La norma adeguata sulla base dei rilievi formulati dall'Antitrust.
Il 27 ottobre la Camera con 300 voti a favore e 207 voti contrari ha votato la fiducia posta dal Governo sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, del suo emendamento Dis. 1.1 interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante "Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari".
Successivamente si è passati alla fase dell'illustrazione degli ordini del giorno presentati al disegno di legge di conversione.
Il seguito dell'esame del provvedimento è stato rinviato ad altra seduta.
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Vedi anche:
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LA CONTENTEZZA DI COLDIRETTI
"Con l'approvazione alla Camera della legge "salva cibo Made in Italy" si apre la possibilità di assicurare ai prodotti alimentari legati al territorio il giusto spazio di vendita sugli scaffali dei supermercati, nell'interesse delle imprese agricole e dei consumatori".
E' quanto afferma il Presidente della Coldiretti Paolo Bedoni nel commentare con soddisfazione il voto favorevole della Camera alla conversione del decreto-legge su "Interventi urgenti in agricoltura", sul quale il Governo ha chiesto e ottenuto la fiducia.
Il provvedimento - precisa la Coldiretti - contiene una norma per favorire la presenza di prodotti agricoli regionali nella moderna distribuzione, attraverso accordi di filiera.
La disposizione, che è stata adeguata sulla base dei rilievi formulati dall'Antitrust, rappresenta un ulteriore importante risultato della mobilitazione Coldiretti a sostegno del Made in Italy alimentare perché stabilisce che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali siano posti in vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni interessate in una congrua percentuale, da definire sulla base di intese di filiera, rispetto alla produzione agricola annualmente acquistata.
Peraltro, al fine di migliorare l'accesso ai mercati degli alimenti locali si impegnano i comuni a destinare spazi adeguati agli imprenditori agricoli che intendono vendere direttamente i prodotti e pertanto si prevede che i comuni, sulla base delle disposizioni emanate dalle Regioni, stabiliscano l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio di questa attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale.
Un vero e proprio via libera anche in Italia ai Farmers Market, i mercatini degli agricoltori nelle città che - riferisce la Coldiretti - stanno riscuotendo un grande successo in Francia, Inghilterra e Stati Uniti dove il loro numero è cresciuto nell'arco di cinque anni del 30% passando da circa 3000 agli oltre 3700 interessando anche le aree di prestigio di grandi centri come New York.
Secondo una recente indagine Agri 2000 nel 2005 in Italia - riferisce la Coldiretti - sette italiani su dieci hanno fatto acquisti direttamente dagli imprenditori agricoli giudicando conveniente l'acquisto nell'87% dei casi.
La volontà di favorire il rapporto diretto tra imprese agricoli e consumatori e di valorizzare nella distribuzione commerciale la produzione locale è coerente con l'obiettivo di favorire lo sviluppo economico generale del Made in Italy ma anche di assicurare una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale per le ricadute che tali cibi hanno sul territorio.
Un beneficio anche per la salute come nel caso degli ortofrutticoli che possono garantire condizioni di genuinità e freschezza uniche non essendo soggetta ai lunghi tempi di trasporto dei prodotti importati.
Si tratta - precisa la Coldiretti - di "alimenti a chilometri zero", sostenibile dal punto di vista ambientale perché non consumano carburante necessario al trasporto e contribuiscono dunque a ridurre l'inquinamento atmosferico.
Secondo i dati divulgati dall'Ispettorato Repressione Frodi sulla base dei risultati di una vasta attività di controllo sugli scaffali di vendita della distribuzione commerciale quasi un frutto su quattro è straniero. I controlli rivelano - sottolinea la Coldiretti - che oltre il 23% dei prodotti commercializzati proviene da paesi comunitari ed extracomunitari e la percentuale scende al 18% per quelli venduti dai piccoli esercenti e sale a più del 25% per i prodotti commercializzati dalla Grande distribuzione organizzata, dove si concentra il 61% della commercializzazione dei prodotti agroalimentari.
Dall'uva del Sudafrica alle pere argentine fino alle mele cinesi che hanno registrato un aumento dell'import del 400%, le famiglie italiane trovano sui banchi sempre più frutta dall'estero che nel 2004 ha raggiunto - stima la Coldiretti - un valore complessivo di 1,7 miliardi di euro.
In particolare, oltre la metà della frutta importata viene da paesi del centro e Sud America come Equador, Colombia, Cile, Argentina e Brasile (55% del valore totale delle importazioni) con un aumento degli arrivi in valore pari al 35% dal 2000 al 2004.
Rilevanti anche le importazioni dalla Spagna con il 20% del valore complessivo e dai paesi africani con in testa il Sud Africa ma anche Tunisia, Marocco ed Egitto. In forte crescita le importazioni dalla Cina con un aumento del 290% dal 2000 al 2004, anche se restano ancora limitate a un valore di 4,3 milioni di euro.
La crescita delle importazioni di ortofrutta - continua la Coldiretti - mette a rischio il primato italiano nel settore che ha livelli da primato in Europa con 16 milioni di tonnellate di ortaggi e quasi 20 milioni di tonnellate di frutta. Da difendere c'è dunque un interesse concreto per gli imprenditori agricoli nazionali ma anche dei consumatori come dimostra il fatto che secondo l'"Indagine 2005 Coldiretti-Ispo sulle opinioni degli italiani sull'alimentazione.
Tre italiani su quattro (+8 percento) sono d'accordo sul fatto che "se il prodotto alimentare è italiano sono più sicuro da dove proviene e quindi mi fido di più" e per questo per assicurarsi l'origine italiana degli alimenti quasi la metà degli italiani (46 per cento) si è detta addirittura disposta a pagare di più.
Fonte:
Greenplanet.net il 28-10-2005 - Categoria:
Economia