Periodo di feste, baldoria e divertimento, la fine del carnevale segna l'inizio della Quaresima ed è la parodia di un processo giudiziario. La provenienza etimologica risale all'unione dei termini «carne» e «levare» proprio perché con la fine dei festeggiamenti carnevaleschi dovrebbe iniziare l'astensione dal mangiar carne. Si compone fondamentalmente di due riti: eliminatori e propiziatori. La prima fase è caratterizzata dai festeggiamenti per la condanna dell'imputato (carnevale) al quale si addossano tutti i mali e le malefatte condotte dalla comunità durante l'anno appena terminato. L'espiazione della pena chiude il periodo, dopo il testamento rappresentativo di una dichiarazione pubblica delle colpe, con la distruzione mediante fuoco di un fantoccio, raffigurante Re carnevale, che denota per l'appunto il rovesciamento dell'ordine gerarchico mantenuto sino all'inizio del periodo. E' questa la parte propiziatoria dell'intero ciclo. La comunità volge infatti attenzione verso l'anno a venire ma soprattutto verso un periodo di purificazione, come ordinato dal calendario liturgico. Oltre al bruciamento è diffusa l'usanza dell'annegamento, decapitazione, lapidazione, impiccagione, fucilazione e seppellimento ma la pratica più diffusa ricorre all'uso del fuoco purificatore e al rilascio dell'energia alla natura. Dai riti che compongono il carnevale, nel quale le maschere e le danze hanno un ruolo rilevante, si sviluppano varie forme che mutano secondo il luogo. Nel Nord Europa, per esempio, la rievocazione di una lotta è la più usata rappresetazione del carnevale a fronte delle tragicomiche farse partenopee.