 40% degli intervistati da Msf vive in case abbandonate, il 36% in spazi sovraffollati - dove paga l´affitto - il 50% non ha a disposizione acqua corrente, il 30% divide il materasso su cui dorme con un´altra persona. Quasi nessuno - nonostante sia un diritto garantito per legge - ha mai avuto contatti con il servizio sanitario pubblico: ma solo il 5,6% è stato definito dai medici dell´associazione in «buone condizioni di salute».
Non va meglio dal punto di vista del lavoro: la maggior parte degli intervistati lavora solo per 3-4 giorni alla settimana, paga al caporale che procura l´impiego i costi del trasporto per raggiungere il campo, guadagna per 8-10 ore al sole una cifra fra i 25 e i 40 euro. Condizioni che ricordano quelle descritte da Stefano Jacini nei "I risultati dell´inchiesta agraria", l´indagine che denunciò lo stato di vita dei lavoratori delle campagne del Sud. Era il 1884.
Fonte:
Greenplanet.net/La Repubblica il 31-03-2005 - Categoria:
Cronaca