Avevano saputo che il titolare di un'azienda specializzata nel commercio di prodotti ittici stava attraversando un periodo di crisi per via di certe difficoltà economiche e per questo si erano detti disposti ad aiutarlo. No, non pensate che i gruppi criminali di casa nostra siano diventati all'improvviso la «Fatebenefratelli». La mossa in questione era tutt'altro che disinteressata. L'obiettivo del clan, infatti, era quello di non far fallire l'azienda in questione - ovvero, secondo quanto accertato in fase di indagine, la «Portopal Pesca & C. s.a.s.» di Paolo Campisi - per poi assorbirla lentamente, fin quando questa non sarebbe diventata di proprietà assoluta dell'organizzazione criminale. Nel frattempo, però, al vecchio proprietario sarebbero stati chiesti tutta una serie di favori, l'ultimo dei quali avrebbe portato nei guai tanto lo sfortunato imprenditore, quanto alcuni dei suoi nuovi compari: Orazio Bonaccorsi, quarantatré anni, abitante a Catania in via Sardegna; Carmelo Occhione, trentotto anni, abitante a Catania in via Scuto Costarelli; Carmelo Massimo Tomasello, trentadue anni, abitante a Catania in via delle Robinie.
I tre, secondo le accuse, farebbero parte del gruppo del «Traforo» (così intesa dai catanesi la zona di via Pulet e via Campo Trincerato), parte integrante, garantiscono in questura, del clan mafioso guidato dall'uomo d'onore Santo Mazzei «'u carcagnusu», alleato fidato del boss palermitano Vito Vitale. In base a quanto accertato dalle indagini della squadra mobile di Catania, indagini coordinate dal sostituto procuratore della Repubblica e componente della Dda Marisa Acagnino, il terzetto del «Traforo» avrebbe convinto il Campisi (originario di Pachino, residente a Capo Passero in via Algeria, fino a ieri incensurato) a tentare una truffa ai danni di un'agenzia d'assicurazioni con sede nel centro di Catania. In pratica l'imprenditore avrebbe denunciato una serie di falsi danneggiamenti alla struttura che ospitava la sua azienda, chiedendo il rimborso dei danni alla compagnia assicurativa.
Rimborso quantificato in cinquantamila euro.
La pratica è stata liquidata ieri mattina e, a detta degli investigatori, questi soldi sarebbero serviti a finanziare le attività illecite del clan, nonché ad aiutare le famiglie dei detenuti. Purtroppo per il Campisi e per il terzetto del «Traforo», però, il denaro non arriverà mai a destinazione.
Già, perché gli agenti della squadra mobile hanno fermato l'imprenditore mentre, assegno circolare appena riposto nel portafogli, si apprestrava a far ritorno a casa. All'uomo è stato contestato il reato di truffa aggravata.
Contestualmente, sempre su disposizione della dottoressa Acagnino, venivano posti in stato di fermo Bonaccorsi, Occhione e Tomasello, ai quali veniva contestata l'associazione mafiosa finalizzata ad estorsioni, usura e truffa. Il reato viene aggravato dalla disponibilità di armi, visto che in casa dell'Occhione i poliziotti hanno trovato, oltre ad una pistola giocattolo, una «Beretta» semiautomatica 7,65 con caricatore, un giubbotto antiproiettili, nonché materiale per il taglio e il confezionamento di sostanze stupefacenti.
Fonte:
LaSicilia.it il 21-11-2002 - Categoria:
Cronaca