Questo è un piccolo viaggio con sciarpa e maglione alla ricerca del mare d'inverno in quelle località di riviera il più delle volte piccole, che in estate si spogliano di silenzi accattivanti, di angoli suggestivi in chiaroscuro, di immagini di un tempo perduto, per dare gloria effimera all'industria del turismo. Succede a Letojanni come a Portopalo e Marzameni, succede con più nobile blasone a Taormina e a Cefalù. E in tante altre località costiere. Talvolta vere, talvolta finte come quei «dormitori estivi», se così possiamo chiamarli, moltiplicatisi lungo le coste negli Anni 80. Finita l'estate, ai primi venti autunnali lo scenario cambia radicalmente. Si svuotano gli alberghi che, in buona parte, chiudono i battenti, abbassano le saracinesche ristoranti e bar. I paesi rivieraschi riconquistano il loro aspetto vero. In giro per le strade e sulle spiagge non più villeggianti chiassosi, ma pescatori solitari e silenziosi. Sulle strade al posto delle auto puoi trovare le barche che si rifugiano sui marciapiedi per proteggersi dalla furia del mare d'inverno.
E nelle giornate tiepide i vecchietti davanti agli usci di casa tornano a godersi il sole. E' come se il turismo in queste località si addormentasse. O, come dice qualcuno, morisse per poi risorgere. Ma si tratta pur sempre di centinaia e centinaia di strutture che direttamente e indirettamente creano un giro finanziario non indifferente e occupazione. Ma è un'occupazione a tempo determinato che non soddisfa gli addetti ai lavori che d'inverno emigrano in luoghi dove il turismo resta desto tutto l'anno. Spesso per non tornare più. Ma davvero non si può far nulla per ovviare, laddove è possibile almeno parzialmente a questa realtà? O questo letargo invernale fa parte del fatalismo genetico di noi siciliani?
Abbiamo cercato di capire.