Ci sono due termini che in una democrazia sono antitetici: trasparenza ed emergenza.
La trasparenza è l’ambito della normalità democratica e quindi dell’azione politica, dei rapporti collettivi, da non confondere mai con il controllo dell’individuo, della libertà e della privacy, fondamenti sacri della libertà democratica. Il sistema di controllo deve semmai essere la regola per la politica. O meglio dovrebbe essere… perché nei fatti oggi non a Pachino non è così.
Fra i balletti politici che coinvolgono Pachino troppo spesso scivolano in secondo piano le questioni cocenti della città. Poltrone da assegnare, occupazione di posti strategici, soddisfare i bisogni personali, la bigotta e ignorante politica locale comincia e termina in tali, ridicoli, giochi di potere.
Come ho già avuto modo di scrivere, la corda della sopportazione cittadina, legata comunque ai meccanismi clientelari dell’attuale classe politica, rischia di spezzarsi. Basterebbe allora un ceto dirigente saggio e credibile, in grado di intercettare il malcontento diffuso e proporre una alternativa di progresso, per guadagnare il consenso della città.
Purtroppo, ad oggi, l’esistenza di tale, lungimirante, classe politica, è tutta da dimostrare.
Pachino subisce la mancanza di una politica di riforma sociale in grado di incentivare gli investimenti locali ed accrescere l’occupazione e l’economia. Una strategia che attiri gli investimenti imprenditoriali non esiste.
In sette mesi di amministrazione l’immobilismo è totale: non è stato nemmeno sfiorato un solo punto del programma politico. Non riescono a individuare un difensore civico perché le logiche del potere prevalgono sulle competenze e sui curriculum; per approvare un progetto edilizio i tempi di approvazione sono biblici; è stato inoltre nominato un commissario straordinario che ha il compito di sopperire alle eccessive lungaggini ed a sollecitare l'approvazione del nuovo piano regolatore; l’economia è disastrata, l’agricoltura in crisi, la disoccupazione alle stelle, abbiamo strade e infrastrutture che non possono essere definite tali; il comune ha un debito faraonico e si cerca di rimediare qualche soldo battendo cassa sulle “famose” bollette dell’acqua. E intanto si spendono quattrini (parecchi) per gli esperti (ma di cosa?). E ancora, l’evanescenza del turismo, mancanza concepita da una scarsa capacità nel valorizzare le effettive risorse locali, ritempra la stagnazione economica delle singole famiglie e dello stesso Comune. Quei pochi interventi pubblici sono stati attivati da amministrazioni passate.
Cosa si è fatto di concreto per tentare di affrontare queste problematiche che soffocano Pachino? Nulla!!! Basta leggere il programma politico, che ha permesso a questa amministrazione di vincere le elezioni, per rendersi conto che, bugie, inettitudine, stagnazione, incompetenza e personalismi sono caratteristiche fondanti di questa amministrazione.
Una vera classe dirigente, coesa e illuminata, capace di individuare soluzioni a tali problematiche, ancora non esiste. E gli uomini politici che sembrerebbero avere intenzione di reagire all’attuale, frustrante, status paiono impegolati in criteri di poteri vecchi e non più funzionali.
Ci si chiede: non è forse giunto il momento, per il bene della città, di operare una svolta e tentare di impegnarsi in una vera alternativa, con uomini e idee nuove, non più legate ad un immobilismo intollerabile?
Lavorare concretamente, coinvolgendo l’ampia porzione di cittadinanza che auspica autenticamente un’alternativa rispetto all’attuale modo di gestire la cosa pubblica, non lo ispira un ragionamento di basso tornaconto politico ma la salute, assai compromessa, di Pachino. Una Pachino che lenta agonizza fra l’indifferenza di una politica incompetente e irresponsabile, e che risulta ancora priva di progetti e idee in grado di segnarne il recupero e il rilancio.
Concludo con una riflessione sull’ufficio politico. Sulla carta doveva permettere di seguire da vicino le attività della giunta municipale e consentire un'attenta programmazione e valutazione con funzioni di indirizzo politico-amministrativo. Le decisioni politiche dovevano passare per l’ufficio politico che era quindi sinonimo di trasparenza. Ma sin dalla sua nascita, ha avuto delle vicende travagliate in quanto organo mal digerito a cominciare dal primo cittadino per il semplice motivo che veniva ridimensionato nelle decisioni.
Considerato che le nomine dei tre assessori non sono passate per tale ufficio, ma dal sindaco che, vedendosi traballare la poltrona, decide (da solo) di accontentare qualche consigliere che altrimenti poteva metterlo in minoranza in consiglio. Allora ci si chiede: che senso ha rilanciare e mantenere un organo del tutto inutile visto che le decisioni politiche passano attraverso altri uffici? E poi, il rilancio dell’ufficio politico, viene attualmente incoraggiato da quelle forze che, entrando in giunta ponevano in essere l’inefficacia e quindi il fallimento dell’ufficio politico. Il problema dei tre assessori –caro presidente del Consiglio - non deve essere affrontato dopo che sono stati nominati; correttezza e trasparenza imponevano una discussione, un dibattito, con scambi di opinioni da parte delle forze politiche interessate, prima di nominarli, seduti attorno a un tavolo. Purtroppo, questo non è avvenuto e assistiamo al solito teatrino della politica pachinese che ha per protagonisti pessimi attori. È un modo per legittimare un passaggio politico non trasparente, non coerente e soprattutto sbagliato. Si rassegni la sinistra esclusa: questi sagaci politici non hanno l’onestà politica e intellettuale di dimettersi.
F.TO
Il responsabile locale dei verdi
Dott. Concetto Amenta