... da Facebook una nota di Salvo Olindo.
Nel rigido inverno dell’anno 1077, l’imperatore svevo, Enrico IV°, si umiliò – scalzo, vestendo il saio dell’umiltà – tant’è che, attese tre giorni e tre notti - al cospetto del papa Gregorio VII, affinché, dallo stesso, gli venisse ritirata, la scomunica; (da cui il vecchio adagio “andare a Canossa” in segno di remissione e pentimento).
Fautrice dell’epocale incontro fu la cugina dell’imperatore, la Granduchessa e Regina Mediovale Matilde di Canossa, potente feudataria ed ardente sostenitrice del Papato nella lotta per le Investiture. Donna di assoluto primo piano, per quanto all’epoca, le donne fossero considerate di rango inferiore, arrivò a dominare, per 40 anni, tutti i territori italici, a nord degli stati della Chiesa.
Tale pretestuosa premessa, configurante una vecchia reminiscenza storica, non costituisce, per l’agnostico scrivente, un ostacolo all’emozione che lo pervade, nella ricerca amletica esplicativa: Canossa è un punto di partenza o un punto di arrivo?
L’impatto storico, pertanto, è necessario e doveroso per traslare la matrice connotativa di Matilde di Canossa in Maddalena Gabriella dei Marchesi di Canossa che, nel xx° secolo, approda nel profondo sud, in quel di Pachino, con una cellula pastorale della propria fondazione religiosa/clericale “delle Figlie e dei Figli della Carità”, in uno scenario decisamente diverso: più ludico che spirituale; anche se il ludico, comunque, ben presto, si rivela il mezzo, lo strumento per veicolare al meglio, i giovani verso il bene ed a tutto il relativo collaterale.
Dalle ceneri di un congruo archivio personale, attestante testimonianze indelebili ed intricanti dei miei verdi anni giovanili, vissuti sui prati polverosi dei campi di calcio, ho recuperato foto, ingiallite dal tempo; ma, oltremodo significative per farmi rituffare negli anni 60 ÷ 70; inebriandomi, parimenti, attraverso nitidi e dolci ricordi, della spregiudicatezza giovanile, ben sorretta dal piglio giusto e propellente adatto, caratterizzanti l’entusiasmo della irrefrenabile voglia emulativa, insita nel giovane sognatore, proprio nel momento topico, in cui, lo stesso è lontano dagli intrighi, lontano dagli interessi, lontano dal pernicioso interesse di parte, lontano dal populismo capzioso, lontano – infine – dai facili compromessi!
Dalla cornice al quadro, tutto ha la bellezza smagliante, l’armonia sottile, la razionale perfezione dell’opera indimenticabile. Il traguardo di giocare a calcio, in uno stadio regolamentare, al cospetto di un pubblico competente ed esigente, è realtà! Finalmente, si esce dagli stretti confini oratoriali, la tanta agognata crescita esponenziale è certezza! La bacheca, da torneo a torneo, da vittoria in vittoria, annovera, sempre più, prestigiosi trofei!
Recensire in un “fiat” l’intensa ed alacre attività agonistica/sportiva, profusa nel polivalente Gruppo Sportivo Canossa, quale tangibile sviluppo strutturale/aggregativo di noi giovani virgulti, non è cosa semplice; né, tanto meno, occorre avventurarsi in una prolusione cattedratica per determinare un panegirico onesto, corretto e sincero, tendente a giustificare tale “escursus” emotivo. Tutto ciò, a chiara conferma che, tutti quanti abbiamo dei romanzi alle spalle, purtroppo, al giorno d’oggi, coi capelli quasi canuti, non è più tempo di romanzi…
Comunque, a beneficio del paziente lettore, attraverso inevitabili voli pindarici, proverò a tracciare trapassi arditi, da fatto a fatto, che non rasentano o si impantanano nella becera retorica, enfatizzata dal facile entusiasmo.
L’oratorio “ San Corrado”, coi tanti variegati ludici richiami, connessi alla capacità catalizzatrice degli educatori/precettori canossiani, determina un contaminante fermento collettivo, una miscela esplosiva nell’eterogenea gioventù pachinese. Il “calcio”, a differenza di altre discipline sportive, in modo spasmodico, cattura ed intrica l’annoiato e sfiduciato giovane. Padre Filippo, sorretto dalla verde età, dal forte ascendente sui giovani e, soprattutto, da una sopraffina tecnica di base (detta alla Fulvio Bernardini: ha piedi buoni!), nonostante il peso della zavorrante tonaca, è l’indiscussa attrazione, fautore di interminabili sfide agonistiche con le agguerrite squadre di P. Modesto e del nostro corregionale P. Eduardo. La genesi della Canossa è racchiusa nel predetto preambolo che, da lì a poco, attraverso i tornei interni ed interparrocchiali, attraverso i “campionati locali” disputati nella torrida estate africana, attraverso il C.S.I. regionale, spiccherà il volo verso una costante ascesa, caratterizzando e sviluppando una vera fucina di interessanti “ promesse” e campioncini il cui indiscusso talento scatenerà l’appetito e la bramosia della più blasonata S.S. Pachino.
Bellissimo e singolare il “loco” del cane che azzanna l’osso, ricamato sulla maglietta, la cui chiara denominazione (cane-osso) richiama un giustificato orgoglio di motivata appartenenza.
Radiosa allegria, non disgiunta da una assertiva, quanto propositiva “energia” goliardica che caratterizza l’espressione agonistica dei vari Pippo Di Mare, Pietro Magrì, Pietro Ciavola, Fronterrè, Concetto Armenia, Peppe Avolese, Farieri, Gaspare Mallia, Sebastiano Zuppardi, Saro Vitale la cui longeva linfa atletica lo porterà ad essere, seppure in fase crepuscolare, ancora protagonista nel 3° Step generazionale e, Michele Costa che, in prima battuta, sono stati i pionieri ed il trampolino di lancio della seconda generazione, abilmente gestita dal mai dimenticato Padre Serafino e, configurata nel novero dei vari Tano Petralito, Peppe Randazzo, Pippo Di Natale, Angelo Bufardeci, Paolo Di Pietro, Salvatore Agricola, Gigi Nicastro, Claudio Briante, Fino Cavarra, Peppe Lentinello, Peppe Armenia, i compianti Corrado Pugliarisi e Paolo Bonaiuto, Nardino Maggio, Corrado Vizzini, Angelo Attardi, Paolo Scala, Gianni Nasello, Franco Calì, Peppe Runza, Turi Fidelio, Iano Capodicasa, Giovanni Lauretta, Nello Lupo, Giovanni Bruno, i fratelli Bufalino, Gioiello, Balestrieri, Sorbello, Tuccitto, Crisafi, Franco Nobile, i fratelli Nuccio e Renato Lombardo, il valente difensore, mio omonimo consanguineo, Salvatore Olindo; nonché, lo scrivente ed innumerevoli altri, cui, umilmente chiedo scusa per la mancata menzione.
Voglia di fare, voglia di essere, voglia di crescita al riparo dalle insidie della strada e dalla piaga malavitosa che incomincia ad attecchire nella nostra “babba” Pachino!
Al di là dei tempi storici diversi, laddove lo sviluppo non è sempre sinonimo di progresso che, comunque, ci ha distratto dai veri valori, legati all’amore verso il prossimo, al reciproco rispetto ed alla tolleranza, non bisogna trascurare che, 40 – 50 anni fa, nella quotidianità, il censo di appartenenza costituisce un inevitabile “distinguo”. Lo sport in genere, il calcio in particolare, la comunità parrocchiale, quindi, la Canossa avvicinano e riducono le distanze, abbattendo e frantumando ogni potenziale barriera. Per converso, oggi – da distratti osservatori – registriamo il proliferare del fanatismo religioso, del fanatismo culturale, del fanatismo politico, tutti fattori che proiettano i nostri giovani verso l’indifferenza, verso l’egoismo, verso l’egocentrismo, verso l’interesse dettato dal consumismo tecnologico, depauperando inesorabilmente le grandi potenzialità, rimaste inespresse.
L’unica barriera invalicabile è costituita dal “muro di Berlino” che, per lunghi anni, nell’Oratorio, divide la gioventù femminile da quella maschile; laddove, un frequente lancio di pallone nello “spazio confinato”, riservato alle belle, leggiadre, vezzose fanciulle, scatena l’ira funesta del mastino, quanto manesco, Padre Tarcisio che, subitamente, indefesso, insegue il malcapitato “raccattapalle”, reo di aver fatto invasione di campo… profanando pretestuosamente la “privacy” delle angeliche, gabbando bellamente l’attenta vigilanza della sobria Madre Lucia! Finalmente, il 9 novembre 1989, a causa della sua inutilità, viene abbattuto il muro di Berlino (quello vero!); parimenti, chissà come? La stessa cosa si manifesta a “San Corrado”, grazie all’evoluzione culturale e pervicacia del parroco di turno ( e si, ogni 4 ÷ 5 anni i Canossiani adottano l’odiato tournover) che, attraverso i giusti canali preferenziali, ottiene dei cospicui finanziamenti regionali, migliorando radicalmente la struttura tutta; vero è che, vengono realizzati nuovi spogliatoi e nuovi bagni, il piazzale dei giuochi, previa avvenuta demolizione del famigerato muro, viene opportunamente asfaltato, le acque reflue e piovane vengono disciplinate razionalmente, permettendo in tal modo, di avere un campo di calcio più livellato, privo di alte erbacce e, soprattutto, dalla superficie più allungata da definirlo, quasi regolamentare!
Giustificati il chiasso e gli schiamazzi, prodotti dalla marea di giovani, in attesa spasmodica dell’apertura cancello di ingresso, il cui orario canonico, configurato nelle ore 15.°° è rispettato con puntualità svizzera, con consequenziale, enorme sollievo da parte dei poveri residenti del vicolo S. Corrado, stanchi e frastornati dalla rumorosa impazienza dei “carusi”, smaniosi di sprigionare, da lì a poco, tutte le loro energie fisiche, correndo dietro ad un pallone di cuoio.
Naturalmente, “l’esperienza” pionieristica non ha la pretesa di smuovere le coscienze; né, tanto meno, la soluzione non è il moralismo che serve appena a rinfocolare i sensi di colpa. La disillusione e la relativa sfiducia nei Gruppi, nelle Associazioni, nei Movimenti, caratterizza l’angoscia di un futuro che torna a farsi buio, alla ricerca affannosa di reperire un altro “Centro di Gravità Permanente” (F. Battiato docet). Purtroppo, temo e, nello stesso tempo auspico che, persistendo l’attuale alienazione dagli antichi valori, espressi dalla nostra generazione nel contesto Canossa, sarà la storia sportiva a farci alzare, a pedate, dal divano sul quale siamo stravaccati!
Tali doverose riflessioni mi portano inevitabilmente a fare dietrologia, laddove i miei vecchi amici, grondando sudore, sprigionano energia vitale per raggiungere una meta sicura: lo star bene col fisico, col pensiero e con l’animo; ovvero: La vittoria più bella sul traguardo più prestigioso! La sintesi gratifica perché conquistata su un avversario più titolato, perché, con acume tattico ed umiltà infinita, si affronta la “Gazzella, l’”Edera”, gli “invincibili”(Eden Bar), la fortissima “Robur” netina degli affermati Enzo Adornò, Aldo Catania, ottenendo l’inopinata vittoria, grazie alla sapiente regia di Peppe Lentinello, alla arcigna grinta, all’inglese, dello “stopper” Claudio Briante che, spesso e volentieri, relega a semplice comparsa il temuto “bomber”, avversario di turno.
La solita, frugale pizza collettiva, conclude – alla grande - la gaia, quanto sana giornata sportiva, avvalorando vieppiù i vincoli inossidabili della disinteressata amicizia.
Il connesso “campanile” di quartiere, foriero di animate discussioni, circoscritte, comunque, nel civile reciproco rispetto, contribuisce ad accrescere interesse e curiosità attorno al movimento tutto, vivacizzando la piazza V. Emanuele, luogo di culto sportivo e… non solo.
Da contraltare, le sfide olimpiche, contratte periodicamente nella Città dei Ragazzi in Caltagirone, ci esaltano, dando l’esatta valenza dell’eclettica statura atletica raggiunta dal giovane pachinese. La pallavolo (soprattutto la femminile) ed il basket, sapientemente guidati da Scafuri e Corrado Cicciarella, al di là dei lusinghieri successi interprovinciali, danno segnali forti di nuovo interesse verso queste discipline, quasi sconosciute nel profondo sud. Comunque, la nuova esperienza si rivela un valido trampolino di lancio, tant’è che, soprattutto la pallavolo conferisce, nei giovani praticanti, forti motivazioni che garantiranno, ben presto, una buona crescita collettiva. Ma, per converso, è il tennis da tavolo che, grazie ai provetti interpreti, quali: Billeci, Maccarrone e Nuccio Lombardo che, in quel di Trapani, conquista i maggiori allori e la scena regionale, sgominando – nelle singole categorie – innumerevoli avversari, provenienti dal centro e da tutto il periplo dell’isola.
Purtroppo, esaurita l’onda lunga dei buoni modelli di ovvio riferimento, viene a mancare il ricambio generazionale e la spinta propulsiva dell’irrinunciabile tecnico. Ben presto la “disciplina” si arena, relegata al ruolo di comprimaria, consumata nel passatempo serale del dopolavoro oratoriale. Peccato d’avvero!
Per anni ancora, la tradizione continua, tutto si evolve, i personaggi mutano, la Canossa rimane – sempre viva – a tangibile testimonianza che, il mandato ricevuto, è sempre valido ed attuale.
Per cui, basta insistere con le giuste motivazioni, tese alla convinta riflessione, ricreare, col supporto dei laici, un movimento polivalente, indirizzato su diverse discipline sportive, andando oltre al consolidato “allevamento”, per ritornare all’antico splendore, alimentando ed avvalorando – peraltro – la crescita giovanile, in un contesto sano, in una palestra di vita, pregna di buona etica, senso civico, modi urbani, servizio sociale e fratellanza umana che ne fortificano e forgiano opportunamente il carattere, al fine di poter affrontare la difficile ed ostica vita futura che l’attende al varco dell’imponderabile.
Imprescindibile e prioritario, pertanto, rimane l’impegno collettivo teso a riannodare ed acclarare, con un pianificato, ambizioso programma, la irrinunciabile ripartenza canossiana!
Un grazie a tutti i lettori per la loro pazienza assicurata, non disgiunta dalla benevola sopportazione.
Salvo Olindo