MARZAMEMI - Non un ostacolo, non un limite, non un confine. Frontiera e basta. Punto di un insieme in cui non esiste né interno né esterno ma tutti i punti insieme sono la frontiera. E' la fede gigantesca e universale che dal 2001 anima una squadra di «marine» del cinema, in testa il regista Nello Correale direttore artistico del Festival del Cinema di Frontiera, a Marzamemi in VI edizione dal 25 al 30 luglio, non senza il suo «doppio»organizzativo, Turi Pintaldi e Sebastiano Gesù, storico e «missionario» del cinema. Una frontiera sempre più felicemente «tracotante» che quest'anno si allunga a storie e geografie così lontane, così vicine. La sezione internazionale dei film in concorso - in prima serata, alle 21, nella magica Piazza Regina Margherita - dà cittadinanza a sei film che ribadiscono che la circonferenza è la frontiera del cerchio. Cioè del mondo. Accanto all'italiano My father ovvero papà Josef Mengele drammaticamente «scoperto» e raccontato dal figlio, firmato da Egidio Eronico (presente al Festival), ultima, grande interpretazione di Charlton Heston (con lui, Murray Abraham) c'è il ritorno del premio Oscar, Byambasuren Davaa («La storia del cammello che piange») qui regista di Il cane giallo della Mongolia in cui un'antica fiaba mongola nella quale una giovinetta guarirà soltanto dopo aver trovato l'amore e abbandonato il proprio cane qui viene «rivoltata» nella storia del cagnolino Zochor che salverà la famiglia della piccola Nansa, nomade della sterminata steppa mongola. Dall'Argentina - Bombon el perro, girato in Patagonia al Sudafrica bianco e nero di Gavin Hood regista di Il suo nome è Tsotsi(che nello slang di Johannesburg significa «bandito»), la vita violenta di un diciannovenne che durante il furto di un'auto in cui ferisce la donna al volante, si ritrova sul sedile posteriore un neonato che gli cambierà la vita.
E ancora la Cina di La guerra dei fiori rossidi Zhang Yuan ambientato all'epoca prima della Rivoluzione negli anni '50 e specialmente un Iran inedito, la commedia L'isola di ferro del giovane Mohamed Rasoulof che come metafora del suo paese sceglie una petroliera abbandonata nelle acque del Golfo Persico a bordo della quale vive una vera e propria città. E a dispetto dei digiuni da lager imposti alla Cultura («I 60.000 euro dell'anno scorso sono stati decurtati del 20%», commenta Nello Correale) il Festival promette (e mantiene) il «volto umano» di sempre. Restano gloriosamente in piedi la rassegna dei Corti, le «Chiacchiere sotto il fico» (complici quest'anno Stefano Malatesta e il pittore Piero Guccione per parlare di luoghi e paesaggi siciliani in quanto «precinema»), le installazioni in piazza, il «ponte» con un Paese «altro» che oggi è l'Albania cinematografica dagli anni '70 a Budina di «Lettere nel vento», ospite insieme con Emilio Greco, Lunetta Savino e Paolo Briguglio (in Sicilia per il film sul fisico Fulvio Frisone ma al Festival protagonisti di una sorpresa sul palco) e Donatella Finocchiaro a cui verrà assegnato il premio che l'anno scorso fu di Laura Morante. Ma il «cilindro» di Correale & Co. ha dell'altro: «Finalmente il "mio" Herzog con film e documentari di frontiera, una rassegna di documentari (ndr: tra cui Balordi di Mirjam Kubeschka girato alla Fortezza di Volterra), un omaggio a Visconti con la versione restaurata de La terra trema ed una chiusura di cinema-cinema: La carne e il diavolo della Garbo accompagnato da musica dal vivo». E per quelli della notte, un cinema musicale «fuoriorario», per esempio Bob Dylan secondo Martin Scorsese. Se qualcuno si protesta «irriducibile», loro si confermano affidabili. Ed è già tanto. Tutto, forse.
Carmelita Celi
Fonte:
LaSicilia.it il 15-07-2006 - Categoria:
Cultura e spettacolo